Tante sono le donne che si battono per salvaguardare il futuro del Pianeta. Donne forti, sensibili, impegnate. Destinate a costruire nuovi modelli di dialogo, a smuovere coscienze, a diffondere tutte insieme una nuova cultura della Terra. Ma ce ne è una che da sempre è al timone del motore rosa del cambiamento, Donatella Bianchi. Divulgatrice e ambientalista, gioiosa e saggia come la natura, Presidentessa del WWF Italia dal 2014, Presidentessa del Parco nazionale delle Cinque Terre e del Parco Letterario Eugenio Montale, giornalista Rai, commendatore dell’ordine “Al merito della Repubblica Italiana”, ambasciatrice della biodiversità del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, componente della Task Force della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Tridente d’oro dell’Accademia e delle Scienze e delle Tecniche Subacquee di Ustica, autrice del libro L’eredità del mare. Sono passati decenni da quando gli scienziati hanno capito che le attività umane stavano cambiando gli equilibri climatici e ambientali con conseguenze gravi. Il futuro del nostro pianeta è drammaticamente in pericolo e per Donatella Bianchi che non ha mai smesso di crederci, è una necessità, che non può continuare a essere rinviata.

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Quanto deve essere presa sul serio la centralità dell’ambiente nelle politiche e strategie?
“Dalla salute dell’ambiente in cui viviamo dipende la nostra salute. Lo abbiamo capito con ancora più evidenza dopo che la pandemia da Covid è piombata nelle nostre vite. La tutela dell’ambiente deve essere assolutamente al centro di politiche e strategie. La politica ha la responsabilità di essere lenta e poco determinata, soprattutto per quanto riguarda la sfida climatica. Agli annunci non corrispondono altrettanti fatti concreti. Agli accordi non seguono politiche economiche. E tutto questo quando abbiamo pochissimi anni per affrontare un’emergenza, quella del clima, cruciale per il futuro del genere umano”.
È stata membro del comitato esperti della task force di Vittorio Colao per l’impostazione generale della ripresa economica del paese. Le competenze e le strategie ambientali sono state rafforzate così come aveva richiesto?
“La Task Force di esperti del Comitato Colao ha avuto il difficile compito di dare un contributo di idee in un momento estremamente difficile per il nostro Paese. Insieme ad altri esperti come Enrico Giovannini abbiamo cercato di dare grande protagonismo alla biodiversità e alla sostenibilità che devono essere le stelle polari del cambiamento. Successivamente abbiamo visto concetti come la transizione ecologica siano diventati centrali nel dibattito pubblico del nostro Paese. Ora la sfida è fare in modo che non sia solo una transizione tecnologica ma che venga messa al centro la natura e il nostro rapporto con essa”.
Un appello preoccupato del World Wildlife Fund, sul New York Times, ha fornito una serie di ragioni per essere pessimisti sul futuro del nostro pianeta. Soprattutto per lo sbalorditivo calo delle popolazioni della fauna selvatica.

“In meno di mezzo secolo si è registrato un calo medio del 68% nelle popolazioni di specie di vertebrati globali (mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci). I messaggi che ogni giorno ci manda la Natura sono chiari. Così come sono evidenti le soluzioni che la scienza accompagna agli allarmi ma che continuano a essere trasparenti agli occhi di chi decide. Il rapporto IPCC ci dice che siamo all’ultima chiamata per limitare l’incremento della temperatura globale a 1,5 gradi così come previsto dall’Accordo di Parigi. Ma quella finestra si sta chiudendo rapidamente, lasciandoci esposti a scenari inesplorati e pericolosi. Serve un’azione decisa, globale, per scongiurare effetti più catastrofici del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità sulle persone e sulla natura. E serve subito”.
I negoziati -Summit del G20 e Conferenza sul clima di Glasgow- hanno avuto in mano il destino dell’umanità.
“Abbiamo la certezza della portata della crisi climatica e della responsabilità umana nel determinarla, definita “incontrovertibile” dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, che ha posto la catastrofe come punto fermo dei negoziatori, inclusi gli eventi meteorologici estremi; la consapevolezza di quanto abbiamo cambiato il pianeta e che le cose continueranno a peggiorare se non viene invertita immediatamente la rotta. I leader mondiali devono disarmarsi degli interessi di parte. Con il COVID-19 abbiamo imparato ad ascoltare la scienza per salvarci da una crisi sanitaria senza precedenti. Ora è venuto il momento di ascoltare la scienza anche per affrontare la crisi climatica, nella consapevolezza che o agiamo ora o sarà troppo tardi”.
La natura è resiliente ma l’umanità è in pericolo.
“Il Pianeta che ci permette di sopravvivere, vivrà anche senza di noi. L’umanità è in pericolo perché il clima che cambia sta cambiando le nostre vite, la nostra sicurezza, il nostro benessere. Siamo noi i responsabili di quello che sta accadendo al nostro Pianeta e solo noi possiamo agire ora per salvarci”.

