Napoli – Lazio 2-4
La Lazio scende nel catino del San Paolo per confermare il terzo posto alle spalle della Roma. Il Napoli non ha alternative alla vittoria. I presupposti ci sono tutti per aspettarsi una gran bella partita e il risultato finale non lascia alcun dubbio sulla conferma delle premesse. Quella giocata stasera a Napoli è stata forse la più bella partita del campionato appena concluso, ma perché aspettare tanto per vedere spettacolo e fuochi d’artificio? Forse la posta in palio ha sciolto le gomene delle due squadre affidandole alla deriva dei flutti senza remore alcune. Oppure entrambe hanno creduto che affrontandosi apertamente ciascuna si sarebbe intimorita a tal punto da coprirsi gli occhi e correre spaventata a ruminare mandorle amare. Ogni conclusione scribacchia un'eventualità che tradisce una imperfezione tecnica e condanna la precedente affermazione ad un ricorso in appello. Forse allora non è stata la più bella gara del campionato, ma probabilmente la peggiore di tutte. Il risultato numerico da pallottoliere suggerisce una sublimazione del gol allo stato puro con la rete che si gonfia per ben sei volte, ma tranne per i tifosi neutrali ubicati nel resto dello stivale ed i supporters biancocelesti che hanno stravinto, c’è davvero poco da stare allegri. Questo tipo di punteggio svolazza di lana grezza e non di seta pura, i tecnici panchinari, palati raffinati intrisi di moduli e schemi, non sono del tutto soddisfatti anzi a cospetto di tali numeri si incavolano come delle bestie feroci. Squadre approssimative e allungate, del tutto prive di sagacia tattica, disposte sul tappeto verde in modo quasi speculare, motivate ma non concentrate, coraggiose ma mai accorte. La qualità non brilla di luce riflessa, il fulgore stellare dei maestri del pallone a volte si offuscano per eclissi satellitari causate da oscuri misteri. L’arte pedestre non ammette la grossolanità del prodotto numerico delle reti, in modo specifico se si affrontano due squadre illustri del campionato italiano. Nella fine tecnica degli arabeschi si può permettere una goleada solo se a subire quattro pappine sarebbe stata la cenerentola di turno, la procrastinata pretendente alla retrocessione, la squadra aziendale delle partite di calcetto nei fine settimana. Tralasciando per un attimo la Lazio che comunque ha vinto, rimane difficile poter pensare che nella sfida per il terzo posto giocata proprio a Fuorigrotta, il Napoli abbia perduto la tramontana inebriato e stordito dalle veloci prore nemiche all’arrembaggio corsaro su terreni alieni. La sconfitta dei partenopei chiude nel modo peggiore una stagione deludente, coloro che amano il Calcio e si cibano della cultura divina della pelota avevano da tempo sottolineato le difficoltà palesi che ha incontrato il Napoli nelle sue recenti e drammatiche rappresentazioni come l’uscita di scena dall’Europa nel gelido antro ucraino contro una squadra di gran lunga abbordabile, nel modo che fa male sia al cuore che alla pancia. Ma la diva Europa, ninfa fenicia rapita dal sommo Zeus, la Grande Madre accostata da poemi mitologici alla luna piena, nella sua infinita generosità nel defilarsi aveva lasciato uno spiraglio aperto incustodito per la speranza dei seguaci di Partenope, molto più di un miraggio, una possibilità concreta di raggiungere il terzo posto strappando il biglietto degli ultimi tre punti a disposizione e lasciando la Lazio al palo. Ma al cospetto di Dei e principesse ci ha pensato il più profano Benitez a rabberciare gli animi dei tifosi napoletani che tutto si aspettavano tranne una sconfitta. Lo spagnolo si accomoda per l'ultima panchina della stagione ed ultima nel Napoli agitando un cornetto rosso, amuleto tanto caro ai napoletani. Gesto che faceva anche mia nonna, napoletana DOC, per indurre fortuna e scacciare il malocchio durante i miei trascorsi in terra vesuviana .
