“Cosa penso del doping lo dimostra la clausola che ho fatto inserire nel mio contratto, senza la quale non avrei potuto accettare l’incarico: farò causa alla federazione cinese se qualche nazionale risulterà positivo ai controlli”. Così, il 9 Gennaio 2016, Sandro Damilano, allenatore della squadra nazionale cinese di marcia.
Un paio di giorni fa, si è saputo che la marciatrice Liu Hong, attuale detentrice del record del mondo sulla distanza (20 Km), favorita per la vittoria alle ormai prossime Olimpiadi di Rio, è stata squalificata per un mese, dal 13 Giugno al 13 Luglio di quest’anno. Damilano ha precisato in queste ore: “So che aveva preso un farmaco per la tonsillite, un estratto da una pianta cinese che contiene un vasodilatatore. Francamente non ero al corrente di questa sospensione”.
La sostanza sarebbe l’Higenamine, secondo quanto dichiarato da Alfonz Juck, un procuratore sportivo accreditato presso la IAAF. Juck ha precisato che si tratta di una specie di broncodilatatore, che non avrebbe dovuto comportate nemmeno la squalifica. La precisazione è confortante per l’atleta, sebbene dalla lista della IAAF Juck non risulti rappresentante di Liu Hong. Ma, a parte questo, è viceversa poco rassicurante che un’atleta sia stata squalificata senza fondata ragione.
L’esame è stato compiuto dopo la Coppa del Mondo, tenuta a Roma lo scorso 7 Maggio. Ha vinto lei, per le donne. Per gli uomini, Alex Schwarz. Poichè la squalifica ha avuto inizio il 13 Giugno, tutto si è svolto rapidamente. Il paradosso di tanta, in sè giusta, celerità, è che un’atleta ritenuta colpevole di doping, dopo un accertamento definitivo, potrà partecipare alle Olimpiadi, ed un altro atleta, sospeso in via provvisoria, e che cerca insistentemente un giudizio in cui esporre le sue ragioni, Alex Schwazer, molto probabilmente, non potrà farlo.
La IAAF si sarebbe dovuta confrontare con le difese di Schwazer già il 27 luglio scorso innanzi il TAS (Tribunale sportivo arbitrale), a Losanna, dove ha sede; poi, adducendo concomitanti impegni professionali dei suoi avvocati (quasi fosse un cliente a stento tollerato in agenda, e non un Ente internazionale di rango parastatuale), ha ottenuto che l’udienza fosse differita al 4 Agosto, vigilia dei Giochi e si tenesse in Brasile; e a quel punto, le abilità non mancando, inducendo, un pò beffardamente, la Difesa dell’italiano a chiedere essa un ulteriore rinvio, per studiare i documenti: che lì, a Rio de Janeiro, arriveranno solo il 3. Così, l’ultima data è quella di giorno 8 Agosto: vigilia, questa volta, delle prove di atletica leggera, marcia compresa, ovviamente.
I campioni biologici di Liu Hong sono stati prelevati il 7 Maggio, e la sua squalifica ha avuto inizio il 13 giugno; quelli di Schwazer risalgono al 1 Gennaio e, dopo essere stati, com’è noto, dichiarati negativi, furono ripescati successivamente alla sua vittoria in Coppa del Mondo, proprio a Roma il 7 Maggio; questa volta ritenuti positivi, con notificazione dell’esito il 21 Giugno. Anche a sorvolare sui mesi trascorsi, e anche solo affiancando “i termini Liu”, che sono 37 giorni, dal prelievo all’inizio della squalifica, Schwazer avrebbe dovuto ricevere una sentenza definitiva non oltre il 28 luglio.
E la clausola del contratto di Sandro Damilano? Se non riterrà di azionarla, non potrà esserci altra ragione che questa: Liu Hong aveva assunto solo un broncodilatatore, che non è doping; allora, Damilano, Sandro, avrebbe dovuto fare il diavolo a quattro per una squalifica infondata; e giacchè non si campa di solo pane, irrilevante sarebbe rilevare che l’errore è stato poca cosa: essendo l’onorabilità di una atleta non meno rilevante di quella di chiunque; e prendersi una pena senza ragione, per nessuno che abbia rispetto di sè, è cosa che possa passare in silenzio: e proprio perchè è questione di principio. Se prevalesse invece il low profile, l’osservatore ne potrebbe essere spiazzato: specie di questi tempi, in cui alti e vibranti sono stati i giuramenti, i manifesti, le censure, le dichiarazioni.
