Squadra che vince non si cambia, o forse no. Le due milanesi risentono dell’influsso psico- gastronomico e soccombono pesantemente. Il Milan perde ad ora di pranzo ed i nerazzurri all’ora di cena. L’Inter dopo cinque vittorie ed un solo gol al passivo esce con le ossa rotte dal Meazza ad opera di una strepitosa Fiorentina. Mancini ha scelto la sesta giornata di campionato per compiere il suo capolavoro di involuzione tattica che ha avuto come diretta conseguenza una disfatta epocale. Altro che fuga in solitaria. La Viola passeggia sulle ceneri di una squadra trasformata rispetto alle ultime uscite, giocatori e moduli cambiati ma in peggio. Suona la nona per Mancini, con quella di ieri sono nove le sconfitte in campionato a suo carico da quando siede sulla panca meneghina. Ed i quattro gol subiti suonano proprio come un rintocco funebre. Il migliore dei nerazzurri non arriva alla sufficienza, il peggiore possiamo sceglierlo tra almeno nove giocatori tanto è stato imbarazzante l’approccio alla gara da parte della Beneamata.
L’Inter compie il suo harakiri con lucida destrezza, suicidandosi davanti al suo pubblico. Sotto di tre reti ed in inferiorità numerica non mostra il benché minimo segnale di ripresa per tutta la gara. Praticamente l’incontro è finito alla mezz’ora del primo tempo. Con tre reti al passivo ed in dieci uomini, contro una squadra destinata ad essere una delle protagoniste del campionato dove andavi? Ai navigli a fare il bucato? Mancini spiega la sua Caporetto con una ingenuità riflessiva, e a chi gli chiede spiegazioni sul cambio modulo, lui risponde velenoso con grande senso dello stile di fare domande più intelligenti. Come sviare una risposta alzando la voce, o peggio offendendo.
L’Inter si presenta al Meazza con la difesa schierata a tre, Miranda, Santon e Medel che risulteranno poi essere i peggiori in campo in assoluto. Linea mediana a 5 con Perisic come esterno offensivo sulla destra a supporto di Palacio ed Icardi. Un 3-5-2 modificabile secondo l’uso. In pratica lo stesso modulo adottato contro il Verona, fa capire il Mancio, ma gli scaligeri avevano una tattica differente rispetto alla Fiorentina, e soprattutto non avevano gente come Kalinic, autore di una tripletta, Borja Valero, Ilicic. Non avevano Marco Alonso a punzecchiare la fascia di Perisic con falcate da cavalleria costringendo il croato a trasformarsi in un terzino e a mortificare sul nascere le velleità offensive dei nerazzurri. Con Icardi solo in area, Palacio costretto a ripiegare spesso e senza nessuna propulsione offensiva, l’Inter è schiacciata nella propria metacampo dall’ardore della Viola. Al 4’ la prima dabbenaggine dell’estremo nerazzurro. Retropassaggio di Medel, Handa sbaglia il facile stop. Nei pressi è appostato Kalinic che pressa l’estremo il quale non può far altro che abbatterlo in piena area. Dopo qualche minuto Ilicic prova dalla distanza, Handa para con la mano di richiamo, il pallone si impenna, i difensori osservano distratti e Kalinic come un falco impatta la sfera ed insacca. Al 23’ Marco Alonso sfrutta le sue doti di velocista, salta di netto Perisic, crossa al centro dell’area dove è ben appostato Kalinic che di piatto sigla il terzo gol con la difesa dell’Inter distratta da pensieri cosmici e tabelline aritmetiche. Al 30’ la mazzata finale: pallone delizioso in verticale che taglia fuori tutti gli undici nerazzurri. Palla a Kalinic che si invola verso la porta. Miranda da dietro commette l’inevitabile fallo tecnico e si becca l’inevitabile espulsione. L’errore del brasiliano fa coppia con il terzo strafalcione di Handanovic che decide di rimanere tra i pali beato invece di uscire dall’area per intercettare la sfera. Il gol di Icardi è bello quanto inutile ed illude le fioche speranze nerazzurre, subito smorzate dal poker della Viola in gol con Kalinic che sforna una tripletta e si porta il pallone a casa come da regolamento.
