La notte riserva sempre delle emozioni, l’oscurità cela i lineamenti, nasconde le imperfezioni del volto, rende tutto molto affascinante, descrive uno stato d’animo con la forza dell’immaginazione. La notte è anche un luogo di attesa , il giorno, prima o poi, arriva sempre con la sua luce abbagliante a riportare tutto nei canoni reali. La luce abbacinante del Sole non lascia spazio all’immaginazione e svela palesemente ogni dettaglio, ci riporta drammaticamente alla realtà dopo un sogno durato, appunto, l’arco di una notte.
Quella notte di Bordeaux, nella Francia del Sud-Ovest in cui l’Italia e la Germania si sono affrontate per la qualificazione ai quarti di finale di Euro 2016. La notte dove la Germania, per la prima volta nella storia, ci ha eliminati da una competizione ufficiale. La notte in cui l’Italia di Conte ha deposto le armi e le ha cedute al teutonico nemico dopo 60 anni di scontri sempre vittoriosi e mai sconfitti. La notte dove l’Italia ha ritrovato Antonio Conte e lo ha acclamato come un eroe proprio nell’ultima gara da allenatore della Nazionale.
Le stelle della notte di Bordeaux non hanno mai brillato così a lungo nella notte calda ed impenetrabile di questo angolo di Francia sorniona e distratta. La notte in cui l’Italia ha perso contro la Germania soltanto dopo una maratona epica ed interminabile di 18 tiri dagli 11 metri. Il giorno insegue i sogni e li fa a pezzi, li distrugge sotto una pressa fatta di luce intollerabile e di calore insopportabile. Li mastica e li digerisce con avidità lasciandoci soltanto i brandelli di un illusione, i contorni sfumati di un miraggio, un anelito di speranza. Il fulgore del Sole di primo mattino ci stordisce e ci riporta drammaticamente alla notte precedente in cui l’Italia è stata sconfitta. Ma questa squadra non ha davvero perso. Non si è mai piegata alla Germania, non è mai stata soggiogata, ne annientata e neppure umiliata. Questa Italia ha tenuto il passo dei Campioni del Mondo. Li ha costretti ad una gara durata 120 minuti e 18 rigori. Questa Italia ha visto le orde barbariche infrangersi colpo dopo colpo contro al difesa più organizzata e tenace del pianeta. Li ha visti in affanno contro un centrocampo solido e compatto che chiudeva ogni pertugio utile. Questa Italia ha fatto rabbrividire i suoi avversari ed ha fatto provare un brivido a milioni di tifosi sparsi per il mondo.
La Nazionale di Conte non è stata sconfitta a Bordeaux, è solo stata eliminata, ma non è stata superata. Il suo Europeo finisce qui dopo aver subito solo due reti, ma non ha perso contro la Germania. Ed a Berlino dovranno riprovarci ancora prima di affermare di aver sconfitto l’Italia, perché questo non è avvenuto. A Bordeaux la Germania ha eliminato l’Italia senza averla piegata, senza mai essere stata superiore agli Azzurri, senza aver mai creato apprensione nella difesa fantastica e generosa , senza aver mai avuto ragione di un centrocampo con un milione di assenti eppure commovente nella sua grandezza d’animo. Un Italia che ha avuto due attaccanti capaci di mettere sempre in ansia il bravissimo Neuer. Una squadra che non ha mai smesso di regalarci emozioni, una Nazionale che ieri, a Bordeaux è stata eliminata ma non ha perso.
Non un passo indietro

Raccontare di cronaca calcistica è mera soddisfazione da giornalista, tessere le lodi o le sciagure non è pane quotidiano. Le gesta epiche di una partita memorabile restano intatte, lo spirito degli uomini dell’Azteca in quella semifinale del 1970 è ad imperitura memoria e nulla, nemmeno la gara di ieri, sarebbe in grado di tramutare emozioni barattandole con una sconfitta. Non possiamo descrivere una iperbole transitoria come fosse un legge fisica. Non racconteremo di comete volubili al cospetto della partita del Secolo, o meglio “El Partido del Siglo”. Cosa potremmo mai raccontare di una partita di calcio, e cosa mai potremmo raccontare ai posteri della gara di Bordeaux? Solo una cosa, che l’Italia ha mantenuto alto il suo valore e che la gloria calcistica esiste ancora.
