Allestita precedentemente alla British School at Rome e all’Istituto Italiano di Cultura a Londra, la mostra itinerante BEYOND BORDERS. Transnational Italy – OLTRE I CONFINI. Italia Transnazionale è approdata lo scorso 28 marzo finalmente anche al Calandra Italian American Institute di New York, dove resterà aperta al pubblico fino al prossimo 7 aprile.
Si tratta di uno dei principali output di ricerca del progetto TML – Transnationalizing Modern Languages. Mobility, Identity and Translation in Modern Cultures, un progetto di ricerca pluriennale che ha coinvolto i docenti di alcuni atenei del mondo anglosassone (Bristol, Warwick, Saint Andrews, ecc.), che hanno esaminato come la cultura italiana moderna si sia sviluppata in tutto il mondo tramite le sue interazioni con le altre lingue e culture. Ciò è stato possibile usando come oggetto primario di indagine i 150 anni della storia d’Italia come Stato nazione e i suoi modelli di emigrazione e immigrazione, fino ad esplorare i modi in cui la traduzione culturale si interseca con la traduzione linguistica nella vita quotidiana degli individui all’interno delle comunità mobili e migranti.

All’inaugurazione, che ha avuto luogo lo scorso 27 marzo al Calandra Italian American Institute, erano presenti Charles Burdett, professore dell’Università di Bristol, in conversazione con le due curatrici: l’antropologa Giulia Grechi e la storica dell’arte contemporanea Viviana Gravano. A moderare l’evento, il direttore Anthony Julian Tamburri e il professore di studi italoamericani Fred Gardaphé.
“Dopo aver ricevuto l’invito di Charles Burdett a realizzare la mostra, per me e Viviana la vera sfida è stata partire da un progetto di ricerca accademico, che generalmente si presta ad output che rimangono circoscritti a un ambito piuttosto ristretto rispetto alla divulgazione, come convegni e pubblicazioni – ha raccontato Grechi – Allestire un’esposizione di questo tipo è stato di fondamentale importanza per rendere accessibile il mondo della ricerca accademica a un pubblico più ampio, facendo in modo che ciascun visitatore potesse identificarsi nelle storie raccontate dai ricercatori e nelle storie dei ricercatori stessi”.
Per Grechi, un altro aspetto molto interessante del lavoro in team con designer, architetti, montatori video, storici e linguisti, è stato il continuo scambio di opinioni che ha permesso ai ricercatori di spostare il loro punto di vista rispetto ai loro stessi lavori proprio grazie all’ottica interdisciplinare in cui si sono mossi. Come ha spiegato l’antropologa, i protagonisti di BEYOND BORDERS. Transnational Italy sono anche loro: “La presenza in carne e ossa dei ricercatori all’interno dell’esposizione è stata per noi essenziale per sottolineare il concetto di soggettività. Inoltre, potevano considerarsi gli oggetti stessi della ricerca, essendo per la maggior parte italiani residenti all’estero”.
La rappresentazione dell’italianità fuori dai confini del nostro paese è stata rappresentata nello spazio espositivo attraverso la metafora dell’ambiente domestico. “L’idea su cui abbiamo lavorato – ha dichiarato Grechi – È che una cultura si forma, si tramanda e si sviluppa principalmente nella casa di ognuno di noi, perché è nel quotidiano che avvengono le piccole grandi trasformazioni di una cultura, non solo con i grandi eventi storici”. L’obiettivo è stato quello di creare uno spazio che desse al visitatore l’impressione di trovarsi in una casa attraverso pochi semplici elementi, come delle sedie intorno a un tavolo.

“Il nostro obiettivo è stato quello di creare uno spazio espositivo in cui il visitatore potesse stabilire immediatamente un rapporto empatico con ciò che lo circondava, proprio perché TML intendeva raccontare la vita non ‘degli altri’, bensì di chiunque volesse sentirsi protagonista della mostra – ha spiegato Gravano – Nell’edizione romana, ci siamo incuriositi nel vedere un’intera famiglia sostare per svariati minuti davanti all’installazione multimediale rappresentante il letto. Quando ci siamo avvicinati per chiedere come mai fossero rimasti lì così a lungo, la signora più anziana ci ha detto: ‘Questa è la mia famiglia. Per la prima ho visto mia nonna’. E quando abbiamo chiesto la sensazione provata nel vedersi proiettati in uno spazio pubblico, ci hanno risposto: ‘È stato un po’ come vivere una vita che non abbiamo mai vissuto’”.

Non c’è un percorso stabilito. Ogni parte della mostra è un racconto che può camminare da solo. Alla fine sarà compito dello spettatore legare tra loro tutte le parti. Trattandosi inoltre

di una mostra tecnologicamente immersiva, il corpo del fruitore riveste un ruolo molto importante, in quanto il solo gesto di sedersi sulle sedie della camera da pranzo e di poggiare l’orecchio alla cuffia, fa sì che si attivi un video ai suoi piedi, sostituendo così il tavolo che nello spazio espositivo manca fisicamente.
“Ringraziamo TML di averci coinvolte in questo progetto. Grazie a questa esperienza per noi ora si apre un nuovo percorso perché questa esperienza ci ha dato la possibilità di intendere per la prima volta la ricerca accademica secondo un approccio diverso”, ha concluso Gravano.