Moduli e Primo Tempo
Il Napoli si presenta al cospetto dei suoi tifosi con un modulo già visto nelle precedenti uscite. Per sue caratteristiche offensive e per una certa abbondanza di attaccanti il 4-2-3-1 di Benitez è uno dei pochi schemi attuabili: Inler e Lopez come avanguardia della linea difensiva inclini ad innescare le giocate per le due veloci punte esterne, Callejon e Mertens. Il tecnico spagnolo poi colloca Hamsik arretrato di venti metri rispetto all’unico terminale offensivo, Gonzalo Higuain, per poter sfruttare al meglio gli inserimenti dello slovacco.
Pioli studia le contromosse durante la settimana, alza tendoni a salvaguardia del suo lavoro e lo tiene al riparo dagli occhi indiscreti e dalle spie nemiche ed alla fine concepisce un modulo geniale, un movimento strategico insolito ed inedito. Difesa a tre con il centrale mordi-polpacci De Vrij, Gentiletti e Mauricio di rinforzo. Il centrocampo a cinque rivela un'inedita differenza in fase di non possesso palla: piazza ai lati del campo due attaccanti rapidi come Lulic ed Anderson per costringere gli esterni napoletani a difendere invece di cercare la profondità. La macchina offensiva partenopea sembra risentire di questo blocco atipico e soffre oltremodo gli attacchi pungenti dei biancocelesti. Morale della favola, il Napoli che deve vincere la partita alla fine del primo tempo è sotto di due reti. Al minuto 33 incursione veloce di Djordjevic dalla sinistra vanamente inseguito da Callejon destinato a coprire invece di attaccare, l’esterno serbo rallenta la sua corsa, attende i compagni che salgono dalle retrovie e serve in mezzo per Candreva, l’attaccante della Nazionale di prima intenzione appoggia per l’accorrente Parolo che al volo piazza un siluro sotto la traversa. Pioli si alza dalla panchina esultante, Benitez fa lo stesso imprecando. Lo schieramento partenopeo scricchiola pericolosamente come il ghiaccio sottile percorso da un carro armato. Il Napoli da troppo tempo si affida alla potenza e alla qualità dei suoi attaccanti che spesso con la fantasia delle giocate hanno celato alle folle le magagne di un modulo incompleto. Bloccate le ali la squadra non solo non vola ma non riesce nemmeno a decollare. E subisce il secondo gol. Koulibaly, che non ha ancora acquisito la leggerezza del tocco vellutato segnale palese di mediocrità calcistica, lancia in profondità un assist inguardabile che viene intercettato da Lulic. Il bosniaco anticipa di netto Callejon e lancia subito la sfera verso l’otto laziale, unico lanciere nella prateria sconfinata dell’erba del San Paolo. Con il pallone incollato al piede Sant’Antonio da Candreva percorre quasi cinquanta metri in solitaria ed appena arrivato al limite dell’area uccella con un piatto maligno il povero Andujar in disperata uscita. Il duplice fischio del direttore di gara invita tutti ad un the caldo e ad una ripassata dei fondamentali calcistici troppo spesso obliati in tatuaggi inverecondi e capigliature degne di una tela impressionista.