Possiamo tralasciare la cronaca e soffermarci sulla narrativa. A pochi interessa che Ozil, turco naturalizzato tedesco ha messo a segno il suo colpo vincente dopo 65 minuti di non – gioco. Oppure che lo scalmanato Boateng si è avvalso della facoltà di non rispondere quando qualcuno gli ha chiesto il motivo della sconsiderata apertura alare che incocciando contro la sfera in piena area ne ha decretato il calcio di rigore messo a segno da Bonucci per l’uno a uno finale. Possiamo favoleggiare di un incommensurabile Gigi Buffon che ha sbarrato la porta dell’Italia ad un colpo di tacco del vetusto ed irriverente Mario Gomez, compiendo di fatto la parata più importante e più difficile di tutta la sua carriera. A chi potrebbe interessare che in 30 minuti supplementari non è stato concesso ai tedeschi nemmeno mezzo metro di campo. Che Florenzi è stato sostituito perchè dopo 100 km di corsa estenuante anche i suoi polmoni sono andati in ferie. Chi vorrebbe mai che qualche giornalista da quattro soldi gli parlasse di come dopo 18 rigori, alcuni tirati magistralmente, altri calciati in modo così goffo da far impazzire Conte tanto da fargli meditare sugli anni di carcere che avrebbe preso per aver ucciso un suo giocatore, la Nazionale è uscita a testa alta da Bordeaux? Tutto questo è semplicemente evitabile. Oppure trascurabile.
La cronaca espone i fatti in modo cronologico, la gloria esiste per l’eternità. Parlare di moduli e ti tattiche non solo produce ben poco ma è anche un cattivo esempio, infatti la sfida tra Italia e Germania non si può ridurre ad un semplice racconto cronistorico, è una esecrazione virulenta che ci attanaglia da 60 anni. Le linee del campo sono trincee, le bandierine del corner sono delimitazioni del campo di battaglia, il terreno di gioco rappresenta uno scenario di guerra, il pallone è l’oggetto della pugna, le porte sono obiettivi da conquistare, i minuti che passano sono ansie mitologiche. Questa è Italia Germania, questo è il verbo su cui poggiare i nostri racconti, e sarà sempre così dalla notte di Città del Messico, dalla notte dell’Azteca, dalla breccia temporale che ci riporta indietro fino al 1970. Dal gol di Rivera che ancora oggi accappona la pelle e ci rende fieri di essere italiani. Dalla disperazione dei germanici a terra tra le lacrime che ci strappa ancora un sorriso e ci fa piombare imperituri in uno stato di indicibile gioia. Tutto il resto non conta. Quello che conta è che i tedeschi, nemmeno ieri nella notte di Bordeaux, sono riusciti a piegarci. Il paradiso può attendere, la Gloria ci arride ancora. Riprovateci pure, magari tra qualche anno, perchè questa gara non sarà mai una partita qualsiasi, sarà sempre e comunque Italia – Germania. E noi saremo sempre la vostra nemesi. Auf-Wiedersen
Le pagelle del Pallone di Cristallo
Gigi Buffon senza voto: Non esiste in matematica una valutazione da assegnare al nostro capitano. La parata su Gomez è la più straordinaria che Gigi abbia mai fatto. Lui è un mito, ed il Mito non si può catalogare in valutazioni da scribacchini.
Alessandro Florenzi 7: Salva di tacco su tiro a colpo sicuro di Muller dopo un suo errore. Temeva l’Ira di Conte ed ha salvato a modo suo la porta della Nazionale. Monumentale
Matteo Darmian 6,5: sbaglia il rigore decisivo ma in campo lotta come un leone. Astuto
Andrea Barzagli 7: Emerge dalle difficoltà inflitte dai campioni del Mondo con calma e destrezza. Solido ed impeccabile non regala mai nulla. Granitico
Leonardo Bonucci 8: Guida la difesa e l’Italia alla riscossa con un tiro dagli undici metri che è un capolavoro per il pareggio finale. assobe i colpi dei tedeschi con robusta classe e senza mai barcollare. Imperioso
Giorgio Chiellini 8: Nel buono , brutto e cattivo del maestro del cinema Sergio Leone lui potrebbe interpretare tutti e tre i ruoli. Baluardo a difesa del prestigio nazionale. Eroico
Mattia De Sciglio 8: Un ragazzo con una personalità da grande vecchio. Spinge e copre con una intensità da centometrista come un elastico senza fine. Atletico
Stefano Sturaro 6,5: Non ha lo spunto della punta e nemmeno quello del 10. Ma sa farsi valere quanto gli altri , migliora coin il passare dei minuti. Esponenziale.
Marco Parolo 8: Alla fine i kilometri saranno 13 e mezzo… una gazzella per grazie e per eleganza che fa ammattire Muller . Irragiungibile
Emanuele Giaccherini 7: non proprio altissimo , lotta alla pari con Scweinsteiger, e si capisce subito di che pasta è fatto. Gigantesco
Eder 8: Si danna come un forsennato agitando e mescolando il Martini in faccia ai nerboruti difensori tedeschi. Sublime
Graziano Pellè 7: l’unico rimpianto è il rigore sbagliato. Il resto è accademia, dedizione e dovere sopra ogni cosa. Statuario
Allenatore Antonio Conte 10: Il suo è un arrivederci e non un addio. Ha saputo infondere l’anima a questa Nazionale, che ora ha un cuore che batte sotto la maglia Azzurra. Ed è il suo.