Il suicidio è la dodicesima causa di morte al mondo e si colloca, a livello mondiale, fra le principali cause di morte per la fascia d’età tra i 15 e i 44 anni. Nel “rapporto globale sulla prevenzione del suicidio” dell’OSM, nel 2012 sono state 800.000 le persone che si sono tolte la vita.
Il termine suicidalità, comprende sia l’ideazione suicidaria che i comportamenti associati. L’ideazione riguarda i pensieri e la pianificazione dell’evento.
Gli studi condotti in merito evidenziano l’importanza della prevenzione e la necessità di un tempestivo intervento, specie in fase adolescenziale. La complessità dell’evento suicidio, il fascino della morte che in esso è racchiuso, l’estrema ambivalenza del gesto che è contenuta nel messaggio del suicida che afferma di voler vivere attraverso il gesto mortale e la reiterazione dello stesso, ne rilevano l’estrema gravità come fenomeno sociale.
Secondo Erwin Stengel, psichiatra e psicoterapeuta, autore di numerose pubblicazioni sull’argomento, il gesto dei suicidi, ad esito fatale o meno, testimonia che i soggetti non vogliono vivere o solo morire, ma desiderano entrambe le cose di cui una di esse prevale, in un cortocircuito della mente che è delicato e complesso nel suo evolvere.
I dati riguardanti i tentativi di suicidio sono allarmanti per quel che concerne la fascia adolescenziale. Nel solo contesto italiano, ogni giorno, 10 giovani tentano il suicidio e due di essi lo portano a compimento. Dati che sono cresciuti nel corso della pandemia e, soprattutto, durante nel periodo del lockdown.
Esistono fattori di rischio legati all’età, al sesso, alle condizioni di salute generali, all’isolamento sociale, ad eventi traumatici o familiari avversi. Da questi studi si evidenzia l’importanza della prevenzione e la necessità di intervenire sia in ambito medico che familiare che scolastico, nel caso dei suicidi adolescenziali e l’urgenza di un approccio serio, attento, sensibile e di uno studio bio-psico-sociale del fenomeno.