Secondo tempo
Nella ripresa accorcia il Napoli: Il gol è frutto di un errore in disimpegno da parte dei laziali, è lesto Callejon ad approfittare dell’insperato regalo e serve al centro Higuain che tutto solo davanti alla porta spalancata spinge in rete la sfera senza troppi affanni. Passano appena dieci minuti e quanto meno te lo aspetti arriva il pareggio: La Lazio decide di cospargere di sale le ferite ancora aperte per il gol partenopeo e Parolo pensa bene di farsi espellere per doppia ammonizione e doppia dabbenaggine. Due minuti più tardi Felipe Anderson si incarta da solo sulla fascia destra, accenna dapprima ad una caduta poi si rialza ma viene aggredito da Mertens il quale gli ruba palla proprio sotto gli occhi di Pioli che se avesse potuto fulminare il brasiliano lo avrebbe certamente fatto. Il folletto belga si invola lungo l’out destro e piazza al centro un invito al Pipita che non si lascia sfuggire l’occasione liberandosi abilmente di un difensore, muovendo la palla dal piede sinistro al destro con una magia e infilando con un tocco deciso per la seconda volta l’estremo laziale. Stessa dinamica del primo gol, stesso errore dei laziali, stessi meccanismi approssimativi. Quattro errori madornali hanno generato altrettante reti e l’assunto non è certamente rassicurante trattandosi dell’ultima partita di campionato. Il Napoli ora è in superiorità numerica e di slancio riparte con tutti gli effettivi, la gara assume contorni da osteria, le squadre si allungano recitando un copione che ormai sembrava sepolto da un paio di decenni di calcio moderno. Le coperture saltano, viene ripristinata la declassante marcatura ad uomo, Ghoulam si accorge che in campo è di troppo ed in un paio di minuti si fa espellere per due falli insulsi ed evitabili ai danni degli attaccanti laziali. La parità ora è numerica sia nelle reti che negli effettivi in campo. Al 76’ capita l’occasione della svolta: Maggio si defila sulla sinistra poi rientra improvvisamente verso il centro dell’area, Lulic preso alla sprovvista viene aggirato e non può far altro che affondare l’esterno partenopeo appena entrato in area. A nulla valgono le veementi ed inutili proteste, il rigore è ineccepibile. Si avvicina al dischetto Gonzalo Higuain, sistema la sfera sul gesso mentre Marchetti si agita sulla linea di porta alzando le braccia in orizzontale come le ali di un airone che sta per essere trafitto da un dardo mortale. Prende la rincorsa il Pipita e gela l’entusiasmo del San Paolo, sparacchiando alto la sfera ed affidando al vento l’occasione più ghiotta della gara. La dea Europa chiude definitivamente i cancelli del cielo per il Napoli ed assicura l’ingresso secondario ai biancocelesti capitolini. Benitez mastica amaro in panchina, un rigore tirato così male non è alla portata delle pupille regali di Mister B7 e delle moltitudini napoletane presenti sugli spalti. Il gol del vantaggio della Lazio è causato da un paio di orrori demenziali . Hamsik si fa letteralmente fregare il pallone dai piedi, lancio in profondità di Ledesma verso Onazi sciaguratamente intercettato da Christian Maggio che in scivolata tenta di arginare l’attaccante romano ma innesca un pericoloso retro-passaggio verso Andujar. La sfera è preda di Albiol che altrettanto disordinatamente interviene in scivolata toccandola quel tanto che basta per permettere ad Onazi, che ormai non sperava più di riacciuffare il pallone e di spingere in rete una pelota stressata da troppi interventi maldestri. L’ultima zampata impressa come sigillo regale viene bollata da Miroslav Klose a degna chiusura di un campionato sempre in auge nonostante la veneranda età a dimostrazione che la classe ed il genio attraversa la vita di un vero campione verticalmente e lo accompagna per tutta la carriera a differenza dei brocchi sempre troppo sopravvalutati che popolano come gramigne il nostro beneamato campionato di calcio. La squadra del Napoli in disfatta non lascia le mura dello stadio e decide di cenare all’interno del fortino assediato da cori inneggianti lavori più umili. Benitez dopo questa sconfitta lascia Napoli per Madrid. Gli scombussolamenti panchinari aspettano fogli di notes in bianco in attesa di essere riempiti dall’inchiostro degli scribacchini. Ora le certezze avvolgono solo la Lazio fresca new entry in Champions League e destinataria di un congruo assegno di 40 milioni di euro a testimonianza che la Champions League è un traguardo troppo importante per essere gettato via. Chissà come sarà contento De Laurentiis…
Le altre partite del campionato si sono disputate solo per onor di tabellone. Avare di qualsiasi appunto che restituisca almeno un abbozzo di cronaca decente, di seguito i risultati cari solo alle fredde statistiche.
Fiorentina – Chievo 3-0
Inter – Empoli 4-3
Roma – Palermo 1-2
Sampdoria – Parma 2-2
Sassuolo . Genoa 3-1
Torino – Cesena 5-0
Cagliari – Udinese 4-3
Atalanta – Milan 1-3
Verona . Juventus 2-2