Come ogni anno, la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone ha organizzato una serie di eventi per ricordare la strage di Capaci del 23 Maggio 1992. Ma quest'anno c'è una novità, ovvero la partecipazione degli Usa. E' stata coinvolta, infatti, la National Italian American Foundation (Niaf), la fondazione statunitense che rappresenta gli italo-americani che vivono negli Stati Uniti e a Palermo sono arrivati alcuni studenti di un liceo di Washinghton D.C.
Un coinvolgimento che si è tradotto nella firma di un accordo per l'assegnazione di borse di studio a studenti americani che verranno a studiare criminologia in Sicilia e a studenti siciliani che andranno in America.
L'accordo, stipulato anche grazie al programma Fulbright, è stato firmato stamattina, nella sede della Fondazione Falcone, a Palermo, alla presenza di Maria Falcone, di Paula Sartorio, executive director del programma Fulbright per la Commissione scambi culturali tra Italia e Usa, di John Viola, presidente della Niaf e di Massimo Riccardo, direttore centrale, alla Farnesina, per la promozione dela lingua e della cultura italiana.
Lavocedinewyork.com, che ha assistito alla firma dell'accordo, intanto, ha intervistato Maria Falcone.
Signora Falcone, questo 23 Maggio non è il primo e non sarà l'ultimo che ricorderemo. Ma, quest'anno, con un Presidente della Repubblica e un Presidente del Senato che arrivano da Palermo, c'è qualcosa di diverso rispetto agli altri anni?
Non ci sono grandi differenze. Il compito della Fondazione Falcone è sempre questo, come ogni anno, ovvero concludere il 23 Maggio il progetto di educazione alla legalità dei giovani studenti che hanno partecipato alla nostra iniziativa. La novità è l'appello che lanceremo dall'aula bunker domani, a nome della città di Palermo e a nome mio, rivolto a tutti gli italiani ed è questo: la lotta alla mafia deve essere sempre al primo posto nell'attenzione delle istituzioni perché non abbiamo ancora vinto. E sappiamo cosa ha significato la lotta alla mafia a Palermo. Voglio dire a tutti gli italiani che le lotte per la democrazia vanno fatte in maniera corale, tutti insieme. Noi Siciliani questa lotta l'abbiamo fatta, e i nostri morti lo dimostrano, ma chiaramente deve restare al primo posto per tutti perché la mafia non è solo in Sicilia. I Presidenti Mattarella e Grasso sanno bene cosa è stata la mafia, il Presidente della Repubblica, come me, ha perso un fratello in questa lotta, e come ha detto lui stesso, riserverà grande attenzione a questa battaglia.
Grasso è un ex magistrato, Mattarella fratello di una vittima di mafia, il Presidente della Regione Siciliana, Piersanti Mattarella. Lei si aspetta moltissimo da loro. Ma pensa che verrà il giorno in cui, finalmente, si potrà dire che la mafia è stata sconfitta?
So che la mafia, o meglio Cosa nostra – come suggerì Buscetta a Giovanni – è n brutte acque. Ma non dobbiamo fidarci di questo momento di debolezza, perché la mafia ha grande capacità di rinascere. Non tutti i latitanti sono stati presi, a cominciare da Messina Denaro. Senza farsi troppe illusioni, è necessario che questa lotta continui, sperando che prima o poi venga sconfitta. Il timore è che il potere perso dalla mafia sia stato guadagnato dalla ndrangheta. La lotta, insomma, deve continuare a largo raggio e certamente non è solo un problema del Meridione, ma è un problema dell'Italia tutta, di tutto il mondo direi. Perché Giovanni diceva che gli affari veri la mafia li fa nelle zone più ricche che non sono certamente al Sud. D'altronde quanto si sia radicata al Nord lo dimostrano le inchieste.
Suo fratello diceva che la mafia, in quanto fenomeno umano, avrà una sua fine. Lei pensa che le persone della sua generazione potranno essere testimoni della sconfitta della mafia siciliana, oppure si dovrà aspettare ancora? Lo Stato italiano, che ha ai suoi vertici due Siciliani -e ricordiamo che, tranne qualche eccezione, come il generale Dalla Chiesa, sono proprio i Siciliani che hanno pagato di più,- è pronto a dare il ko definitivo?
Non so a che punto siamo e non penso sia un traguardo immediato. Giovanni non dava mai date quando parlava di sconfitta della mafia, ma parlava di salto generazionale. Diceva che per sconfiggere la mafia bisognava cambiare la società. Ed è questo che noi cerchiamo di fare, con il sostegno del Ministero dell' Istruzione, che negli anni ci ha molto sostenuto, ovvero fare in modo che le nuove generazioni sviluppino un antivirus contro la mafia. Forze dell'ordine e magistrati fanno il lavoro principale, ma a fare da barriera devono essere tutti.
A proposito di scuola italiana, che per ora è nella bufera, per come viene vista e per come si presenta nella sua riforma, sarà pronta a raccogliere questa sfida?
A me personalmente la scuola ha dimostrato tanto, a prescindere dagli interventi istituzionali. Parlo quindi degli insegnanti che hanno talmente sentito questa lotta che tutto quello che è stato fatto in Italia è stato merito loro. Diceva Bufalino che "la mafia sarà vinta da un esercito di maestri elementari". Io ci credo e credo che tutto dipenda dalla buona volontà degli insegnanti, a prescindere dall'organizzazione amministrativa.
Suo fratello aveva saputo lavorare con gli inquirenti americani più di ogni altro. Quest'anno sono arrivati anche studenti dagli Usa per ricordarlo. Quale messaggio dovrebbero riportarsi indietro?
Che l'Italia non è il Paese della pizza e dei mandolini, ma uno Stato ben organizzato che ha saputo, con le sue istituzioni, reagire. Che comunque la mafia non si può battere da un giorno all'altro, ma che l'Italia si sta impegnando.
Quale messaggio vorrebbe trovare nell'albero di Falcone?
Io li ho sempre letti tutti, li ho anche raccolti in un libro. Quello che mi piace di più e che ritrovo sempre è che quello che dice: "Noi giovani ci crediamo e continueremo a seguire il tuo esempio".