Il Mancio toppa nel suo momento migliore, da capolista. Pecca di presunzione confermando lo stesso modulo anche se vittima di una defezione improvvisa ed importante come quella di Jo-Jo Jovetic infortunatosi al pre-riscaldamento della gara. Paulo Sousa, tecnico della Viola si è rivelato uno stratega vincente. Affronta l’Inter mettendola in difficoltà attaccandola nel suo lato più debole, la fascia sinistra, ed attirando Medel in una trappola statica tra Borja Valero e Astori, quest’ultimo rinnovato e migliorato rispetto alla Roma. Conte in panchina, ad osservare gli unici due italiani presenti in campo. L’altro italiano oltre ad Astori era Santon. Forse il tecnico della nazionale avrebbe fatto meglio a non sprecare il suo tempo sugli spalti del Meazza. Dipendesse da lui avrebbe più opportunamente scelto di assistere alla bellissima gara tra il Sassuolo ed il Chievo, serbatoio illustre di giovani italiani praticamente semi-sconosciuti ma dotati di grande talento e temperamento. E restando in tema di Navigli e di carattere, da quelle parti ogni tanto sverna il “ Mago della Bovisa”: Mister Osvaldo Bagnoli. Se fossi il Mancio magari un caffè con lui lo prenderei volentieri. Lui si che se ne intende di “attributi”.
Il Napoli si sbarazza di una Juventus ancora alle prese con le manovre di decollo mentre le altre squadre hanno lasciato la pista di atterraggio da un pezzo.
La Juventus è ancora in fase di rullaggio, accumulando ritardi fatali per sperare di raggiungere almeno la zona Champions. La fiducia in Mister Allegri è assicurata, ma al San Paolo si è evidenziato ancora una volta che questa squadra manca di una componente fondamentale: la spina dorsale. Tre cessioni importanti ed insostituibili come quelle di Vidal, di Tevez e di Pirlo hanno condizionato tutta la campagna acquisti dei bianconeri che hanno anche speso molto (troppo) per l’acquisto di calciatori che non ricordano nemmeno lontanamente le qualità dei tre appena citati. Anche Giovinco è stato ceduto troppo in fretta ed il risultato è che la Juve non ha nessun playmaker. Il Napoli affrontato al San Paolo invece oltre ad un campione assoluto come Gonzalo Higuain, ha addirittura due “numeri dieci” in campo: Jorginho e Valdifiori che fanno il loro lavoro di playmaker per definizione. Sarri, dopo i primi tentennamenti, ha saputo adattare i suoi uomini al modulo meglio di Rafa Benitez. Ha saputo finalmente trovare una posizione a "Marechiaro" Hamsik, disposto sulla mediana dietro Insigne e, grazie ai movimenti di quest’ultimo, Sarri ha ritagliato per lui uno spazio vitale fatto di metri di terreno fertile in cui lo slovacco può abilmente scorrazzare libero da pressioni claustrofobiche. Il primo gol è frutto di un invenzione balistica del folletto partenopeo. Tiro ad effetto a giro sul palo opposto e Buffon è battuto. Il secondo è scaturito dall’immensa bravura di Higuain che ha però palesemente evidenziato le voragini difensive dell’apparato bianconero. Lo scorso campionato Marchisio o Pirlo, e Vidal dalla parte opposta del campo stringevano sempre sul possessore di palla avversario prima ancora di affrontare la difesa juventina che si trovava con un carico di lavoro diverso da quello in cui è sottoposta in queste prime uscite di calendario. I difensori spesso si ritrovano a dover fronteggiare l’avversario in un confronto all’arma bianca, uno contro uno, in cui l’abilità degli attaccanti è quasi sempre soverchiante rispetto alla proverbiale staticità dei difensori. Morale della favola: lo scorso anno di gol così la Juventus non ne prendeva affatto. Il “Pipita” supera di slancio il diretto avversario che è anche l’ultimo baluardo difensivo. Stringe su di lui il centrale aprendo un varco pauroso al centro dell’area. Potrebbe passare al centro il Pipita ma la vena di goleador tradisce l’altruismo e con un diagonale sferzante Buffon è battuto per la seconda volta. Se si esclude la fiammata del gol che accorcia le distanze, la Juve non ha la più forza per risollevarsi. Accenno di turnover in vista della gara di Champions contro il Sevilla: Dybala mister 40 milioni parte da titolare ma non riesce a fare la differenza e viene sostituito da Morata nella ripresa, mentre Cuadrado entra al posto di uno spaesato Hernanes. La Juventus rischia grosso durante tutto l’incontro ed alla fine si arrende al triplice fischio che la condanna al quint’ultimo posto con infamia.