Durante la pandemia gli abitanti del mare ci hanno dato dei segnali importanti, inquieta la previsione che nel 2050 nelle acque ci sarà più plastica che pesce.
“La plastica è certamente uno dei principali problemi del nostro mare, basti pensare che ogni anno finiscono nel Mediterraneo 570 mila tonnellate di plastica (l’equivalente di 4,7 miliardi di posate di plastica al giorno). Alle vecchie minacce, poi, se ne sono aggiunte delle nuove. La necessità di proteggersi dal Covid ha portato a un massiccio utilizzo di dispositivi di protezione individuale che, però, se non correttamente smaltiti, creano un ulteriore peso sui nostri mari già violentemente attaccati dalla plastica”.
Se anche solo l’1% delle mascherine venisse disperso volontariamente o involontariamente?
“Si tradurrebbe in ben 10 milioni di mascherine al mese sparse nell’ambiente. Ogni mascherina pesa circa 4 grammi, questo comporterebbe la dispersione di oltre 40mila chilogrammi di plastica in natura.”

Un dramma per lei che conosce bene “L’eredità del mare”.
“Nel mio lungo andar per mare ho conosciuto persone, luoghi, storie straordinarie. Ho avuto la possibilità di vedere nel proprio insieme come tutto questo possa combinarsi in una dimensione unica. Il mare è insieme bellezza e fragilità. La fragilità, di cui noi esseri umani siamo sempre più protagonisti e che colpisce le specie marine e gli ecosistemi. Ormai è evidente. La bellezza va scoperta, volta per volta, in tutto quello che ci circonda e che dobbiamo proteggere”.
Quanto è protetto oggi il Mar Mediterraneo?
“Al momento appena l’1,27% del Mediterraneo è effettivamente protetto mentre la stragrande maggioranza del mondo scientifico concorda sul fatto che almeno il 30% del mare dovrebbe essere tutelato. Le aree protette marine gestite in modo efficace sono fondamentali per ricostruire gli stock ittici, sostenere attività di pesca e turismo sostenibili e mitigare gli effetti del cambiamento climatico”.

Come preservarlo ?
“Preservare il mare significa mettere in sicurezza una parte consistente del nostro capitale naturale e dei servizi ecosistemici, indispensabili per la nostra vita e il nostro benessere, che a essi sono collegati. Non ci si può rassegnare a questo, sarebbe un cataclisma globale”.
Un cataclisma che già riguarda alcune specie di animali. Il panda da sempre è il vostro simbolo. Quale altro animale rappresenta oggi la crisi della biodiversità?
“Sicuramente il koala. Circa 60.000 koala (Phascolarctos cinereus) sono stati colpiti dalle fiamme che hanno devastato l’Australia da giugno 2019 a febbraio 2020. Secondo il report del WWF “Impacts of the unprecedented 2019-2020 bushfires on Australian animals” le peggiori perdite di koala si sono registrate a Kangaroo Island, con 40.000 individui potenzialmente colpiti e nelle foreste di Victoria, dove vivevano 11.000 di questi preziosi marsupiali. Altre importanti popolazioni di koala sono state messe in ginocchio dal fuoco nel New South Wales, dove si stima che 8.000 koala siano rimasti coinvolti negli incendi, quindi uccisi o feriti”.
Il colpo è stato terribile.
“Vedere i koala nelle fiamme ci ha mostrato quanto il cambiamento climatico insieme alle azioni irresponsabili dell’uomo stia mettendo a rischio il futuro della biodiversità del pianeta a quello di ognuno di noi”.
Possiamo ancora bilanciare i bisogni dell’umanità con i bisogni della natura?
“Non solo possiamo ma dobbiamo. Creare un nuovo modello di sviluppo e adeguare i nostri consumi ai limiti del pianeta è fondamentale: ne va del nostro futuro e di quello delle nuove generazioni”.