C’è questo mio amico che è molto appassionato di New York e che appena ha un po’ di tempo libero e qualche risparmio da parte, viene qui per almeno una settimana. E’ venuto l’anno scorso esattamente in questo periodo, quando io ero appena arrivata e cercavo di capire come e se sarei potuta restare. Ero così presa dalle preoccupazioni che riguardavano il permesso e le mille burocrazie che non avevo ancora avuto il tempo di godermi a fondo la City e di conoscerla bene. Il mio amico, invece, essendo venuto tante volte era davvero esperto e pur essendo in visita per poco mi ha fatto da guida e mi ha insegnato tanti posti e spiegato molte cose.
Ora che è tornato e giriamo la città nuovamente insieme, a un anno esatto di distanza dalla prima volta, mi viene più facile fare un bilancio sulla mia esperienza a New York, vedendomi attraverso i suoi occhi. Gli occhi di una persona che mi ha vista insicura, titubante e disorientata e che ora invece mi segue con fiducia come se detenessi “la scienza” di New York. Curiosità e ostinazione mi hanno portata a conoscere piuttosto bene la città, ma non è tutto qui. Sono proprio cambiata e ne sono consapevole. “Sei cambiata”, me lo dice il mio amico, me lo dicono un po’ tutti da quando sono qui a New York. Sono cambiata sì, ma in cosa esattamente?
Ecco il bilancio fatto dopo una settimana con il mio amico degli aspetti del mio carattere che sono cambiati.
Il senso delle distanze
Me ne sono accorta quando mi sono ritrovata a dire al mio amico cose come: “Orchard Beach non è lontana! Basta prendere il 6 fino a Pelham Bay Park (ovvero 45 minuti buoni di metro partendo da Astor Place) e poi prendere l’autobus per la spiaggia”. Ho visto il mio amico sbiancare e subito dopo esclamare: “Laura, sei cambiata!”. Sì, parecchio. Fino a poco tempo fa non avrei nemmeno pensato di intraprendere certi “viaggi”. Ero decisamente più pigra e New York mi ha dato una bella scossa. Mi muovo di più e ho parecchio alzato l’asticella del mio concetto di “distante”, “lontano” e “impossibile”. Fino a un po’ di tempo fa valutavo impossibili un sacco di cose che invece di fatto sono possibilissime.
Il senso del pericolo
Questo mi è successo con un’amica. Eravamo a uno di quei deli aperti 24 ore su 24 ed era notte. La mia amica vede uno che ruba qualcosa e mi dice che dovremmo dirlo al proprietario, io mollo tutti gli acquisti lì, prendo la mia amica e non faccio in tempo a dirle: “No, noi ora usciamo immediatamente di qui” che siamo già fuori. Non è che io sia diventata menefreghista, né che abbia improvvisamente perso il senso civico, ma avete presente quanto facilmente si può comprare una pistola negli Stati Uniti e quanto è probabile assistere a una sparatoria per pochi dollari e magari restarci secchi per caso? No, grazie, non ci tengo! E dire che fino a pochi mesi fa ero talmente naive e distratta, ma soprattutto spericolata. Ora invece sto molto attenta a tutti i pericoli della City, botole dei locali comprese (sì, il rischio di cadere in una di quelle botole insensatamente aperte rimane uno dei più insidiosi di New York per me).
Il senso dell’igiene
Che a New York ci si debba un po’ adattare da questo punto di vista non è certo una novità. I bidet come in tanti altri paesi che non sono l’Italia non esistono (e questo mi fa sviluppare un fortissimo patriottismo), i saponi intimi sono qualcosa di rarissimo, la lavatrice in casa è un lusso e tante, tantissime cose che avrete sentito ripetere milioni di volte. Eppure il momento in cui ho realizzato che il mio senso dell’igiene era davvero stato stravolto è stato quando mi è caduto il fermaglio con cui mi stavo legando i capelli. Non mi è caduto in un posto qualsiasi, ma a Tompkins Square Park che certo, non sarà più quel coacervo di tossici che era fino agli anni Novanta, ma vi assicuro che è tutto tranne che pulito. E’ un posto pieno di polvere in cui i topi sono più degli scoiattoli. Lì, appunto mi è caduto il fermaglio e io senza battere ciglio l’ho raccolto e me lo sono rimesso in testa provocando un bel: “Laura sei cambiata” da parte del mio amico che ricorda bene quanto fossi schizzinosa fino a poco tempo fa.
Il senso del freddo e del caldo
Entro ed esco dalla metropolitana e dai locali con un’escursione termica di venti gradi e più senza battere ciglio. Fuori è estate e fa un caldo da sciogliersi, nei posti chiusi ci sono temperature da frigorifero e io ormai neanche ci faccio più caso, restandomene stoica in canottierina con i sandali ai piedi mentre il mio amico battendo i denti esclama:”Laura, sei cambiata!”.
Il senso dello stile

Questo è il vero emblema del mio cambiamento. Ho sempre fermamente sostenuto che indossare le infradito di plastica in città fosse veramente fuori luogo, insensato e contro ogni senso estetico, tanto che quando l’anno scorso il mio amico si è presentato con le Havaianas per fare il giro di Soho e Tribeca l’ho guardato con orrore e ho esclamato: ”Ma sei fuori?!”. Quest’anno è successo il contrario. Ci siamo incontrati per esplorare Harlem insieme e il mio amico, con uno sguardo estremamente perplesso, mi ha detto: ”Laura, non è che sei cambiata: sei letteralmente impazzita!”. Ebbene sì, avevo le Havaianas ai piedi e non c’entravano assolutamente niente con il resto del mio outfit. Sono stata totalmente contagiata dallo spirito “who cares?!” che pervade il senso dello stile di chi vive a New York e sinceramente mi sembra di vivere molto meglio.
Il senso della meraviglia

C’è una cosa però che credo di non avere perso e me ne vanto: è il senso della meraviglia. A volte mi succede di parlare con persone che sono qui da un po’ e che fanno i cinici in maniera eccessiva, sembra che niente più li sorprenda, sembra che niente sia in grado di entusiasmarli. Non voglio mai e poi mai trasformarmi in una persona del genere. Non voglio lasciare che il fatto di trovarmi in una città in cui tutto è possibile, mi condizioni facendomi dare per scontato quello che non lo è affatto. Non voglio smettere mai di urlare di gioia di fronte a cose come la Mermaid Parade. Non voglio mai essere uno di quei passeggeri che di fronte alle acrobazie di qualche ragazzino in metropolitana abbassa lo sguardo, preoccupandosi magari di non essere colpito. Voglio continuare a vivere con ammirazione e senso della meraviglia qualsiasi cosa questa città mi faccia succedere e per ora ci sto riuscendo. Non sono soltanto molto fortunata, mi ci sento anche, quindi, in fondo, lo sono di più.