Dulcis in fundo
Tra le grandi che perdono non poteva mancare il Milan, che viene sconfitto a Genova dagli uomini del Grifone di Mister Gasperini che propina l’ennesima lezione a Sinisa Mihailovich che ormai è stranamente diventato l’allievo preferito della Serie A, a giudicare dalla lectio magistralis ricevuta senza oneri dalle squadre di mezza Italia. Dopo tre sconfitte consecutive il Genoa risorge contro il Milan che nel prossimo turno affronterà il Napoli. Tempi duri per Sinisa, siamo appena agli inizi e già si parla di panettone di Natale. Ma per un combattente come lui c’è sempre un gradino in più da scalare. Lascia perplessi la posizione di Balotelli in campo. Amorfo e senza costrutto, Sinisa lo impiega in un ruolo che non toglie e non aggiunge nulla all’operato della squadra proprio perché il Balo non ha un ruolo. Non è un trequartista, non è nemmeno una punta, non è un esterno perché non rientra a dare una mano in difesa, e non è un centrocampista perché non sa lottare. Balo ha la stoffa ricamata del fuoriclasse in una squadra in cui si gioca in dodici. Per questo motivo nessun allenatore riesce a trovargli un ruolo definito in campo. Il Milan perde sistematicamente ogni tenzone individuale, concede troppo agli avversari e regala spesso la prima frazione di gioco alle giocate altrui. “Anche se giochi con sette punte non è detto che hai una squadra offensiva” citava Giovanni Galeone alla scuola del Calcio Moderno. Queste parole risuonano come un accusa e rimbombano pesanti nello spogliatoio rossonero a fine gara. Montolivo e De Jong non hanno la giusta qualità a centrocampo e Bertolacci forse super-pagato alla “fiera dello scarpino d’oro” accusa cali di forma mortificanti. Sinisa non si appella alla sfortuna oppure all’espulsione, sacrosanta, di Romagnoli, ennesimo acquisto forse troppo valutato. Avrà tempo di migliorare gioco e risultati, spostando appena la data del Natale di un paio di mesi.
Terzo Tempo
Sassuolo e Chievo hanno terminato la loro gara sul risultato di uno ad uno. Ma è stato il pre-partita che ha acceso i cuori delle tifoserie oltre gli ostacoli campanilistici. Nella mattina che precede la gara un gruppo di tifosi del Sassuolo ha ospitato a pranzo un folto stuolo di supporters del Chievo, tutti riuniti davanti ad una tavola imbandita per il pranzo domenicale e tutti rigorosamente vestiti con i i colori sociali delle rispettive squadre. Una sorta di “Terzo Tempo” ma giocato sul tavolaccio del Sassuolo Club “Gli Antenati”, una gara anticipata a base di Tagliatelle e Lambrusco. Alla fine le due squadre hanno pareggiato ma nonostante il pari e patta il Calcio, inteso come sport ed aggregazione, ne è sicuramente uscito vincente. Segnale inequivocabile che la sana ed incorruttibile Provincia italiana esiste ancora.
Sesta Giornata di Campionato:
Bologna – Udinese 1-2
Genoa – Milan 1-0
H.Verona – Lazio 1-2
Inter – Fiorentina 1-4
Napoli – Juventus 2-1
Roma – Carpi 5-1
Sassuolo – Chievo 1-1
Torino – Palermo 2-1
Atalanta – Sampdoria e Frosinone Empoli : Lunedì 28 Settembre , e ci chiediamo ancora il perché…
Classifica:
Inter e Fiorentina 15
Torino 13
Sassuolo 12
Roma e Chievo 11
Sampdoria 10 ( una partita in meno)
Napoli e Milan 9
Atalanta 8
Palermo 7 ( una partita in meno)
Udinese e Genoa 6
Juventus 5
Empoli 4 ( una partita in meno)
Verona e Bologna 3
Carpi 2
Frosinone 1 ( una partita in meno)