Allarme. Bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica. Le nostre mamme, nel senso delle mamme dei nostri figli, sono su una china irreversibile. Ma questo fenomeno è globale. Si manifesta in Italia ma anche a New York (anche se un filino meno). Basta sostare in attesa di un figlio all’uscita di una scuola o di una palestra del pomeriggio e ascoltare.
“Il mio? Ah il mio hanno detto le maestre che è molto riflessivo, ma non ha voglia di fare niente”. “Ah, no invece Gianluca ha tutti ottimi, io non so dove trovi il tempo di studiare, in casa è fisso alla play”. Donne piacevoli e piacenti, vestite sempre con cura e garbo (qualche leopardatissima c’è, anche fuori dagli istituti tecnici, ma fa niente), abbronzate sempre di fresco, fumatrici accanite, telefonatrici da macchina, belle gambe che scendono da gipponi giganteschi, da Camel Trophy, da Parigi Dakar, e c’è il serio sospetto che, di questo passo, prima o poi, i mariti doteranno le mogli di carri armati veri e propri, dismessi dall’esercito italiano, per cercare di preservare almeno l’integrità fisica della famiglia di fronte a curve pazzesche affrontate sulle strade dei colli ai 70 all’ora, con cellulare all’orecchio, sigaretta in bocca, vetro abbassato e gomito appoggiato al finestrino.
“Inchiodate” sui figli. Parlano solo di quello. Fumando nervosamente. Fino a qualche anno fa non era così. Si preoccupano e fanno dibattiti per ore terrorizzate che i figli si annoino (disposte ad organizzare subito tornei internazionali di playstation o di game-boy). Io chissà perché, da piccolo, non ricordo di aver mai notato che qualcuno si preoccupasse se mi annoiavo. E invece pesantissime e profonde apprensioni per un raffreddore, un brutto voto, un rimbrotto di una professoressa, ma anche su cose molto più contrastanti con i look esibiti durante questi dibattiti.

“Martina ieri l’ha fatta, finalmente. Abbiamo fatto una bicchierata in casa perchè erano già tre giorni…”. E le altre subito a turno: “Il mio la fa un giorno sì e un giorno no, cosa vorrà dire?”. “Secondo me lo devi portare da uno psicologo infantile”. “Ma no, cosa dici, sentirà il cambio di stagione”. E un’altra in sovrapposizione (perchè parlano tutte insieme fregandosene di quello che dicono le altre, tanto è il proprio caso che è sempre assolutamente centrale): “Sarà anche che sente il fatto che Stefano se n’è andato, sai chiede sempre e il babbo, e il babbo…”. E l’ultima, che di solito chiude il cerchio: “Vedrai che quando va da lui il fine settimana la fa”.
Lì non c’è più replica e allora l’argomento come d’incanto cambia. La scuola. I compiti. Lo sport. E si scopre che bimbi o bimbe di tre anni sono già fidanzati (“Le piace Giada, ha detto che la vuole sposare”), oppure: “Sai cosa mi ha detto ieri Luca? Mamma io voglio sposare te. Hai capito? Ha detto così, proprio così”. E le altre incredule su quel colpo di genio scuotono la testa sorridendo in omaggio al nuovo “fenomeno” che sta entrando in società.

Il rincoglionimento totale sfocia poi in paradossi, uno dei quali mi è capitato di sentire l’altro giorno. Due mamme davanti a una scuola in attesa dei figli (arrivano prima di solito, quei quindici minuti che permettono di intasare il traffico in maniera definitiva e di poter parlare appunto dei propri figli annunciando trionfanti l’ultima “prodezza”): “Sai una cosa? La mia ha una proprietà di linguaggio che non mi sarei mai aspettata. Ieri ha detto ‘compromesso’? capito? Ha usato il termine ‘compromesso’. Io non so dove l’abbia sentito”. E l’amica: “Beh, sarà che ascolta la televisione e sarà rimasta colpita da quella parola lì”. Vedendo la soddisfazione e la fierezza di quella mamma mi è venuto da pensare che magari la bambina ha sentito una telefonata del babbo con l’amante, nella quale a un certo punto lui ha detto: “Senti qui dobbiamo arrivare a un compromesso”.
Evviva. Stiamo su va. Cerchiamo di essere felici. Come dice il filosofo: i babbi passano, i figli copiano e le mamme…fumano.