Qualche giorno fa si è spento Elio Fiorucci nella sua Milano. Su di lui è stato scritto e detto di tutto eppure non c’è un ricordo, non c’è un articolo, non c’è una commemorazione che possa rendere veramente l’idea dell’energia incredibile che aveva addosso quell’uomo straordinario che ha rivoluzionato la storia del costume in Italia a partire dal 1967, anno in cui ha aperto il suo mitico negozio in Galleria Passarella.
Elio, di nome e di fatto, non era uno stilista, non era esattamente un artista, non era (solo) un comunicatore, non era un sarto, non era un artigiano, non era (solo) quello che al giorno d’oggi verrebbe chiamato un cool hunter ovvero uno che individua le tendenze del momento, non era un PR, non era un pubblicitario, non era (solo) un imprenditore, non era un esperto di marketing anche se di certo se la cavava meglio di tanta gente con master e contro master conseguiti nelle più prestigiose Università del mondo. Ci teneva proprio a non essere incastrato dentro a un’etichetta e aveva ragione. Elio Fiorucci era un genio. Un genio assoluto. Era capace di guardare il mondo con curiosità, di trarre stimoli e spunti creativi, mettere insieme intelligenze e talenti diversissimi per dare vita a qualcosa di incredibilmente nuovo. Il segreto del suo successo era che sapeva interpretare e anticipare l’esigenza di libertà di espressione dei giovani, dando vita a “prodotti”, performance e creazioni che erano semplici e alla portata di tutti, ma che allo stesso tempo avevano anche un livello di lettura più profondo.

Una sequenza di immagini racconta la storia del marchio Fiorucci sul sito nternet dell’azienda. Per gentile concessione di Fiorucci
Si può dire che in qualche modo lui fosse un divulgatore perché ha reso l’arte accessibile a tutti. È stato uno dei primi a credere nella street art. È stato uno dei pochi a rendere possibile che la Pop Art diventasse davvero pop. Ha anticipato e lanciato tendenze che vanno ben oltre l’abbigliamento. Basti pensare al mitico happening di Keith Haring del 1984 in cui lavorando un giorno e una notte trasformò completamente il negozio di Galleria Passerella.
Si è sempre mosso in quel territorio al limite tra arte, design, moda, spettacolo, musica e cultura che poi negli anni è diventato il lifestyle. Si può dire che sia stato uno degli inventori del concetto stesso di lifestyle. È sempre stato un precursore e diversamente da tanti altri precursori non è stato un incompreso. Ha saputo parlare alla gente, incontrarne il gusto ed essere capito.
In tempi in cui non esistevano ancora i voli low cost e la gente viaggiava molto meno, lui tornava dai suoi viaggi in giro per il mondo pieno di novità da condividere generosamente con il pubblico. I suoi negozi non erano dei posti in cui si entrava per forza per comprare qualcosa. Erano dei mondi in cui ci si immergeva per cogliere lo spirito del tempo.
Il suo mitico negozio in piazza San Babila è stato ben più di un esercizio commerciale. Era un’autentica finestra sul mondo in cui respirare atmosfere e suggestioni che arrivavano direttamente da Carnaby Street a Londra, dalla New York dello Studio 54 (in quanti sanno che l’opening del mitico club newyorchese legato indissolubilmente al nome di Andy Warhol nel 1977 è stato curato proprio dal team di Elio Fiorucci?) e da luoghi esotici e lontani. Era un mondo coloratissimo, divertente e profumato quello che aveva saputo creare Elio Fiorucci in Galleria Passarella. Era un posto accogliente in cui le ragazze negli anni Ottanta entravano e uscivano con i pattini ai piedi. Ci si ritrovava lì davanti. Era l’appuntamento dei giovani a Milano. “Ci vediamo davanti a Fiorucci”, per quanto tempo abbiamo continuato a dirlo anche dopo il 2003, quando lo storico negozio ha chiuso i battenti.
