Palermo celebra il famoso artista polacco Tadeusz Kantor che amò molto la città siciliana e ci lavorò con la sua compagnia. Ne approfittiamo per fare un giro al Teatro Garibaldi, un Teatro pazzesco, di una bellezza originale, unica. Incontriamo Matteo Bavera, attore e regista, direttore del Teatro. Lui e Mela Dell’Erba sono le anime pulsanti di questa esperienza.
Una mostra per celebrare Kantor, l’artista della famosa compagnia Cricot 2, l’inverso del polacco “To Circ”, il Circo.
“La prima mostra – ci dice Matteo Bavera – è fatta da installazioni di artisti francesi, su un’opera di Kantor che esisteva già a Palermo: una crocifissione. Una storia strana, perché si tratta di un’opera che Kantor ha realizzato nel Caffè dell’Hotel delle Palme. Il barman di allora, un bravissimo barman, che ci ha prestato quest’opera, Toti Librizzi, aveva l’abitudine di chiedere ai grandi artisti di lasciare un disegno. Alcuni facevano degli schizzi, invece Kantor gli fece un disegno a colori. Una cosa importante di cui sono molto invidioso. Anzi gliene fece due. Gli altri sono nel suo museo di Messina”.
Questo Teatro ha un fascino particolare. Ce lo racconta?
“Il Teatro Garibaldi è un luogo dalle mille vicissitudini. Sappiamo che è stato da Garibaldi nel 1862, che ha funzionato tra storie alterne fino al 1962 e che gli ultimi anni, furono splendidi. Il figlio di Angelo Musco fece una grande stagione. Qui recitò Carmelo Bene con ‘Un Amleto di meno’ e poi, come tante cose di Palermo, il Garibaldi è stato abbandonato. E quando le cose vengono abbandonate diventano preda dei vandali. I vandali lo hanno distrutto”.
Distrutto?
“Sì. Qui non c’entrano le bombe, c’entrano i furti, l’incuria, i fenomeni atmosferici che hanno ridotto il Teatro come in quella foto del 1996 quando noi abbiamo trovato questo spazio: e questo spazio, in quel momento, era lo specchio di Palermo. Un Teatro vale qualche cosa quando è lo specchio di una città. Quel rudere specchiava quella che era in quegli anni questa zona della città: Piazza Magione. Una zona della città abbandonata da decenni, in mano alla criminalità, completamente distrutta dai bombardamenti. Le case che si vedono oggi non c’erano nel ’96: c’erano solo ruderi che si ‘specchiavano’. Noi decidemmo che in questo luogo potevamo fare teatro. E lo abbiamo fatto. Ho chiamato Carlo Cecchi per una mia personale trilogia, visto che avevo già lavorato con Leo De Berardinis e Carmelo Bene ‘Les enfantes terrible’ negli anni ’70. Carlo Cecchi non ne voleva sapere di lavorare a Palermo, ma quando gli feci vedere questo rudere disse: ‘Questo è il posto dove oggi si può fare teatro’. Così cominciammo con Amleto di Sheakespeare. Naturalmente tutti ci prendevano in giro, ma il teatro subito si impose all’attenzione europea e un giorno dei politici che uscirono di qua dissero: ‘E poi dicono che noi siamo in Europa’. Per me siamo in Europa proprio grazie a questo rudere. Quel giorno mi misi in testa che dovevamo diventare Teatro d’Europa”.
Come ci siete riusciti?
“Con l’organizzazione fondata da Sthreler e Lang. Così siamo diventati Teatro europeo proprio per questa scommessa dei politici ignoranti che erano passati di qua e non avevano capito”.
Poi cosa succede? Cambia la musica?
