La prima definizione su Google Translate per la parola italiana “compromesso” è “compromise”. La seconda definizione è “preliminary agreement” (accordo preliminare). Il significato del termine è quindi da collocare tra un compromesso e una promessa… un equilibrio interessante e anche un bel rompicapo quando si impara una nuova lingua. Quando io e mio marito Jesse abbiamo scelto la casa che volevamo comprare nelle Marche, è iniziato un lungo iter per giungere a un compromesso, il documento giuridicamente vincolante con il quale tutte le numerose parti coinvolte concordano un prezzo, una parcella di terreno precisamente delineata, l’accesso a tale proprietà e il trasferimento di fondi. Per fortuna, Jesse conserva tutte le e-mail che raccontano le avventure, a volte snervanti, di noi stranieri neofiti alle prese con l’acquisto di una proprietà all’estero. Ecco com’è andata.
Prima di entrare nel vivo del processo, sulla base delle nostre esperienze con un’altra casa a cui eravamo interessati, ecco sorgere una serie di domande apparentemente ovvie. In poche parole: la casa era veramente in vendita? Avevamo appena saputo che, secondo le leggi sulla successione del diritto italiano, la proprietà viene divisa in parti uguali tra gli eredi senza discriminazione(ringraziamo gli italiani) tra eredi di sesso femminile e maschile. Quindi, se il nonno muore, la sua proprietà è divisa equamente tra le sue figlie e i suoi figli. Se questi hanno discendenti, poi, c’è tutta una serie di altri cugini coinvolti nella questione. Nell’elenco erano cinque i proprietari della casa che volevamo comprare. Abbiamo dovuto scoprire se ci fossero eredi nascosti che avrebbero potuto causare problemi lungo il percorso, indipendentemente dal fatto che i cinque proprietari avessero accettato tutti o meno di vendere la proprietà, e se tutte le loro identità fossero state registrate correttamente al Comune.
Corinna e James, i due inglesi che rappresentavano i proprietari nella vendita della casa, sono diventati anche i nostri rappresentanti e, ci hanno ben istruito sui passi da seguire, spiegandoci di tutto e spingendoci gentilmente a portare avanti l’intero procedimento. Corinna è andata immediatamente al Comune per vedere se anche i figli di uno dei proprietari fossero in possesso del titolo di proprietà e se i loro nomi dovessero quindi essere aggiunti nel contratto. Jesse ha immediatamente contattato un avvocato, dopo aver trovato il suo biglietto da visita in una delle agenzie immobiliari con cui avremmo lavorato. Jesse aveva subito ingaggiato anche gli ingegneri Pasquale e sua sorella Serenella per fare una stima dei costi, in modo da rendere presentabile la rovina prima di fare la nostra offerta. In breve tempo, il nostro personale di terra si era riunito.
Tre settimane più tardi, i nostri ingegneri avevano fatto una stima dei costi abbastanza conveniente per ricostruire la casa e così abbiamo deciso di fare un’offerta ai proprietari. Corinna ci ha avvertito che con le foto della proprietà sul suo sito web, qualsiasi agente immobiliare avrebbe potuto decidere di mettere in vendita la casa, trovare altri acquirenti alla ricerca in quei mesi primaverili, e fare un’offerta più alta. Così all’improvviso eravamo sotto pressione e dovevamo muoverci in fretta. Muoverci in fretta? Da stranieri che cercano di acquistare un immobile all’estero? In Italia? Davvero? Ah, e comunque, ecco la mappatura iniziale della proprietà in vendita e dei lotti circostanti.
Semplice, no? Ognuno dei cinque proprietari possedeva appezzamenti di terra, come evidenziato in questa mappa, e tutti i loro lotti erano adiacenti alla proprietà che volevamo comprare. Non volevamo così tanta terra, perché sapevamo bene del lavoro necessario per prendersene cura. Ma Pasquale aveva sottolineato che qualche modifica per allargare i confini era necessaria per darci uno spazio adeguato per la trincea drenante della fossa settica. Inoltre, volevamo costruire una piscina, non solo per il nostro uso personale, ma anche per aggiungere valore alla casa, se mai avessimo deciso di venderla. In fondo c’era anche un grazioso porcile che abbiamo pensato di includere nell’acquisto per trasformarlo un giorno in un deposito o uno studio di ceramica e, cosa ancora più importante, per evitare che qualche altro acquirente potesse trasformarlo in qualcosa di orribile. Sembrava quindi che ciascuno dei cinque proprietari avrebbe dovuto spianare un po’ di terra per rendere la nostra proprietà un valido acquisto.
Si è aggiunto poi Marcello, l’amichevole geometra locale che Jesse aveva incontrato durante il suo ultimo viaggio. Data la piccola dimensione della città, non ci ha sorpreso scoprire che il geometra fosse legato alla famiglia Pascucci, ovvero i proprietari/venditori della tenuta. A Marcello è stato affidato il compito di ridisegnare la mappatura della proprietà, al fine di ottenere l’approvazione di tutti i membri della famiglia e di depositare le nuove mappe al Comune. Quando abbiamo sentito le sue tariffe per il lavoro ci è preso un colpo, ma da più fonti ci è stato detto che quello era il costo e che Marcello era la persona migliore per il lavoro, dato il suo rapporto con la famiglia. E infatti si è dimostrato indispensabile, anche nell’andare a trovare le “vecchie signore di Macerata”, ovvero due dei cinque proprietari, e nel convincerle del fatto che spianare dei metri quadrati del loro terreno sarebbe risultato un buon investimento quando sarebbero riuscite a vendere alla cifra richiesta.