È triste pensare al fatto che le nuove generazioni passino lì davanti e non abbiano idea del fatto che quello era il cuore pulsante della città in cui i loro coetanei di qualche decennio fa hanno costruito la cultura street a cui ormai siamo abituati, ritrovandosi davanti a Fiorucci con gli stereo in spalla e una gran voglia di cambiare il mondo. Fiorucci ha attinto dalla cultura di strada per restituire alla strada la contemporaneità. Ha sempre messo la sua intelligenza al servizio dei giovani, di cui intuiva la necessità di esprimersi, di trasgredire e di creare nuovi percorsi. Ha saputo creare un immaginario di cui si sono innamorati ragazzi e ragazze di ben più di una generazione che hanno gravitato attorno a quel mondo coloratissimo che era il suo negozio. Ha costruito le basi solide dei sogni di tanti ragazzi di provincia o di periferia che proiettavano lì, in galleria Passarella, il punto d’arrivo e/o di partenza per costruire la propria vita. È stato un punto di riferimento direttamente o indirettamente per tanti, alcuni forse nemmeno si rendono conto del debito culturale enorme che hanno nei suoi confronti. Altri per fortuna sì. Biba Acquati, per esempio, è una “ex ragazza” degli anni Ottanta che il sabato affrontava un lungo viaggio dalla periferia di Milano, cambiando due mezzi con i pattini in spalla, per arrivare finalmente alla Galleria Passarella che al tempo era il “place to be”. Biba Acquati, come tante altre ragazze della sua generazione, è rimasta fortemente segnata dall’immaginario che ha saputo costruire Elio Fiorucci e la sua storia di crescita professionale e personale sembra proprio una favola contemporanea di quelle che sembravano possibili solo in quell’atmosfera magica che si era creata nella Milano di Fiorucci. Biba Acquati ha lavorato per due anni come commessa nel mitico negozio di piazza San Babila, per lei fare parte di quel mondo glitterato e profumatissimo, era un motivo di orgoglio. Ovviamente come tutte le ragazze della sua generazione, vedeva Fiorucci come una sorta di guru. Nel frattempo si è laureata e ha iniziato a lavorare nell’ambito della comunicazione di eventi. Tante volte la sua vita professionale si è incrociata con Elio Fiorucci per cui lei continuava a nutrire una grandissima stima e ora che è la responsabile delle PR di Altavia Italia le è capitato di ritrovarsi non a lavorare per lui, ma con lui nell’ambito di un progetto sul brand Milano. Potete immaginare cosa può significare per una ex ragazzina di periferia lavorare fianco a fianco con il proprio mito? Immaginerete anche il senso infinito di gratitudine che provano Biba Acquati e tutte le ragazze e i ragazzi che sono cresciuti coltivando i propri sogni sulla base dell’immaginario che ha costruito Elio Fiorucci. È per questo che la PR non ci ha pensato su due volte e tempestivamente ha lanciato una petizione su Change.org perché sia intitolata a Elio Fiorucci la galleria che, come sostiene Biba, in fondo è da sempre già sua perché qualunque milanese non può che ricordarla come la galleria in cui si trovava Fiorucci. Nessuno ricorda il nome Galleria Passerella. Che cosa significa? Quella Galleria ha un unico grande significato per Milano, sarà per questo che la petizione in 4 giorni ha già raccolto 4000 firme e la vice sindaco Francesca Balzani ha preso a cuore la cosa. Certo, è singolare che il sindaco Pisapia oltre a non partecipare al funerale non abbia speso una parola in merito. Speriamo solo che una cosa del genere non venga strumentalizzata politicamente. La Galleria Passerella nell’immaginario popolare appartiene già a Elio Fiorucci, a prescindere dalle burocrazie che vorrebbero passassero anni prima dell’intitolazione di una strada, cosa che poi a Milano fortunatamente è ampiamente superata. Ne è la dimostrazione l'immediata intitolazione di piazza Gae Aulenti.
Di sicuro Milano non è più Milano senza Elio Fiorucci. Ci sarebbe davvero bisogno di angeli, come ha detto Don Mazzi durante il funerale di Fiorucci. Se solo i mitici angioletti vittoriani del suo storico logo elaborato da Italo Lupi, si potessero staccare dalle magliette e potessero restituire un po’ di poesia e di colore a Milano!
Nel frattempo un altro tipo di angeli hanno voluto ricordare Elio Fiorucci: i City Angels, i volontari che vegliano sulle notti di Milano e a cui Fiorucci aveva disegnato e regalato la divisa, hanno deciso di intitolargli la casa di accoglienza di via Pollini.
C’è anche la proposta di annoverare Elio Fiorucci nel Famedio del Cimitero Monumentale. La cosa si discuterà in autunno.
Certo, il modo migliore per ricordare Fiorucci sarebbe un tributo alla sua creatività: è troppo immaginare una scuola o un museo a lui dedicati? Vedremo nei prossimi mesi.