I morti non hanno parola. Non possono raccontare quello che succede oggi negli ospedali siciliani. Dove i tagli dei servizi sono tanti, gli sprechi altrettanti. E dove a farne le spese, tanto per cambiare, è soprattutto la povera gente. Con in testa gli anziani.
Non c’è molta informazione, oggi, sugli ospedali della Sicilia. Forse perché è cambiato il modo di fare giornalismo. Chi scrive, nei primi anni ’80 del secolo passato, quando imparava a fare questo mestiere, veniva mandato dal caporedattore a raccontare quello che succedeva, per esempio, al Pronto Soccorso. Oggi questo non si fa più. Un peccato. Perché se allora di cose da raccontare ce n’erano tante, oggi ce ne sarebbero molte di più.
Oggi, ai lettori in America, vogliamo raccontare due esperienze di sanità che vanno in scena a Palermo. Due poli ospedalieri privati che lavorano con i soldi pubblici. Il primo è l’Ismett, il Centro trapianti: una ‘Piattaforma trapiantologica’ di alta specializzazione arrivata in Sicilia dagli Stati Uniti d’America, e precisamente da Pittsburg. Il secondo polo sanitario è ‘La Maddalena’, che si occupa, per lo più, di terapie oncologiche e di radiologia ad alto livello.
Citiamo questi due casi perché, ad avviso di chi scrive, rappresentano il modo molto elaborato di fare sanità, da privati, con il denaro pubblico. Stando, almeno, alle voci che girano a Palermo. La nostra – lo precisiamo a scanso di equivoci – non è un’inchiesta. Solo l’osservazione di quello che vediamo e ‘annusiamo’ da cittadini.
L’Ismett è stato voluto dalla Regione siciliana nella seconda metà degli anni ‘90 del secolo passato. Questo centro, dislocato nell’area dell’Ospedale Civico di Palermo – il più grande ospedale pubblico della Sicilia e uno dei più grandi del Sud Italia – si occupa di trapianti di organi e di chirurgia ad alta specializzazione.
Come opera l’Ismett? Semplice: selezionando i pazienti che ritiene di poter curare. Questa è la prima anomalia. L’Ismett è una struttura privata, ma lavora in convenzione con la Regione siciliana. Lavorare in convenzione con la Regione significa che esiste un accordo tra la stessa Regione e l’Ismett: questo centro trapianti cura i pazienti – possibilmente trapiantando organi – e la Regione poi paga.
I pagamenti, da parte di una struttura pubblica – nel caso della Sicilia dalla Regione – vengono effettuati mediante i Drg sigla che sta per Diagnosis-related groups, l'equivalente in italiano dei Raggruppamenti omogenei di diagnosi. Questo sistema consente di calcolare la somma che l’ente pubblico – in questo caso la Regione siciliana – deve corrispondere al soggetto che ha effettuato la prestazione sanitaria, in questo caso all’Ismett.
Va da sé che trattandosi di trapianti di organi e di alta medicina, i Drg – ovvero i pagamenti da parte della Regione all’Ismett – sono elevatissimi. In assoluto, tra i più elevati del sistema sanitario siciliano.
Davanti a un fatto del genere – che ormai va avanti dalla seconda metà degli anni ’90 – sarebbe normale conoscere i veri risultati dell’Ismett: per capire se questa ‘Piattaforma trapiantologica’ è conveniente oppure no. Invece – e si capisce che siamo in Sicilia – di dati ufficiali, a conoscenza del contribuente, ce ne sono pochissimi. L’Ismett, infatti, pur essendo costato ai siciliani un sacco di soldi, e pur costando ogni anno tanti altri soldi, opera in una condizione di grande favore. Tutti i ricoveri dell’Ismett sono selezionati dalle gestioni ambulatoriali. Presso l’Ismett – può sembrare assurdo considerato visto quanto costa al contribuente pubblico – non c’è un Pronto Soccorso. Se un malato arriva all’Ismett e i medici – che pure l’hanno sempre seguito – vedono, in quel momento, il paziente è in una condizione di emergenza, decidono di inviarlo presso un Pronto Soccorso pubblico.
Un sistema molto comodo, quello che è stato costruito dalla politica siciliana per l’Ismett: potrebbe anche sembrare quasi che l’Ismett si scelga i malati: cosa che noi non pensiamo. E, a una mente mal pensante, potrebbe apparire che scelgano i malati a più alto Drg: cosa, anche questa, che noi non pensiamo assolutamente. Ma il punto non è solo questo. Il vero punto interrogativo è il costo dell’Ismett: 97 milioni di euro all’anno! Una cifra mostruosa. E c’è di più: di questi 97 milioni di euro solo 28 sono Drg (cioè cure effettuate su pazienti); gli altri 65 milioni di euro, pagati sempre dagli ignari contribuenti siciliani, se ne vanno per altre finalità. E’ da stupidi chiedere un rendiconto preciso di come vengono spesi questi 97 milioni di euro: perché non mancherebbero di spiegare che ci sono di mezzo diagnosi complicatissime tra America e Sicilia, alta formazione e via continuando. Il problema è che questi costi ci sono: e sono costi incredibili.
Siamo arrivati al problema dei problemi: a fronte di una spesa così elevata, quali sono i risultati dell’Ismett? Quanti trapianti all’anno vengono effettuati? E quanti di questi trapianti di organi riescono? Ci sono rigetti? E di che ordine?
La Regione ha mai elaborato delle statistiche sulla sopravvivenza dei pazienti sottoposti alle terapie chirurgiche e ai trapianti dell’Ismett? Se sì, saremmo tutti contenti.
In ogni caso, sarebbe a questo punto bello che la Regione esibisse la verifica di questa grande attività dell’Ismett ai contribuenti siciliani: i quali sarebbero ben felici di sapere che i loro sacrifici economici vengono impiegati così proficuamente per la salute pubblica…
Andiamo alla Maddalena. Che, a volerla dire tutta, sembra un’industria della chemioterapia. Anche in questo caso noi ci aspettiamo semplicemente che la Regione metta a disposizione del pubblico, in modo semplice e comprensibile, la letteratura scientifica sulla chemioterapia e i risultati della stessa chemioterapia applicati dalla casa di cura ‘La Maddalena’ sulle centinaia di pazienti oncologici trattati ogni anno. Per fugare il dubbio – che noi assolutamente non nutriamo – che queste cure venga utilizzate a beneficio di chi le fa e non di chi le riceve. Anche perché tali cure costano una barca di soldi.
Non è certo il caso della casa di cura ‘La Maddalena’: ma ci sono casi in cui, purtroppo, le cure palliative, invece che migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici finiscono per migliorare la ‘qualità della vita’ di chi somministra queste costose cure a spese della collettività.