Non posso non ricordare quanto siamo stati fortunati ad avere Pasquale come membro del nostro team fin dalle origini di questa idea (e fino alla lista definitiva di cose da fare e alla manutenzione della casa). È stato lui ad accorgersi che la terra presentata per la vendita era troppo piccola perché la fossa settica funzionasse correttamente. È stato in grado di adattare le modifiche ai nostri confini tenendo conto delle esigenze degli agricoltori locali di accedere ai campi che ci circondavano e anche grazie ai suoi legami con gran parte del paese. Come ingegnere, Pasquale e il suo partner, la sorella Serenella, hanno creato un progetto per la nostra casa che rispettasse sia le tradizioni delle vecchie case coloniche che le nostre esigenze, e privilegiando cose come il mantenere l’acqua distante dalla casa, l’efficienza energetica e la solidità strutturale, rispetto alle grandi vetrate per valorizzare la vista. Saremo loro eternamente grati per le loro intuizioni, l’integrità e capacità di risolvere i problemi in modo creativo.
I confini dovevano essere ridisegnati. L’intero team, tra cui Ippolito Pascucci, il principale proprietario della terra che sarebbe diventato il nostro caro vicino, è andato sul luogo e ha affondato i paletti nel terreno per delimitare i confini definitivi. Le mappe sono state cambiate, discusse, negoziate, ridisegnate e depositate di nuovo. Tra continui vai e vieni, scambi e ripensamenti, ci preoccupava che i nostri interessi non fossero in cima alle preoccupazioni degli altri; e poi ci ritrovavamo a Brooklyn, con un senso di impotenza e inutilità, senza poter fare altro che riporre la nostra più totale fiducia nelle mani di persone che a malapena conoscevamo.
Alla fine di aprile, il nostro avvocato Mario ha elaborato il compromesso che doveva essere tradotto: secondo la legge italiana, non avremmo potuto firmare un documento legale fin quando non fossero stati tutti sicuri che avessimo capito ciò che stavamo firmando. Intanto il tempo scorreva e abbiamo appreso che il compromesso poteva essere firmato solo se le ricerche per le quote di proprietà degli ultimi quarant’anni potevano essere confermate dall’ufficio delle imposte. A metà maggio il compromesso non era ancora stato firmato, in attesa di informazioni mancanti. Jesse era pronto per l’acquisto di un biglietto aereo per la metà di giugno per firmare il rogito, ovvero il contratto formale. Se il compromesso non veniva firmato al più presto, il rogito non sarebbe stato pronto per giugno. Il 17 maggio il compromesso risultava eseguito da Mario come nostro delegato e Jesse poté finalmente confermare il suo volo per la firma finale del rogito.
Immaginate una semplice sala riunioni in un edificio moderno a Macerata: niente affreschi alle pareti, niente camini medievali, nessuna sedia con braccioli in legno simili a un trono, come si potrebbe immaginare un ufficio in Italia. Era una giornata calda di giugno e Jesse incontrava per la prima volta i Pascucci, ovvero i proprietari delle parcelle agricole e della costruzione che stavamo per comprare. Gli altri presenti nella stanza erano Marcello, il geometra che aveva disegnato tutte le mappe e parlato con le vecchiette di Macerata; Mario, il nostro avvocato che avremmo incontrato per caso durante una visita a New York in cui lo abbiamo portato a pranzo all’Oyster Bar a Grand Central Terminal; Corinna, che da gennaio lavorava per arrivare a questo giorno; e una splendida giovane notaia con tacco 12, jeans stretti e capelli castani lucidi fino alla vita. È compito del notaio assicurare la legalità del lavoro di ufficio che permette il trasferimento dei beni e registrare la documentazione di tali operazioni con gli enti governativi competenti. In realtà questa posizione non esiste negli Stati Uniti: i notai americani verificano principalmente le firme sui documenti ufficiali e si assicurano che i firmatari abbiano capito ciò che hanno appena firmato. In Italia, i notai confermano anche l’identità effettiva delle parti e classificano i titoli di proprietà con il governo locale in modo che diventino parte della documentazione pubblica, più che calcolare, raccogliere e pagare le tasse di proprietà. Sono importanti e intimidatori.
Documenti firmati, stretta di mano, assegni scritti, foto scattate. Jesse ha chiesto a Umberto, figlio di Ippolito e unico membro presente della famiglia Pascucci sotto i cinquant’anni, informazioni circa la storia della casa. Umberto, che sarebbe diventato un grande amico e vicino di casa, ha spiegato che questo tipo di informazioni sono spesso difficili da ottenere e comprendere dalle famiglie italiane, ma ha promesso che lui stesso si sarebbe preso la briga di andare alla casa quel pomeriggio per raccontar la storia a Jesse. La casa ora era nostra. Jesse aveva preso in prestito un’ascia dall’agriturismo dove soggiornavamo e era subito messo al lavoro nella sua nuova casa (è veramente un sogno che si realizza) per fare a pezzi un vitigno che stava soffocando la nostra enorme quercia. La quercia alla fine si sarebbe ripresa dalla morsa della vite e dall’insulto di essere stata circondata per due intere estati da gru, camion, calce e materiali da costruzione. È l’albero sotto il quale pranzeremo ogni giorno in cui il tempo lo permetterà, per molti anni a venire.