Il momento era atteso da un paio di mesi. Dopo il campionato ed i suoi strascichi, dopo le delusioni delle squadre di club in Europa sempre troppo tenere al cospetto delle rivali in una sorta di atavica sottomissione, una eterna sudditanza psicologica che attanaglia le squadre italiane quando sono costrette ad affrontare le temibili armate oltre confine. Nonostante i dolori degli ultimi anni, dopo i Mondiali e gli europei falliti con demerito, in questo scenario distratto e consapevole delle proprie debolezze l’esordio della Nazionale era desiderato, voluto, a tratti vagheggiato ma il tutto pensato e realizzato con estrema circospezione.
I dubbi assalivano gli addetti ai lavori, gli autisti degli autobus e le persone alla fermata. I professionisti del pallone e quelli della risata. I soloni ed i loro delatori. Tutti in Italia come sappiamo si aspettano qualcosa, la partita della Nazionale in questa visione prospettica genera sempre una sorta di inquietudine, di fiducia mal riposta, di apprensione. L’attesa per le partite della Nazionale non è mai causa di disinteresse o di indifferenza. Questo Antonio Conte lo sapeva bene. Le pressioni esterne avvolgono sempre il gruppo Azzurro fino a stritolarlo sotto un mare di critiche, di accuse, di denunce che rasentano la querela. Di tutto questo il tecnico azzurro ne era perfettamente a conoscenza. Ed ha predisposto la sua trappola statica.
La beffa della profezia
L’esordio a questi Europei di Francia era di quelli che non ti lasciano scampo. La nostra avversaria del girone, il Belgio, è secondo il Ranking FIFA la seconda squadra più forte del mondo. Secondo le astrusità della Federazione più corrotta del mondo, il Belgio si pone subito dietro l’Argentina, prima assoluta. La Germania, vincitrice a pieno titolo del Mondiale in Brasile è solo quarta ed il Brasile, deputato a ben più nobili collocazioni è appena settimo. E l’Italia? Dopo i Mondiali di calcio e le disfatte recenti la nostra nazionale era scivolata al 15 posto.

Qualcosa accade nella mente e nell’animo delle italiche genti quando si sentono offese e ripudiate nella loro accezione più simbolica e rappresentativa. Il gioco del calcio. E nella testa di Antonio Conte deve essersi scatenato qualcosa di magico, di terribile ma nello stesso tempo qualcosa di attraente. Una sfida affascinante portata avanti con la consapevolezza del condottiero, del capo che guida un esercito costituito da armate mal assortite ma determinate. Di soldati di ventura che abbandonano per un attimo la sete del vile denaro per abbracciare una fede asservita alla causa comune, folgorati nel viaggio verso Damasco, o meglio …verso Lione.
Lione, Francia 13 Giugno2016: Belgio – Italia
Le lezioni non si danno, si prendono. Un vecchio adagio che si adatta perfettamente alle circostanze. Restava da vedere chi avrebbe preso la lezione. E chi avrebbe dettato le regole del gioco.
Gli azzurri in piena emergenza a centrocampo si presentano allo scenario europeo con il modulo completamente nuovo ed il trucco pesantemente rifatto. Tre nazionali differenti adattabili e smontabili a piacimento. Difesa solida e granitica, con il blocco tutto bianconero Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini. Centrocampo a cinque con De Rossi, Giaccherini e Parolo al centro, esterni Candreva e Darmian. Pellè ed Eder di punta, Conte gioca da dodicesimo, ha una parte attiva nel ruolo degli Azzurri, praticamente è in campo assieme ai suoi giocatori.