“Questa buona musica dura fino al 2007. Il Garibaldi fa l’ultima rappresentazione prima che iniziassero i lavori. E’ stata una serata memorabile, perché abbiamo letto ‘Caos totale’ di Jean Cloud Rizzot e tra i lettori c’era Wim Wenders e lo scomparso Franco Scaldati, che ho molto amato e che ha fatto tanti lavori qui al Garibaldi. I lavori avrebbero dovuto durare un anno. Ma sono diventati infiniti. Il progetto è stato completamente tradito. Il progetto prevedeva 2 milioni di euro per le opere murarie e 260 mila euro per trasformare in palcoscenico in una macchina teatrale perfetta, che si trasforma in qualsiasi cosa. Scena frontale, scena laterale, scena con il pubblico arrampicato al tetto. Non se n’è fatto niente di questo perché qualcuno si è inventato che un Teatro che sta in piedi dal 1862 con queste mura così spesse… Insomma, non aveva fondamenta. E hanno speso 2 milioni di euro per fare delle fondamenta che sono lavori nascosti: lavori che nessuno ha mai potuto controllare. E non hanno fatto nessuno dei lavori per le attrezzature di un teatro. Non hanno fatto neanche la gradinata per il pubblico, non hanno fatto i tiri, non dico come quelli da teatro francese, ma quanto meno funzionante. Non hanno fatto nulla ed ora è inutilizzabile più di prima. Il Comune ha tardato ad affidarlo ed è stato occupato”.
Occupato? E da chi?
“Un’occupazione per me molto discutibile non tanto per l’occupazione, ma per i contenuti: contenuti insopportabili per me come chiunque è un artista. Nessuno può definirsi un artista. E’ stata un’occupazione sedicente, di sedicenti artisti che ho contrastato. Anche se lì dentro c’erano alcuni artisti che avevo creato io, che lavoravano in teatro e che, dopo l’occupazione, sono anche ritornati. A quel punto questi occupanti se ne sono andati per motivi loro, nessuno gli ha detto di andarsene. Dopo, nel giro di 6 mesi, hanno rubato tutto: i tetti, i gabinetti, i lavandini! Il Teatro ci è stato affidato con la condizione che noi lo difendessimo, che ci abitassimo dentro. Nessuno ha il coraggio di stare qua dentro, perché questo rimane un quartiere criminale, in parte è migliorato, ma ci sono ancora problemi. E quindi noi, io e il mio direttore tecnico, abbiamo deciso di utilizzare la foresteria prevista nel progetto fatto dall’architetto Marsala con la nostra collaborazione. Quando siamo entrati qui non avevamo neanche il lavandino”.
Siete rimasti qui giorno e notte?
“Sì. Camminavamo sulle acque, come dico io, perché pioveva dappertutto visto che avevano rubato le tegole e anche le maniglie alle finestre che non si potevano chiudere”.
Il vostro è stato un atto d’amore?
“Sì, ma qualcuno ci accusa di aver di aver rubato energia elettrica e acqua corrente… Volevo vedere lui a vivere qua dentro! Abbiamo insistito tra mille telefonate agli uffici pubblici”,
Il Sindaco Leoluca Orlando sapeva?
“Certo che lo sapeva e per questo ce l’ha affidato. Siamo andati avanti, ci siamo fatti rifare il tetto, i bagni, ma il Teatro ha bisogno di tanti lavori. Tanti serramenti non ci sono. Molte porte sono state scassate dagli occupanti. Alcune parti dell’impianto elettrico sono state distrutte per l’uso abusivo che ne hanno fatto. Questa è la situazione. Abbiamo preso questo Teatro nel febbraio dell’anno scorso. E sempre aperto e facciamo tantissime attività con pochissimi fondi. Appena sessanta mila euro l’anno scorso e non abbiamo avuto ancora un euro a fronte delle numerose manifestazioni con artisti provenienti anche dall’estero”.
Tra le mille polemiche sui Teatri Stabili in Sicilia, resta il fatto che un Teatro come questo non si può ignorare’.
“Questo Teatro avrebbe bisogno di 250 mila euro all’anno per funzionare bene, dico a livelli stratosferici. Per portare della vera cultura teatrale europea”.
Pina Bausch è venuta al Garibaldi?
