Il Mondiale di calcio femminile di scena in Canada dopo le semifinali giocate martedì e mercoledì ha emesso i primi verdetti senza alcuna possibilità di appello. Le ragazze degli Stati Uniti affronteranno a Vancouver le campionesse in carica del Giappone nella finalissima del 5 luglio prossimo.
Le due semifinali valevoli per l’ingresso nell’Olimpo della competizione hanno avuto conseguenze trionfali per gli Stati Uniti e per il Giappone ma hanno gettato nella costernazione le giocatrici inglesi, certe di aver subito alcuni torti palesi, e le ragazze tedesche la cui partecipazione alla finale sembrava addirittura scontata considerando le ultime vittoriose uscite. Si preannunciava una finale tutta europea e gli ultimi dati erano a conforto di questa tesi. L’Inghilterra ha mostrato un ottima forma nella sfida contro il Canada riuscendo nell’impresa di far fuori le padrone di casa in una gara bella e convincente. Anche se nelle fasi iniziali del Mondiale l’Inghilterra ha un pochino zoppicato, le ragazze allenate da Mark Sampson si sono riprese alla grande vincendo tutti gli incontri successivi. Tranne quello contro il Giappone, appunto che è costato alle sudditi di Sua Maestà la finale di Vancouver.
L’altra semifinalista europea è stata la Germania, una Nazione che in qualsiasi competizione ed in qualunque sport è sempre stata una squadra dalle risorse inesauribili e dal vigore fisico quasi incomparabili alle altre partecipanti. La resistenza strenua ed incessante del proverbiale vigore teutonico si protende oltre i 90’ di gioco con la conseguente incertezza del risultato. Stavolta invece i pronostici dei bookmaker sono stati del tutto rispettati.
Gli Stati Uniti e le campionesse in carica del Giappone hanno sconfitto rispettivamente le loro antagoniste europee della Germania e dell’Inghilterra e si affronteranno tra qualche giorno per stabilire chi delle due avrà l’onore di veder inciso il proprio nome sulla base della Coppa del Mondo del 2015 e restituire il Libro d’Oro alla storia della competizione in una finalissima attesa dagli USA da ben quattro anni, precisamente dall’ultima finale del campionato del Mondo disputato in Germania nel 2011. Anche allora le asiatiche e le americane si disputarono senza remore il diritto di aggiudicarsi la Coppa del Mondo. Vinse il Giappone dopo una partita energica finita 2-2 dopo i tempi supplementari e terminata drammaticamente ai calci di rigore. Per gli Stati Uniti quello fu un verdetto doloroso e difficile da digerire. Le sentenze del rettangolo verde dovrebbero sempre essere tollerate, anche se non sempre vengono approvate dal pubblico o dalle giocatrici con serenità.
La prima semifinale tra gli Stati Uniti e la Germania è finita 2-0 per le americane. Sfida sotto l’egida degli 11 metri, distanza che ha fatto poi la differenza nel bene e nel male per quanto riguarda il risultato finale. Gli USA partono benissimo e manovrano agilmente a centrocampo. Rapinoe chiama uno schema dall’angolo, girata a volo e primo miracolo di piede di Nadine Angerer, 36 enne portiere tedesco che milita in campionato proprio in una squadra americana, i Portland Thorns. Il secondo miracolo su una bella intuizione che lancia l’attaccante americana al cospetto dell’estremo tedesco che si salva ancora di piede.
Ma dopo una netta supremazia territoriale gli USA subiscono un penalty per un fallo netto quanto ingenuo della Johnston ai danni della tedesca Mittag. Calcia dai fatidici 11 metri la Sasic che spiazza nell’ordine il portiere, la panchina tedesca ed anche buona parte della curva che osserva impotente il pallone sfilare di lato a circa un metro buono dal palo di destra della porta statunitense. Dopo nemmeno dieci minuti di gioco va in scena la vecchia regola mai troppo abbandonata: chi di rigore ferisce di rigore perisce. Rapida manovra a stelle e strisce con balzo della giocatrice americana fuori area e tuffo carpiato in piena area. L’arbitro in infelice posizione abbocca ed assegna il penalty, trasformato in modo impeccabile dalla Lloyd che dopo la realizzazione si fa sorprendere dalle televisioni di mezzo mondo in un “fuck” labiale quanto perentorio.