Alle 21 il fischio di inizio mette subito i brividi. Lo stadio è gremito di folla, eterogenea e compatta. La maggioranza è belga supportata dalle schiere neutre francesi, che per una volta hanno deciso di turarsi il naso e tifare per il Belgio, loro eterni rivali. Ma si sa, remare contro l’Italia per i francesi è ormai diventato uno sport nazionale oltre che un dovere.
Dopo un inizio di studio, il Belgio parte subito all’attacco rivelando qual è il vero volto dell’Italia: una squadra che cambia faccia e pelle adattandosi agli avversari. Un camaleonte che per sopravvivere cambia il colore della pelle. Attacca il Belgio e gli azzurri si chiudono dietro una cortina bassa fatta di tre uomini in difesa, i cinque allineati alla tre quarti ed i due attaccanti di ripiego sulla linea di centrocampo per poi ripartire velocemente ed assumere il modulo distensivo dell’offesa. Si gioca anche per fare male, non solo per difendersi.
L’Italia impone il suo gioco e le sue radici, il contropiede è sempre stata la sua arma migliore, come la “Ginga” del Brasile. “Giocare a calcio è semplice, ma giocare in modo semplice è difficilissimo” così disse uno dei più grandi del calcio: Johann Cruyff. E L’Italia nel modo più semplificato possibile passa in vantaggio. Lungo lancio di Bonucci che scavalca di 43 metri le linee del Belgio, un difensore prova ad intervenire di testa ma non ci arriva per un centimetro. La palla termina a Giaccherini che era scattato in profondità intuendo il varco tra la difesa ospite. Palla controllata con il sinistro, mezzo giro e piroetta con il destro e palla nell’angolo alla sinistra del bravissimo Courtois. Sfera che gonfia la rete ed il petto degli italiani. L’esultanza è da capogiro, si abbracciano tutti e la foga costa un labbro a Conte che fa a testate con Zaza, di una spanna più alto del tecnico.
Uno a zero e palla al centro. La gara sembra un terminale elettrico con la spina inserita proprio al centro della panchina azzurra. Ogni volta che il Belgio attacca e ci prova, Conte si anima di vita soprannaturale, si contorce e si dimena per poi calmarsi quando il pallino torna azzurro. Un elastico insofferente, un bioritmo coinvolgente e letale per le coronarie del coach azzurro.

La gara è vibrante. La ripresa si apre con il Belgio che vuole crederci. Cambia modulo ma nulla accade. Le incursioni dei “diavoli rossi” sono assorbite al meglio dalla difesa e dal centrocampo azzurro. Le tensioni sono palpabili. Sappiamo soffrire e ripartire. La gara si svolge e rotola verso la fine , diventando un match di autentica passione. L’Italia sfiora il raddoppio in appena due minuti, Conte si mangia quel poco che resta delle sue mani, e Wilmot, la sua controparte belga, tenta il tutto per tutto: Fuori Nainggolan e dentro Mertens. Ora giocano con il 2-4-4. Gli attacchi sono insistenti ma inefficaci. Un sussulto quando Lukaku manda alto al cospetto del capitano Buffon, ultimo baluardo difensivo. Poi Pellè chiude i conti: Candreva imbeccato perfettamente in area stoppa la sfera, si ferma, alza la testa ed osserva al centro Immobile, appena entrato, e Pellè. Scodella un pallone liftato ed irresistibile per il collo pieno del giocatore del Southampton. Tiro al volo deciso che infilza la difesa arrancante e sprovveduta dei belgi ormai votati all’attacco. Palla in rete . Due a zero e gara praticamente conclusa.
La notte ci sorprende in piena meditazione mista alla gioia. Lo stupore di avere a che fare con una Nazionale risorta proprio contro i numeri uno d’Europa ci avviluppa in sensazioni positive e confortanti. Conte ferito ma ebbro di gioia si accasa verso lidi più chiari. Ora ha in mente la sua nazionale. Noi potevamo solo scoprire oggi quello che Conte aveva in mente da mesi. Una bellissima scoperta, un messaggio per i posteri. Aspettando la prossima sfida, il 17 contro la Svezia.
Circondato da Palmizi e sabbia del mare adriatico mi assale un dubbio amletico, un dualismo che porta allo sconcerto più totale… E se stavolta il Ranking FIFA dovessimo scriverlo noi?