Uno studio condotto da ricercatori della Monash University in Australia e pubblicato recentemente sulla rivista americana JAMA Network Open dell’American Medical Association ha dimostrato come attività gioco quali parole crociate, carte, scacchi o l’apprendimento di nuove competenze e la frequentazione di corsi che contemplino anche l’artigianato o l’attività artistica, contribuiscano a ridurre il rischio di demenza nelle persone sopra i 70 anni.
I ricercatori affermano che ciò avviene perchè si tratta di attività che stimolano la competitività, la risoluzione di problemi o che richiedono ai partecipanti ultrasettantenni di elaborare e memorizzare nuove informazioni. Sarebbe quindi proprio questo tipo di allenamento mentale attivo a rendere gli anziani meno vulnerabili alla demenza senile o all’alzheimer, riducendo l’insorgere di queste gravi patologie fino all’11%.
Secondo lo studio, che ha analizzato più di 10.000 anziani con diversi background culturali e socioeconomici, le frequentazioni sociali con parenti e amici non basterebbero a evitare lo sviluppo di patologie mentali. Al contrario, praticare cruciverba o la partecipazione ad attività di gruppo e a circoli sociali in cui si svolgono attività ludiche come giochi di scacchi o partite di carte, possono ridurre lo sviluppo di demenza e patologie simili.
L’importanza dello studio pubblicato su Jama Network Open è legata anche ai dati preoccupanti sulla crescita di casi di demenza negli ultimi anni nell’intero globo.
Secondo l’Alzheimer’s Disease International si verificano 10 milioni di nuovi casi di demenza ogni anno in tutto il mondo , e si prevede che ben 78 milioni di persone vivranno con demenza entro il 2030. A questo si aggiunge anche un altro dato preoccupante, ovvero che il numero di casi tende addirittura a raddoppiare ogni 20 anni circa. In base ai dati raccolti da ADI si prevede inoltre che la maggior parte dell’aumento di casi di demenza senile o malattie come l’alzheimer avverrà proprio nei paesi in via di sviluppo.
Attualmente il costo globale della demenza è superiore a 1,3 trilioni di dollari e ADI prevede che salirà a 2,8 trilioni di dollari entro il 2030, che incideranno sia in termini di costi inerenti all’aiuto familiare che a livello medico.