Catapultata dentro l’Obi Hall di Firenze, tra migliaia di persone sedute in attesa dell’inizio della sfilata, dentro l’energia che si respira negli eventi più attesi ed euforizzanti, venerdì sera ho vissuto un’esperienza nuova, costruttiva e di grande entusiasmo. Un’esperienza di altissimo livello, che non avrei mai creduto di provare come spettatrice e solo guardando delle modelle sfilare.
Meravigliata, ammiravo l’armonia e il movimento delle creazioni indossate, abiti che sapevano di fresco, libertà ed eccentricità, quella tipica degli animi giovanili e, mentre guardavo, il mio pensiero correva a coloro che avevano formato quei giovani stilisti. Ho realizzato che dovevano avere avuto professori altrettanto liberi, in grado di insegnare e comunicare le loro conoscenze senza condizionare i propri studenti; professori lontani dal proprio “narcisismo di ruolo”, capaci di trasferire abilità, tecniche e maestrie senza forgiare i ragazzi a propria immagine e somiglianza ma, anzi, invitando e spronando loro, al coraggio della sperimentazione.
Una parola inusuale, dietro la quale si rivelano processi di apprendimento e crescita strettamente correlati e, che purtroppo, risultano spesso essere ignorati dal mondo dell’insegnamento. Osservando la sfilata ho compreso l’impostazione della LABA, una realtà accademica scevra da metodi invasivi, inevitabilmente inibitori, pertanto, educativi in modo improprio; nei quali, forme di insegnamento giudicanti – quindi condizionanti – oltre a fornire il knowhow necessario a realizzare idee e creazioni, si impongono con l’enfasi e i vincoli dettati dallo stile dell’insegnante e dalla sua impostazione, spesso incapaci di lasciare affiorare le potenzialità e le capacità particolari e uniche di ognuno.
Venerdì sera tutto questo correva sulle passerelle: oltre alla eccezionale perfezione stilistica dei capi, ho riscontrato una esplosione di creatività e libertà personali, una fortissima e inequivocabile forza di espressione e carattere, insieme alla convinzione che si può essere padroni del proprio stile ed estro anche se si è ragazzi, poco più che ventenni.
Ciò presuppone un percorso di crescita e formazione completi che non può prescindere dalla sperimentazione, fase indispensabile alla maturità del singolo, perché permette di superare tecniche e tecnicismi, uso dei materiali e dei tessuti, taglio e convenzionalità dei modelli, utilizzo di asimmetrie e originalità ma, soprattutto, consente di superare se stessi, le proprie incertezze, nel rispetto della libertà stilistica individuale, quella che rende unico ogni singolo capo.
Sebbene fossi consapevole che dietro simili risultati c’è sempre una collaborazione e una condivisione della passione da parte di più persone, non ho potuto non esprimere personalmente i miei complimenti al professore Orazio Lo Presti, docente di Fashion Design e Progettazione della Collezione, nonché direttore artistico della sfilata.
Solo un maestro vero che crede nelle potenzialità dei suoi ragazzi, dando loro fiducia e credendo nelle loro idee, come nelle loro incertezze, può ottenere simili risultati; soltanto chi permette di imparare e sperimentare nuovi linguaggi e nuove forme – incoraggiando i propri allievi a provare, mettersi in gioco, approfondire la ricerca, incurante di quello che può scaturire dei rischi correlati dall’oltrepassare schemi e competenze – può consentire ai suoi studenti la scoperta delle proprie potenzialità.
E solo in questo modo è possibile trasmettere capacità e professionalità, realizzando in toto l’essenza e il senso dell’educazione, del suo valore più importante, quello che appartiene alla radice stessa della parola latina educere, vale a dire “tirare fuori”, quindi, far emergere, portare alla luce ciò è custodito, vive e si alimenta dentro un ragazzo e, soprattutto, che lo distingue.
In LABA la sperimentazione non è vissuta solo come un valore in quanto fortemente voluta e condivisa dal direttore dell’accademia Mauro Manetti, il quale, proprio a conclusione della sfilata ha affermato: “Non siamo un politecnico. Andiamo oltre la tecnica al fine di sperimentare e sviluppare la creatività, lasciando che i nostri studenti imparino a osare per superare le aspettative proprie e altrui”. E tale impostazione è alla base della LABA, nonché perseguita per ogni corso di studio: Arti Visive e Pittura, Fotografia, Graphic Design & Multimedia, Design e Fashion Design.

La stessa sfilata è stata il risultato dell’impegno e del contributo offerto da più professori:in primis Cristina Cacioli, insegnante di Fashion Design e Ambientazione della Moda, nonché anima, organizzatrice e coordinatrice dell’evento insieme a Mimmo Cafasso, vice direttore dell’accademia; il professore Orazio Lo Presti, docente e direttore artistico della sfilata, e la collaborazione offerta da altri insegnanti (tra i quali TannazLahiji, docente diAnatomia dell‘Immagine ePittura; Alessandro Pierattini, coordinatore e docente di Design del Tessuto; Veronica Roberti, coordinatrice per le grafiche e le stampe per il tessuto); senza dimenticare tutto lo staff dell’accademia coinvolto per l’occasione.

Tra tripudi di colori, armonia delle forme, originalità, eleganza e fantasia, creazioni strutturate dentro abiti confezionati all’insegna della libertà e della unicità, nonché perfetti nel loro movimento, allievi della LABA – da soli tre anni del corso di Fashion Design – hanno dimostrato che impegno, fiducia, sperimentazione, coraggio e, soprattutto, la guida di professori dediti all’insegnamento, possono dare grandi risultati e permettere a giovani studenti non solo di “fare gli stilisti, ma di esserlo”. E la sfilata ne è stata la dimostrazione.