A New York non c’è bar o liquor cart che non abbia in bella vista almeno una delle bottiglie con la celebre scritta in stampatello rosso, Luxardo – Padova. A Torreglia, in Veneto, ha aperto da poco il Museo Luxardo. L’azienda, leader nella produzione di liquori, e una delle più antiche distillerie esistenti al mondo, invita il visitatore a intraprendere un viaggio dalle origini a Zara, in Dalmazia, fino ai Colli Euganei dove ha sede dal 1947; dal fondatore Girolamo che ha aperto la prima distilleria nel 1821 e creato il Maraschino, attraverso due guerre mondiali, la distruzione della distilleria, l’esodo da Zara, fino alla rinascita nel secondo dopoguerra a Torreglia. Nel museo sono spiegati i processi produttivi di alcuni prodotti come il Maraschino Originale ed il Sangue Morlacco.
La struttura è stata realizzata dagli architetti dello Studio Mar che descrivono così il progetto: “Il museo ha trovato spazio, 600 mq calpestabili, in un piano inutilizzato, lasciato al grezzo, della fabbrica, dove abbiamo realizzato l’allestimento. A questo intervento abbiamo affiancato quello del sistema di accesso al museo, dalla zona della rivendita, grazie ad un avancorpo di 150 mq che ridisegna complessivamente il fronte della fabbrica ed identifica il museo. Una rampa lenta, che rende accessibile a tutti l’area espositiva, si appoggia ad uno dei due fronti dell’edificio ed è racchiusa da un involucro aperto in lame di corten che, in alcuni punti, si piegano e ruotano a formare una scritta che identifica l’edificio nella sua funzione e in ciò che ospita.

Il corten, lega in acciaio e rame, è un materiale ruvido vero, concreto, sincero ha grandi doti di durabilità grazie al suo processo di passivazione naturale, è stato scelto come materiale perché ritenuto, nelle cromie e nella sua spiccata matericità, il più adeguato dal punto di vista paesaggistico. Permette l’inserimento nel paesaggio dei Colli Euganei in modo coerente e silenzioso. Ma la sua matericità e la compattezza del volume è sorpendentemente negata dalla presenza di questi tagli, queste ferite che fanno sí che la luce entri in questo percorso. Il sistema a lame verticali, staccate l’una dall’altra e ritorte, crea un gioco di luci ed ombre, a seconda dell’ora del giorno e della stagione, facendo sì che lungo il percorso (pareti e pavimento), si possa leggere la proiezione delle scritte sempre in modo diverso ma, in modo più intimo, le ferite che fanno entrare la luce, altro non sono che la metafora dell’esperienza del dolore che genera la luce e la forza nella coscienza umana che determina, là dove c’è la capacità, la forza della rinascita. Ancora: le lame ritorte aprono squarci sull’involucro che generano nuovi punti di osservazione verso il paesaggio, piegando il materiale al nuovo e al futuro”.

Ci accolgono nel buio delle sale gli strumenti per distillare il liquore, le medaglie e i premi vinti negli anni, i ritratti ufficiali, ma anche si incontrano D’Annunzio e la sua definizione di “sangue morlacco”, le foto delle donne che lavoravano la paglia delle prime bottiglie di maraschino, i filmati sulle atrocità delle foibe, le celebri etichette che già nell’Ottocento solcavano i mari e che anche ora troviamo ovunque, dai colli padovani al mondo.
