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Dalla colonizzazione alla gentrification: lo sviluppo delle città americane

Dall'era coloniale fino ai giorni nostri, come si sono sviluppate e come sono cambiate le città nel Nuovo Continente

Giuseppe FortunabyGiuseppe Fortuna
Dalla colonizzazione alla gentrification: lo sviluppo delle città americane

New York (Pixabay).

Time: 4 mins read

Le città sono sempre state una forza trainante della civiltà: questo vale anche per le città americane. La loro crescita e la loro affascinante storia si sono sviluppate attraverso varie ere: l’era coloniale dal 1600 al 1800; l’era della crescita dal 1800 al 1870; l’era delle grandi metropoli dal 1870 al 1950; l’era moderna dal 1950 al presente.

L’era coloniale 1600-1800: è il periodo preindustriale. La popolazione consisteva di americani indigeni sparpagliati in piccole comunità un po’ dappertutto. Alcune delle loro tribù erano nomadi come i Cheyenne e i Sioux, altre avevano una sistemazione permanente come gli Hopi e Navajo dell’Arizona e New Messico. Questo è anche il periodo della colonizzazione europea e in tante città americane l’influenza della cultura europea è ancora evidente. New York, per esempio, venne chiamata New Amsterdam dagli olandesi; soltanto dopo gli inglesi le cambiarono il nome in New York per onorare il duca di York. New Amsterdam era una piccola città che contava all’incirca 10.000 abitanti. Le strade erano strette, tortuose, simili alle città medievali.  Soltanto in seguito sono state costruite strade larghe e parallele seguendo il modello a griglia. Ancora oggi, a downtown le strade sono più strette e non parallele. New York, Boston, Baltimore e altre città erano centri di esportazione di prodotti greggi americani verso l’Europa e dipendevano dall’economia europea. Un po’ alla volta sono diventate più indipendenti e importanti centri commerciali.

Durante l’era della crescita 1800-1870, c’è stato un incremento di attività commerciali, di ferrovie e lo sviluppo di superstrade e di ponti. Questa è l’era di grandi industrie, di nuove tecnologie e di un’immigrazione di massa, prima dall’Europa del Nord e in seguito dall’Europa Centrale e Meridionale e da altre parti del mondo. Secondo i dati del censimento, nel 1810 New York contava soltanto 100.775 abitanti, Philadelfia 87.303, Boston 38.746, Baltimore 46.555. Sessanta anni dopo nel 1870 New York contava 942.292 abitanti, Philadelphia 624.022, Boston 250.526, Baltimore 267.354.

Le nuove industrie americane, concentrate nei centri urbani, servivano da calamita  attirando gente da ogni parte del mondo. Pertanto il flusso di immigrati, in gran parte, si stabiliva nei centri urbani ricchi di opportunità lavorative; è lì che trovavano lavoro come operai generici. Verso il 1860 iniziarono ad arrivare anche i primi immigrati italiani. Il flusso degli immigrati italiani gradualmente si è incrementato tra il 1870-1880 e molto di più nei primi decenni del ventesimo secolo, quando tre quarti degli immigrati italiani provenivano dalle regioni meridionali.

L’era delle grandi metropoli 1870-1950 consiste nell’industrializzazione su larga scala, in uno  spopolamento delle aree rurali, in un incremento d’immigrazione che creava una eterogeneità culturale. Questa è l’era di una qualità di vita urbana un po’ deprimente: congestione, rumori, problemi sanitari, crimine e una crescita non controllata.

L’era moderna 1950 al presente include tre sottofenomeni: 1. Delocalizzazione  di industrie e della forza lavoro nei sobborghi urbani; 2. Il “sunbelt”, fenomeno dovuto al volo di capitali e opportunità lavorative dalle città del Nord-Est come New York e del Mid-West come Chicago, definite città “snowbelt” in contrasto con le città meridionali e occidentali “sunbelt” specie nella Silicon Valley, creando disoccupazione nelle città “snowbelt” e opportunità lavorative nelle città “sunbelt”.

Negli anni Sessanta, durante la presidenza di Johnson, gli aiuti del governo federale alle città erano sostanziosi. Negli anni Ottanta i sussidi ai governi urbani sono stati tagliati dal presidente Reagan. Inoltre, l’esodo di residenti affluenti nei sobborghi ha peggiorato l’economia delle città che a fine anno raccolgono meno tasse, costringendo gli amministratori urbani a una politica di austerità con tagli a programmi per aiutare i poveri. Durante questa era, le grandi metropoli americane hanno subito una doppia trasformazione: tecnologica e demografica. La trasformazione tecnologica include l’industria informatica, la ricerca e altri servizi di natura tecnologica che richiedono specializzazioni. Quella demografica consiste in una diminuzione del ceto medio-alto che lavora nella città ma risiede nei sobborghi, dove paga le tasse e la segregazione nei bassifondi urbani dei gruppi minoritari privi di specializzazioni, spesso, disoccupati o sottoccupati che hanno bisogno di programmi assistenziali per sopravvivere.

Nei periodi elettorali i bassifondi urbani diventano luoghi dove i leader politici racimolano tantissimi voti con promesse e programmi per ridurre la povertà, promesse che, il più delle volte, non vengono mantenute. L’idea che le città sono una entità singola con interessi unificati comunitari è un mito. Purtroppo le città sono popolate da gruppi diversi con interessi contrastanti.

L’abitazione è un altro problema urbano abbastanza cruciale, controllato, il più delle volte, non tanto dal settore pubblico ma da quello privato, da banchieri, proprietari e speculatori di proprietà immobiliari che rendono l’abitazione una comodità privata costosa e non un diritto pubblico. Un lusso che tanti poveri non possono permettersi, al punto da finire segregati nei bassifondi urbani dove gli affitti sono meno costosi.

Negli ultimi decenni, nelle città americane e non solo è emerso un nuovo fenomeno: la “gentrificazione”, che penalizza i ceti poveri. I proprietari o speculatori di proprietà immobiliari nei bassifondi urbani sfrattano i poveri che pagano un misero affitto, e rimodernano gli appartamenti da vendere o affittare agli yuppies: giovani professionisti con un ottimo stipendio capaci di pagare un affitto alto. I poveri sono costretti a trasferirsi in un altro bassofondo urbano dove si ripete il fenomeno di “gentrificazione”, anche chiamato “yuppyficazione”, che ormai è un fenomeno globale. Queste famiglie vittime di soventi sfratti finiscono spesso tra i senza tetto nei parchi, nella metropolitana, un po’ dappertutto. A New York c’è stata la gentrificazione di Park-Slope , di Willamsburgh-GreenPoint e recentemente di Long Island City. L’era moderna è anche caratterizzata dalla dispersione urbana “Urban Sprawl”, che sta creando le “Edge Cities”, nuovi centri urbani vicini alle grandi città.

  

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Giuseppe Fortuna

Giuseppe Fortuna

Sono nato in Basilicata tanto tempo fa. Laureato a Torino in Scienze politiche indirizzo sociologico, ho anche fatto il metalmeccanico. In America sono arrivato come studente, conseguendo un PH.D in Sociologia nel 1983 al Graduate Center del CUNY. Per 30 anni ho insegnato come adjunct nel Dipartimento di Urban Studies al Queens College. Nel 1991 ho pubblicato The Italian Dream e poi diversi altri libri in italiano, recentemente"Italiani nel Queens" (Carocci 2013) e "Una Piazza Meridionale" (Guida Editori 2016). Da pensionato, non ho mai smesso di scrivere e ogni volta che posso "scappo" in Italia

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