Uno studio genomico pubblicato su Current Biology sostiene che i Neanderthal erano predisposti ad una maggiore sensibilità al dolore. I genetisti evoluzionisti hanno scoperto che gli antichi parenti umani portavano tre mutazioni in un gene che codifica per la proteina NaV1.7, un canale del sodio cruciale per la generazione di impulsi e per trasmettere sensazioni dolorose al midollo spinale e al cervello.
In generale, il dolore consiste in un segnale inviato dal corpo come protezione che lo avverte di un rischio e gli comunica l’esistenza di un danno a livello di tessuti dell’organismo. Il dolore, quindi, per esempio, ci permette di intervenire, come avviene nel caso dell’infarto.
Stimoli meccanici, chimici e termici alterano l’integrità dei tessuti e stimolano i recettori che ci permettono di percepire il dolore (nocicettori). Attraverso particolari sensori nervosi lo stimolo percorre il midollo spinale situato all’interno della colonna vertebrale e raggiunge la corteccia cerebrale. Quest’ultima interviene nell’esperienza e nella memoria del dolore, permettendo di sentirlo e di riconoscerlo.
I ricercatori hanno anche dimostrato che, in un campione di persone britanniche, coloro che avevano ereditato la versione di NaV1.7 di Neanderthal tendevano a provare più dolore di altri. La variante completa di Neanderthal che porta tre sostituzioni di aminoacidi determina una maggiore sensibilità al dolore nelle persone. In pratica il meccanismo è simile a quello di una manopola che regola il volume: a livello molecolare, il canale ionico Nav1.7 di Neanderthal si attiva più facilmente, il che può spiegare il motivo per il quale le persone che lo hanno ereditato possiedono una soglia del dolore più bassa.
Il team di questo studio, tuttavia, afferma che non si può sapere con esattezza se i Neanderthal provassero più dolore, perché a modulare la trasmissione, intervengono anche altri fattori, sia nel cervello che nel midollo spinale; ciononostante, lo studio mostra che la loro soglia di inizio degli impulsi del dolore era inferiore a quella della maggior parte degli esseri umani di oggi.