Siamo al minuto 85’. La partita ha il suo epilogo con la bellissima rete della O’Hara che lanciata a rete da una splendida verticalizzazione della Lloyd imprime alla gara un impronta definitiva gettando nella frustrazione le ragazze tedesche ed al settimo cielo quelle americane per la conquista, comunque meritata, della seconda finale consecutiva. Lo Stadio di Montreal in notturna è reso ancora più bello dal tripudio dei tifosi statunitensi che forniscono un audio meraviglioso ad un impatto visivo eccellente.
Nella scenografia altrettanto incantevole del Commonwealth Stadium di Edmonton si è disputata l’altra semifinale del torneo in una disputa asiatica ed europea con due grandi scuole a confronto. L’Inghilterra è la terza nazione al mondo a livello sportivo globale, ed una simile caratura mondiale poteva sicuramente mettere una certa apprensione alle giapponesi seppur forti detentrici del mondiale passato. Questa analisi è stata vanificata da alcuni episodi a favore del Giappone senza togliere alcun merito alle giocatrici del Sol Levante. Ancora i fatali undici metri fanno la loro presenza nel taccuino della cronaca. Un lancio perfetto di oltre 40 metri mette in condizione l’attaccante nipponica di entrare in area, intercettata dalla scalpitante inglese che non ci pensa due volte e la stende un metro abbondante fuori dall’area di rigore. Come nell’altra semifinale l’arbitro ha un approccio incerto alla gara e concede un rigore inesistente al Giappone e, come se non bastasse, conclude l’opera ed ammonisce il difensore inglese per proteste. Esecuzione perfetta della Miyama che manda il pallone dalla parte opposta del portiere.
L’arbitro prova a farsi perdonare in una sessione natalizia estiva, ed in vena di regali concede un rigore completamente inventato all’Inghilterra. La Houghton fa un giro su se stessa e cade a terra in piena area circondata da alcuni difensori giapponesi. Tanto basta per accordare il penalty alle bianche d’Albione. Rincorsa della Williams che scaraventa in rete la palla del pareggio accompagnato dal coro assordante all’unisono tra sostenitori canadesi ed inglesi, uniti sugli spalti in un complice gemellaggio tra tifoserie.
Le “Lionesses” cercano la vittoria ma non la trovano. Le bianche d’Inghilterra centrano una clamorosa traversa con la Duggan, e dopo alcuni minuti un bel tiro a giro di Ellen White è neutralizzato dall’estremo nipponico.

L’inglese Laura Bassett, dopo il clamoroso autogol, viene consolata dalla compagna di squadra Jo Potter
Ma la beffa è in agguato al 92’. Laura Bassett nel tentativo di anticipare l’attaccante avversario tocca la sfera che si inarca pericolosamente, finisce sotto la traversa e ritorna in campo, per sua sfortuna ben oltre la linea di porta. A questo punto è il Giappone l’avversaria degli USA nella finale di Vancouver. La Bassett non si da pace ed esce in lacrime dal campo confortata dalle colleghe mentre l’allenatore riesce a rendere ancora più nefasto il pomeriggio agli inglesi ed ha la forza di concepire un rimprovero rimarchevole e maleducato nei confronti della Bassett: “Fa molto bene a piangere” avrebbe detto Mark Sampson in una intervista del dopo gara. Una mancanza di tatto unica e gratuita che non rende affatto lustro al trainer della compagine britannica che ha perso la solita occasione di tacere quando non si ha altro da dire.
Vancouver come Francoforte nel 2011 sarà la prescelta per ospitare la finale del Mondiale in corso con le stesse attrici di quattro anni fa. USA e Giappone ancora in scena, chissà se Pearl Harbor sarà menzionata dal Coach americano come artefice di una vendetta annunciata, o semplicemente come sprone per imperitura memoria. Tutto questo lo sapremo solo il 5 luglio, quando le luci del BC Place di Vancouver nella British Columbia si accenderanno per illuminare i fasti delle ragazze in pantaloncini e maglietta al cospetto del mondo intero, presente con 127 televisioni da ogni angolo del pianeta collegate all’evento. Tranne che l’Italia, ovviamente…