
Si dice che a fronte degli imprevisti, delle difficoltà, del malcontento ognuno reagisce come vuole e così è stato per la settimana della moda a Milano. Ogni brand, infatti, ha condotto la sua politica esprimendo il suo modo di essere dall’euforia, all’impassibilità e alla preoccupazione. Scendendo nei dettagli, l’indifferenza colorata della borghesia milanese è stata manifestata da Arthur Arbesser, Bluemarine ed Emporio Armani con capi ricchi di bon ton, check e tanti colori. Gucci preferisce indossare una maschera proprio nel vero senso della parola creando personaggi fittizi ma comunque comodi alla società; la libertà di essere uomo – donna, nerd – cool, sporty – classy e Alessandro Michele riesce ancora una volta a predicare bene la sua filosofia.
Poi c’è chi fugge in terre lontane, fiabe o nei cyber spazi e lo sa bene Luisa Beccaria che scappa in contee illuminate dai raggi tiepidi invernali con abiti reali e cappotti over bohémienne; un vero bivio tra le regole della monarchia e lo spirito sovversivo di libertà. Non da meno è Vivetta che crea il suo sogno con capispalla confezionati da piumoni in seta, ha preso seriamente la sua inopinabile decisione di “Bella addormentata”. E Fay che istituisce il suo spazio onirico in un cloud virtuale per custodire un look giornaliero ma raffinato tra dati, impegni, ricordi e progetti con elemento chiave il gilet con i tipici ganci a chiusura.
Prada, invece, è consapevole della sua paura romanzando uno stile gotico dettato da fiori e uniformi; la Signora come sempre fa una chiara denuncia di ciò che non va e del terrore possibile che si verificherà. Versace è oramai una realtà italo-americana in bilico tra passato e presente, richiama in passerella le vecchie glorie Shalom Harlow e Stephanie Seymour affiancate dalle promesse Kaya Gerber, Kendall Genner, Gigi e Bella Hadid perché non vuole accontentarsi di ciò che è ovvio. Dunque decide di rivisitare il termine grunge e bondage con una verve più colorata e pop; sarà il giusto compromesso? D’altro canto Fendi è in uno stato di shock per la perdita del sommo Creative Director Karl Lagerfeld e cerca di destreggiarsi sotto le noti di “Hero” by Mr. Bowie per tenere alta l’eleganza, la ricchezza e la bellezza di un tempo non ancora perduto.

La trasgressione e la quasi noncuranza sono impersonate da Dondup che organizza un party al Venus Club tra champagne e vestiti da cocktail colmi di paillettes, seta, ricami in lurex e un’ardita sperimentazione del denim. Contrariamente marchi come Jill Sander o Comeforbreakfast sono nella fase di accettazione e quotidianità con forme morbide, orli asimmetrici, purezza nelle linee asciutte e definite considerando sempre i volumi over. Alla fine il trionfo sembra essere per Dolce&Gabbana che si riscatta con uno show in stille anni cinquanta dotato di un presentatore che spiega la collezione per ricordare l’importanza delle origini e del Made in Italy. Spazio anche alle nuove leve con gli omonimi brand Nicole Valenti e Angelia Ami, la prima sottolinea il no gender e l’italianità mentre la seconda elogia l’élite di Manhattan; hanno sicuramente un approccio giovane e fresco e soddisfano le volontà dei millenials. Per quanto riguarda i trend della stagione si riconferma il tartan, il velluto, la pelle, la seta, i pizzi e ricami con must have la pelliccia che sia eco o no. D’altronde ogni epoca ha la moda che si merita.