Per il cittadino medio americano, il weekend del Thanksgiving è un sacrosanto ponte feriale il quale, nella maggior parte dei casi, si celebra in casa con i propri cari. Il giorno del ringraziamento, la vera festa, dunque, è stata giovedì, mentre venerdì le famiglie americane si sono indaffarate tra le shopping e le partite di football americano che marcano tradizionalmente il Black Friday. Nella penombra di questi festeggiamenti, marcata tra l’altro dagli eccessivi consumi e gli straripanti cassonetti americani, la Casa Bianca ha rilasciato, spiazzando un po’ tutti, un terrificante rapporto sui peggioramenti dell’impatto del riscaldamento globale.
Il rapporto in sé, rilasciato da tredici agenzie federali, figura, nella recente storia scientifica, come la più complessiva analisi delle conseguenze del riscaldamento per l’America che sia mai stata assemblata. A differenza di molti altri, come quello a dir poco pauroso rilasciato una manciata di giorni fa dalle Nazioni Unite, il rapporto richiesto dal Congresso Americano si cimenta in un’analisi del futuro economico e sociale legato agli sviluppi del riscaldamento globale. Toccando temi delicati, passando dagli ancora indomati roghi Californiani, fino ai rischi di sommersione di molte località costiere, il rapporto di oltre 1,600 pagine cerca di porre la scienza in un contesto che possa, in termini legislativi, condurre ad azione immediata.
Non a caso, dunque, il rapporto ha un approccio pragmatico quanto economico, tentando di calcolare con precisione l’impatto economico del riscaldamento globale nel caso che l’America, da ora fino al 2100, non dovesse prendere provvedimenti concreti. Il rapporto prevede che se, dalla situazione odierna non si dovesse modificar nulla in termini legislativi, le condizioni economiche, mediche, e ambientali peggioreranno oltremodo. I roghi Californiani potranno peggiorare oltremodo (nonostante non dobbiamo, come raccontato pochi giorni fa nella nostra intervista a Jon Keeley, attribuirli al riscaldamento globale). L’agricoltura del Midwest crollerà, e con lei l’infrastruttura presente nel Sud, portando a se la possibilità di distruggere le catene di approvvigionamento che ne animano l’economia. Usando questo tipo di metriche, calcolandone le probabilità, il rapporto riesce, in maniera grave quanto solenne, a porre un prezzo alla nostra inattività. L’impatto previsto, a livello Economico, porterebbe, entro la fine del secolo i seguenti costi all’economia Americana: $141 miliardi da morte a causa del calore, $118 miliardi dall’ascesa della superficie marina, e $32 miliardi di danni all’infrastruttura, come racconta anche la CNN nel video qui sotto.
Posto in termini più digeribili, se la situazione climatica Americana non dovesse cambiare da qui al 2100, ciò comporterebbe (entro tale data) un enorme taglio all’Economia Americana, misurabile con un proiettato crollo del 10% del proprio Prodotto Interno Lordo. Per mettere le cose in prospettiva, durante la Grande Recessione (Great Recession), il PIL Americano cadde solamente del 5%. L’impatto economico sarebbe dunque devastante per un’America che, nonostante tutto ciò, sembra, diretta dal suo Presidente, ad ignorare i campanelli d’allarme che ormai da qualche anno incitano tutte le nazioni del mondo al preservare la salute del nostro pianeta. Mai nella storia, però, si è avuto riscontro così completo dell’impatto economico di un’entità quasi spettrale come il riscaldamento globale. Ciò che appunto rende il tutto curioso, a livello politico, è la necessità d’azione che questo rapporto comporterebbe: poiché richiesto dal Congresso Americano, nonostante lo scetticismo Trumpiano, la sua concretezza dovrebbe lasciar spazio a più e più dibattiti parlamentari sia sul fenomeno in se, che sulle possibili vie legislative da intraprendere.
Ciò che fa clamore, dunque, è che pochi, pochissimi, sembrano averne preso atto. Molteplici testate giornalistiche, però, a partire dal Columbia Journalism Review e da Coral Davenport del New York Times, paiono aver smascherato il motivo per una così bassa ricezione. Il rapporto sarebbe stato rilasciato il Venerdì del Black Friday appunto per poter rimanere sotterrato dal polverone mediatico, che, come ogni anno si alza in questo periodo. Solo in questa chiave, che la rende più un attacco verso il Presidente Trump che un’appello verso l’attività ambientale, la notizia ha potuto godere di un poco di trazione social.
La mossa del rilascio della relazione durante il periodo feriale è bassa, e su questo non ci piove. In effetti, sembra proprio mirata a celare il rapporto scientifico che rema contro le politiche scettiche del quarantacinquesimo Presidente, che finora sembra solo aver bisbigliato un confuso “non ci credo”. Nonostante ciò, nonostante la bassezza di questa presunta mossa, l’attenzione popolare non dovrebbe mirare alla figura politica, bensì, all’entità della quale discutiamo. Nonostante smascherare la mossa codarda sia importante, e meriti d’essere fatto, se stiamo a ciò che è scritto all’interno del rapporto stesso, l’azione contro il riscaldamento globale deve partire non solo dall’ufficio ovale, bensì dalle individuali azioni di ogni individuo, Americani e non. L’attenzione mediatica portata da questo mini-scandalo è, senza dubbio, buona cosa, ma l’indignazione deve maturare dalla situazione che il rapporto illustra, prima che dal nascondino presidenziale. Sarà da seguire con attenzione, dunque, lo svolgimento dello scandalo, ma soprattutto delle azioni legislative che ne seguiranno.