Attenzione perché siamo al miracolo tecnologico. Si registra negli ultimi tempi un fenomeno assolutamente sconvolgente: I Suv, cioè gli enormi macchinoni che servono in tutte le città da New York a tutto il mondo per difendersi dalle tempeste, dalle sabbie mobili, dai nubifragi e dai frequenti maremoti (come si sa, in Italia per esempio, non abbiamo ancora le strade asfaltate), vanno da soli.
Proprio così. Non hanno bisogno di un autista, di qualcuno che tocchi il volante. Soprattutto quelli guidati dalle donne. La scena che ci ha convinto a dare questa clamorosa notizia è stata vista e ricontrollata cento volte e quindi non c’è tema di smentita: il Suv percorre per esempio la Quinta o il Lungotevere a Roma, o i Navigli a Milano, dove le altre auto e le macchine sfrecciano velocissime, con alla guida la signora in Ryban che sta guardando fisso dentro al cellulare tenuto con la sinistra, mentre la destra digita messaggini. La signora non guarda la strada. Mai. La sua testa è china sullo schermo, non si alza a guardare la strada.
Il tempo dei messaggini è lunghissimo perchè le ditine non sono sempre precise con gli sbalzi della strada e c’è da ridigitare ogni volta il testo da capo. Ebbene sì, il Suv va da solo. A meno che non ci sia uno, magari un filippino piccolino, sdraiato in terra sotto al volante che guida guardando la strada chissà da dove (magari nel frattempo sta allietando pure la signora con piccole attenzioni personali). Per la verità dobbiamo dire che spesso il Suv sbanda come un ubriaco alla ventesima birra, o a volte ancora procede per lunghi tratti a 2 chilometri all’ora ma queste sono particolari ininfluenti. Di certo c’è che finalmente si riesce a comprendere perché appunto il Suv nel novanta per cento dei casi va pianissimo (ma pianissimo in maniera allarmante, come fosse rotto e si sta per arrivare al primo meccanico).
Il motivo è che alla guida c’è semplicemente qualcuno che non guida, ma sta guardando dentro allo smartphone. E allora chi guida? E’ lì il bello. Sappiamo che alcune macchine avvertono già gli ostacoli quando parcheggiano, ma di qui a guidare ce ne corre. Quindi esiste un sistema di telecomando. Qualche mezzo più sofisticato va anche a “guida ottica”, un metodo che riscuote un grande successo ultimamente ma pochi se lo possono permettere. I mariti delle signore, che hanno acquistato il “machinun” per limitare la percentuale di rischio sapendo che le mogli non sanno guidare, sono davanti a una cabina di regia, a casa o in ufficio, e pilotano il mezzo.
Quando sono in riunione con qualcuno o al telefono o con la segretaria dicono: “Scusi un attimo che devo guidare mia moglie” e intanto col telecomando indirizzano il mezzo. Non si sognerebbero mai di dire: “Mi raccomando cara, non mandare messaggi mentre guidi, magari telefona solo…”. No. Sanno che è una cosa che le mogli devono assolutamente fare perché necessaria. Da quei messaggini digitati e mandati mentre lei sfreccia dipendono le sorti della famiglia, delle prossime ore di vita, dei figli e forse addirittura del paese o del pianeta. E vanno mandati con grande concentrazione, senza alzare mai lo sguardo. La strada è roba inutile, il guidare è da sciocchi, le altre macchine, le moto e i pedoni sono superflui. Tanto il Suv va da solo.
Ci sono dei mariti che fanno addirittura le gare con i Suv di mogli di altri loro amici e sono tornati all’epoca delle Politoys, delle piste con le macchinine radiocomandate. Chi perde paga le cena o l’aperitivo in qualche lounge bar. Ci sono anche dei tornei. Qualche volta i Suv vanno fuori strada o provocano incidenti. E qui la questione si fa dura. La signora si distrae per la prima volta dal telefono, esce dal Suv seccata e indispettita lasciandolo lì e alla sera fa una “cioccata” tremenda al marito dicendogli che è il solito cretino e che non sa guidare. Il marito sta zitto e non dice niente. Perché, alla fine poi, tutto sommato, è meglio così.