Sono in vacanza in Italia da qualche settimana e va tutto molto bene, a parte qualche piccolo momento di alienazione in cui mi rendo conto della distanza culturale tra nuovo e vecchio mondo.
Tipo l’altro giorno, in spiaggia, quando un’amica mi ha raccontato di avere avuto un’idea geniale per una nuova app, basata su una sua esperienza personale. La mia amica, mi racconta di essere disperata perché ha incontrato un ragazzo bellissimo in treno, solo che non ha trovato il coraggio di parlargli. Ora non sa proprio come ritrovarlo. Al che le è venuta l’idea geniale che non risolverà questo piccolo dramma, ma renderà possibile che una cosa del genere non succeda mai più: dare vita a una app in cui ritrovare le persone appena incontrate. Io le dico che esiste già: è Happn, la app che consente di ritrovare le persone appena incrociate. A New York la usano tutti. Tutti tranne me.
Questo è un problema per la mia vita sociale e sentimentale oltreoceano, ma il fatto che la mia amica non abbia idea di cosa sia Happn e conosca solo per sentito dire Tinder, la più famosa app di dating che consente di trovare persone nei dintorni, mi ha dato un senso di speranza per il vecchio mondo. Forse qui non è tutto perso!
Odio Tinder e ogni altra app di dating, solo che sembra io sia l’ultimo essere vivente di New York che la pensa così. Ci sono decine di app per trovare partner. Decine: da Hot or Not che è una sorta di Postalmarket (ve lo ricordate?) dei potenziali partner che possono essere catalogati come figurine in base al loro aspetto fisico a vere e proprie agenzie matrimoniali 2.0 tipo Meetic e Ok Cupid che, attraverso una serie di questionari, promettono di mettere in contatto solo persone estremamente compatibili. Queste ultime hanno un successone tra i bankers e gli altri frequentatori di Wall Street che non possono permettersi di perdere tempo e denaro offrendoti un drink e facendo due chiacchiere vecchio stile per poi magari scoprire che tu ami passare i weekend sciando, mentre loro preferiscono le immersioni. E’ una questione di economia. Che senso ha perdere tempo ed energie a conversare amabilmente con una sconosciuta, per poi scoprire in un secondo momento che questa ha un gatto e tu sei allergico? Meglio mettere le cose in chiaro da subito.
Insomma, è un modo come un altro per organizzare una coppia a tavolino. Non c’è il tempo (o non c’è la voglia?) di conoscere davvero qualcuno e allora si fa una preselezione mirata. Io lo trovo molto triste, sapete perché? Sarò l’ultima romantica, ma sono convinta che l’amore vero non si basi su degli algoritmi. Penso che sia qualcosa di sorprendente e imprevedibile e sono convinta che se lo meritino solo quelli che hanno voglia di rischiare, di mettersi in gioco, di scoprirsi davvero, andando oltre i filtri di Instagram, oltre Photoshop e oltre ogni maschera sociale. Per tutti gli altri c’è Tinder.
Tenetevi le app di dating, io voglio ricevere dei fiori. Non voglio like, non voglio cuoricini, non voglio swipe a destra, voglio proprio delle rose, magari quelle profumatissime un po’ gialle e un po’ rosa. Voglio dei fiori che siano pensati apposta per me. Li voglio perché ho un padre che me li ha sempre regalati. Li voglio perché ho avuto un ragazzo che faceva piovere girasoli ovunque io passassi. Li voglio perché ho avuto la fortuna di conoscere uomini veri, uomini dolci, forti e coraggiosi. Voglio emozioni vere perché le ho vissute, me le ricordo ancora benissimo e so distinguerle benissimo dalla paccottiglia da social network. Qualcuno ha scritto poesie per me. Qualcuno ha scritto canzoni per me. Qualcuno mi ha fatto sorprese da lacrime vere. Per questo non posso accontentarmi di una chat.
Se per te sono davvero importante prendi su, vieni ovunque io mi trovi e me lo dici guardandomi negli occhi, anzi probabilmente non avrai nemmeno bisogno di parlare, basterà uno sguardo.
Non mi accontento di uno che mi corteggia con un link di Youtube a una vecchia canzone di Charles Aznavuor da ascoltare dal minuto 1:20. Gli uomini che piacciono a me ti portano a vederlo di persona Charles Aznavour o te lo cantano. Gli uomini che piacciono a me non sono perfetti, ma sono veri.
E’ proprio questo il punto: attraverso Tinder e simili si finisce per andare alla ricerca della perfezione. E’ come essere in un vastissimo supermercato in cui non ci si accontenta mai perché ci sarà sempre una con il sorriso più brillante o con le tette più grandi. Così, cercando la perfezione, si assume un atteggiamento sempre più superficiale e ci si dimentica che si ha a che fare con persone e non con cose. Persone vere con quei difetti che visti in foto, superficialmente, magari non inducono a uno swipe a destra (Tinder per chiunque non lo sapesse funziona così: se la persona ti piace, o meglio, ti ispira in base ai pochi elementi non di realtà che hai a disposizione, allora scorri l’immagine a destra. E’ un meccanismo discutibilissimo ai miei occhi, forse anche perché sono mancina e tutto per me funziona al contrario), insomma, quello che voglio dire è che nella vita vera, milioni di volte ho trovato adorabili quei piccoli dettagli che rendono una persona unica e insostituibile tipo una piccola fessura tra i denti o una cicatrice. I dettagli, insomma che a me fanno innamorare, non sono da swipe a destra o da grande successone di like.
Insomma, tenetevi Tinder, io voglio la vita vera! Non posso provare davvero interesse per una persona fino a quando non sento l’odore della sua pelle, sono fatta così.
Detto questo, so che Tinder ormai è diffusissima anche in Italia e che ci sono addirittura famiglie nate grazie a questa app. Non metto in dubbio che possano essere amori veri e profondissimi. Mi piace, però, pensare che sia un modo come un altro per conoscersi, non l’unico in assoluto e soprattutto non è un modo che fa per me.
Questo, lo ripeto, a New York è un problema perché sembra che nessuno sia fuori dal circuito delle app di dating. Poi, per carità, la maggior parte delle persone, dice di farlo per gioco, io però continuo a ricevere molti like sui social network e neanche un mazzo di fiori.