“Ci ha fatto un sopralluogo tanti anni fa, volevamo fare qui Caffè Muller, ma non abbiamo mai trovato i soldi per farlo. Eravamo grandi amici e Pina Bausch, in diversi momenti, ha firmato delle lettere a nostro favore quando c’erano problemi per il Teatro. Un’altra cosa da dire è che quando il Sindaco ha chiamato noi, come Garibaldi, il Teatro Libero, quello di Mimmo Cuticchio e il Biondo per fare il Teatro nazionale, improvvisamente il Teatro Biondo ha deciso di camminare da solo e non è diventato nazionale. Il dato importante è il seguente: che cosa portavamo noi, a parte la nostra cultura teatrale, dal punto di vista economico? Noi portavamo 6 mila giornate lavorative che costano 600 mila euro, mentre 8 mila giornate al Biondo costano oltre 4 milioni di euro. Questa è una cosa che la dice lunga su come devono essere finanziati i Teatri”.
Qual è allora la sua idea?
“Noi vogliamo il 50% del nostro fabbisogno, non il 100%. Il resto ce lo procuriamo noi. Questo Teatro di cui parlo è finanziato dall’Ente pubblico al 95%, questa è la realtà”.
Con Mela Dell’Erba un sodalizio importante.
“Mela ha sempre lavorato qui dal ’96, è scenografa costumista. Ha lavorato con Cecchi, ha fatto le scene e i costumi per Latella. E’ un po’ l’anima di questo Teatro. Adesso è la direttrice della galleria che sta diventando un punto di forza del Teatro. Siamo alla quinta mostra con Kantor, che faremo a giugno con le più belle fotografie dello stesso Kantor. Ci saranno undici ritratti: uno è di Kantor, 10 sono dedicati alle attrici di Kantor. La mostra ha il nome delle attrici di Kantor”.
Kantor lo ha conosciuto?
“Kantor l’ho conosciuto tanti anni fa a Milano quando ero corrispondente e critico teatrale del giornale L’Ora e ho avuto la fortuna di intervistarlo. A parte i suoi spettacoli, sono stato un’ora con lui, abbiamo preso dei cappuccini, gli ho fatto delle domande su uno spettacolo le cui scenografie verranno messe in mostra al Teatro delle Marionette ‘Macchine dell’amore e della Morte’. Alla fine di quella conversazione Kantor mi ha detto: ‘Adesso basta signor Barrea, lei fa domande troppo difficili’. Ero giovane, volevo sapere tante cose e scrissi l’articolo”.
Leggiamo che a giugno ci sarà ‘Sonata per il Commissario Licciardi’ di Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano.
“Sì. De Giovanni, autore di gialli. Abbiamo già fatto una prima qui a Palermo in ottobre. E l’abbiamo prodotto noi con la collaborazione pressoché gratuita di Andrea Renzi con i quattro musicisti – uno è Marco Cappelli – due giapponesi e un americano”.
Vi saranno costati un cifra?
“Quella volta già erano verso l’Italia e ce la siamo cavata con il biglietto per Palermo. Abbiamo avuto questa fortuna. Questo spettacolo andrà al Festival di Napoli, a Castel Sant’Elmo. Poi ci tengo a dire che con Imparato saremo al Piccolo di Milano con un monologo di Scaldati che dirigo io il 26 luglio, giorno del mio compleanno che festeggio in teatro”.
E per la prossima stagione?
“Io non ho un metodo per costruire la stagione, che si costruisce da sé. Dagli incontri spesso vengono dei grandissimi per pochissimi soldi. Sicuramente voglio avere Latella con il suo Atelerie; verrà Cristina Lupo per un seminario. La formazione è un punto di forza del nostro teatro: vorremmo costruire una compagnia di attori under 35, lo abbiamo appena fatto con ‘Lavori di merda’ sulla disoccupazione giovanile, che è andato abbastanza bene. Continuiamo per avere una rosa di attore e fare compagnia”.
Una compagnia stabile?
“In Italia negli Stabili non ci sono compagnie stabili… In un teatro come il nostro così ‘instabile’ forse ci sarà una compagnia fissa e forse, saremo un piccolo modello in questo disastratissimo Paese dal punto di vista culturale che invece ha grande possibilità”.
Foto tratta da srlive.it