Ed in effetti, la notizia della squalifica a Liu Hong è trapelata solo in queste ore; e così poco se ne è saputo che, come abbiamo visto, persino il suo allenatore non ne sapeva niente; ed è stata una grande fortuna che, durante la squalifica “silente”, nel frattempo, non gli sia capitato di far partecipare la sua atleta ad una qualche competizione ufficiale: altrimenti, avrebbe rischiato una maggior squalifica, e avrebbe perduto Rio 2016. Meno male.
Eppure, non sarebbe stato necessario un grande sforzo, a Sandro Damilano, per chiedere conto degli accertamenti e delle sanzioni inflitte in sede IAAF. Gli bastava chiedere al fratello, Maurizio: che il 20 Agosto scorso, è stato confermato Presidente del Comitato Marcia della IAAF medesima: per acclamazione, che fa sempre piacere.
Cosa fa il Comitato Marcia, il quale, come gli altri quattro comitati (Corsa campestre, Master, Tecnico, Femminile), assiste il Consiglio Federale della IAAF, organo politico, nella gestione reale dell’Associazione? Fa quello che fanno i direttori generali delle aziende: decide, e il Consiglio firma e va in TV. Perciò, Sandro, allenatore di Liu Hong, marciatrice squalificata a sua insaputa, poteva chiedere a Maurizio, massimo dirigente IAAF con competenze specifiche sulla marcia, cosa intendesse fare il Comitato per evitare decisioni che incrinassero la credibilità dell’Istituzione. Per lo meno, così uno può pensare. E Schwazer? A Schwazer pensa il suo allenatore, magari avrà pensato Sandro Damilano. E infatti Sandro Donati ci pensa, e ci ripensa.
In effetti, sin dal giorno dopo in cui fu notificato l’esame sulle urine di Capodanno (21 Giugno), Donati ha preso a manifestare i suoi dubbi sulla vicenda, parlando di pressioni ricevute da “qualcuno che ha un ruolo importante”. Ricordo qui che, al 22 giugno, la squalifica di Liu Hong, sebbene in corso già da 9 giorni, non era nota ad alcuno; questo si rileva perchè, solo due giorni fa, Donati ha precisato che le pressioni sarebbero venute da “un giudice internazionale di marcia molto vicino a Sandro Damilano”.
Quali pressioni? Una volta quando, poche ore prima della Coppa del Mondo di Roma, il 7 Maggio, l’interlocutore gli suggerisce di suggerire a Schwazer di “lasciar vincere Talent”, un marciatore australiano che aveva definito il Nostro “la vergogna di’Italia”. Schwazer, che non deve aver capito il suggerimento, gli da tre minuti e mezzo, circa un chilometro. La seconda volta, il 23 Maggio, cinque giorni prima di una gara a La Coruna, il consiglio è di “non andare a cercare disgrazie coi due cinesi…”, cioè di non rispondere ai loro attacchi; la gara è sui 20 Km, non la sua distanza d’elezione, e comunque Schwazer arriva secondo.
Ora, com’è ormai ampiamente risaputo, Donati dice e ridice che l’attuale vicenda dell’altoatesino è l’effetto di una macchinazione. E si è spinto sino a riferire quello che lui sa, e noi no, alla Procura della Repubblica di Bolzano, e alla Commissione Nazionale Antimafia: la quale ha imposto il vincolo del segreto sulla sua audizione. Nel caso presente, nessuno, pertanto, sa chi sia, questo ignoto interlocutore. Ma quello che qui interessa non è un nome: quanto stabilire se l’idea stessa che un allenatore, Sandro Damilano, fratello di Maurizio, alto dirigente IAAF, possa essere amico di un giudice internazionale di marcia, sia nel novero delle cose possibili; o sia invece frutto di una mera illazione.
