Se non avete mai sentito parlare di Twitch quasi certamente avete più di 25 anni, non amate i videogames, e con ogni probabilità non siete americani. Quella che era nata come una piattaforma per ospitare le prodezze live dei videogamers più incalliti, è oggi semplicemente il sito di live streaming più seguito al mondo.
Se ce lo avessero raccontato negli anni ’90 avremmo pensato a un soggetto di David Cronenberg, e anche oggi fatichiamo a non pensare a un episodio a caso di Black Mirror. Ragazzi che giocano per decine di ore consecutive in diretta streaming su una piattaforma social, e vengono pagati per farlo. E altre persone – fatto quasi più incredibile – che passano ore a vederli giocare nelle loro felpe. Ogni settimana sono più di 100 milioni quelli che si collegano per vedere le proprie star dei games più o meno ferme in un piccolo riquadro pop-up all’interno della schermata principale dedicata al gioco.
Tutto questo è Twitch, il social network che in America dichiara di raccogliere più o meno la metà di tutti i millennials maschi, e che è ormai stabilmente tra i primi venti siti visitati negli USA. Una piattaforma che esiste dal 2011, e che oggi si è ormai allargata a tutto ciò che sia “live streaming”. Non soltanto giochi, quindi; tra le categorie non-games sono molto popolari le IRL (In Real Life) che trasmettono semplicemente delle videochat in real time su qualsiasi argomento: musica, arte, cucina.
Nato quasi per scherzo, con il nome di Justin.tv, doveva inizialmente seguire per 24 ore al giorno la vita del giovane Justin Kan; ma ci si rese subito conto che ciò che i ragazzi volevano, era soprattutto mandare in diretta le proprie esperienze, quello in cui si sentivano speciali. Fu così che i fondatori crearono Twitch (in gergo il riflesso che occorre per reagire durante un videogioco), diventando straricchi nel 2014 quando la società venne acquistata da Amazon per la piacevole cifra di 970 milioni di dollari. Indubbiamente una bella mossa.
Le star di Twitch hanno nomi come Imaqtpie, Kongphan, OMGitsfirefoxx, o in Italia Nerdoardo, Rapidnade, iBob; sono quasi sempre ventenni, e guadagnano molto bene con la loro nuova attività, che noi esiteremmo a chiamare “lavoro”, ma che per loro può anche essere un massacro. Molti hanno lasciato impieghi tradizionali per guadagnare giocando ai loro videogames preferiti. Un sogno? Fino a un certo punto, visto che molto spesso il guadagno passa attraverso le società di talent management che li rappresentano, e che impongono ritmi abbastanza surreali: alcuni giocano live anche 10 ore al giorno. Ma le star americane di questa piattaforma arrivano a guadagnare anche due milioni di dollari all’anno.
Che gusto ci sia nel vedere gli altri giocare a un videogame, resta per molti un mistero. Ma non è tanto – o non è soltanto – l’abilità al gioco a rendere questi ragazzi delle piccole star. Spesso è la loro performance nel riquadro, il modo che hanno per interagire con i viewers attraverso la piccola chat sempre freneticamente attiva, o magari urlando nello schermo. Un modo per conquistare più fama e più followers è ad esempio giocare senza staccare mai: in questo perverso modo arrivano più utenti e sale la popolarità. Ma non si può nemmeno andare in bagno, altrimenti si perdono viewers.
I campi di battaglia sono giochi prevalentemente maschili, come League of Legends, Battlegrounds, Overwatch, Counter-Strike. I grandi classici come Super Mario (qui con il nuovo Odissey, ancora poco seguito) raccolgono pubblico e players anche tra le ragazze. Alcune di loro sono diventate popolari per fattori che a dire il vero non riguardano l’abilità al gioco, e nemmeno la simpatia. Nella serie Netfix “American Vandal” una delle protagoniste è appunto una ragazza molto seguita su Twitch perché ci sa fare ed è carina.
Quello che conta comunque, come un po’ in tutti i social, è la personalità.
E i guadagni non arrivano solo dalle società che gestiscono i singoli talent: ci sono anche le donazioni private, piccole “mance“ di incitamento, o addirittura sottoscrizioni al canale individuale. Ma attenzione: quelli che si arricchiscono davvero sono solo una piccola minoranza. Tutti gli altri 2,2 milioni di giocatori regolarmente iscritti, guadagnano spesso solo un po’ di popolarità tra gli amici, e niente di più.
Uno degli aspetti socialmente più rilevanti di questa piattaforma è che dopo tanti anni di assoluta supremazia di tutto ciò che riguardasse telefoni o smartphone, Twitch è fatto per essere seguito soprattutto dal grande schermo di un computer. E questa è già una novità. Solo così, comodamente seduti davanti a un PC o a un Mac, si può seguire sia il gioco sia il giocatore confinato nello schermo più piccolo. E contemporaneamente mandare “emotes” (emoji create appositamente per Twitch) alle live chat.
Con questi numeri, oggi Twitch è a tutti gli effetti uno dei canali social di cui tenere conto, anche e soprattutto come media per gli investimenti pubblicitari. I brand che vogliono arrivare direttamente al target millennials o post-millennials (quelli della generazione Z, nati fino al 2010) trovano qui uno straordinario canale. Anche perché in molti casi non si tratta di pubblicità “sopportate” e invasive, ma di brevi promo che trattano argomenti di assoluto interesse per gli utenti, girate e craftate con il preciso linguaggio dei più giovani, e non per compiacere responsabili d’acquisto più adulti. Con il solito ritardo con cui in Italia si sdoganano i nuovi fenomeni, Twitch non è ancora popolarissimo tra le aziende, ma è solo una questione di tempo. Oggi sarebbe impensabile, ad esempio, lanciare una nuova console o un nuovo game senza pianificare su Twitch. Ma sono già in arrivo patatine, cereali e bibite. Per la gioia dei nerd neo-ricchi di tutto il mondo.
E adesso fate leggere questo articolo a vostra mamma, che vi diceva sempre di non perdere tempo con i videogames.