In passato, in altro contesto, si era registrata una vicenda che, escluso, per le conoscenze fin qui disponibili, ogni riferimento alla presente, sembra descrivere simile movenze. Vediamo. Nel corso di una precedente indagine preliminare per doping promossa dalla Procura di Bolzano, Stefano La Sorda, della Società Atletica Lugano, aveva dichiarato: “l’unico allenatore che è in ottimi rapporti con il giudice Maggio è Sandro Damilano”. Ci si riferisce a Nicola Maggio, ripetutamente accusato (subito vedremo da chi) nel corso degli anni, di aver assunto decisioni infondate: tanto da essere stato escluso dall’arbitrare gare internazionali, fino alla fine degli anni ’90. Va qui precisato che, nella marcia, un arbitro è forse in condizione di incidere sullo svolgimento della gara, in modo più penetrante che in ogni altra disciplina sportiva. Perchè decide sul campo, senza moviola, e perchè espelle da una gara che continua; sicchè, se la decisione risulta infondata, il danno è, per definizione, irreversibile. Si può, per es., essere squalificati per “sospensione”, quando si perde il contatto continuo con il terreno; oppure per “sbloccaggio”, quando si piega il ginocchio della gamba avanzante. Decisioni spesso sul filo del millimetro, del decimo di secondo. Perciò un arbitro può sbagliare. Il problema è se gli errori si reiterano.
Infatti, prima che lo fosse Maurizio Damilano (eletto la prima volta nel 2007), Presidente del Comitato Marcia della IAAf era stato Robert Bowman (poi in competizione con Maurizio Damilano per la carica, e da questi sconfitto); con Bowman, Nicola Maggio non aveva più arbitrato competizioni internazionali: in quanto non ritenuto all’altezza. Subentrato Maurizio Damilano, fratello di Sandro, Maggio tornò in auge: fino ad essere uno degli arbitri di Londra 2012.
Maggio, in ragione di quelle accuse, viene cercato per telefono dal giornalista del Sole24 Ore, Claudio Gatti: il quale, tra l’altro, gli chiede di offrire la sua versione dei fatti su un punto: che implicava i suoi stretti rapporti con Maurizio Damilano. Bowman, ricorda Gatti a Nicola Maggio, lo aveva denunciato alla IAAF, con lettere inviate sia nel 2011 che nel 2012 (anno di Londra); Maggio risponde che lo sapeva; “Lei lo sa perché glielo ha detto Maurizio Damilano?”, incalza Gatti; “Non è vero. Assolutamente. ASSOLUTAMENTE.”, risponde Maggio; e Gatti, ancora: “Vuole dire che Damilano non le ha fatto sapere delle denunce di Bowman alla IAAF?”; Maggio: “A S S O L U T A M E N T E!”; Gatti: “Non lo ha mai fatto?”; Maggio: “Mai fatto!! Mai fatto! E non mettete in mezzo Maurizio Damilano!”. Ma queste sembrerebbero polemiche, congetture comunque indimostrabili, e senza troppo succo. A meno che il succo non fosse escludere quello che appare il mero presupposto di queste chiacchiere; ed è, sarebbe, invece il punto: i rapporti fra i due. Così, quando Gatti gli mostra il cartaceo di una mail, del 8 Agosto 2011, da Maurizio Damilano a Nicola Maggio, in cui si trasmette un documento qualificato “riservatissimo” (la denuncia di Bowman), e si aggiunge che “gli scritti di Bowman hanno molto irritato Diack” (ex Presidente IAAF, fino all’Agosto 2015; tratto in arresto in Francia e accusato, insieme al figlio e all’ex Responsabile dell’Antidoping IAAF, di corruzione per maneggi su esami e referti), i rapporti diventano innegabili, proprio nella loro confidenzialità: e a Maggio non resta che ripiegare su un: “è l’unica cosa che ho saputo” (da Maurizio Damilano). Bene.
Questo breve excursus in una cronaca del passato, seppure non serve a trarre conclusioni sul presente, perchè le persone sono diverse, può però aiutare ad illuminare una certa dimestichezza: fra figure che sarebbe meglio rimanessero sempre molto distinte, e molto distanti le une dalle altre. E lascia aleggiare, come dire, un’indicazione di metodo.
Che, a quanto pare, con la IAAF, la sentenza logora chi non ce l’ha.