Il 6 febbraio ė la Giornata internazionale della tolleranza zero contro le mutilazioni genitali femminili (MGF), istituita dalle Nazioni Unite nel 2003, in seguito al discorso tenuto dalla First Lady della Repubblica Federale di Nigeria Stella Obasanjo, durante la conferenza del Comitato interafricano sulle pratiche tradizionali che inficiano la salute di donne e bambine.
Con l’espressione “mutilazioni genitali femminili” ci si riferisce a tutte quelle procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili o altre lesioni agli stessi organi, per motivi essenzialmente culturali, con ripercussioni mediche, sociali, emozionali, legali ed economiche devastanti per chi le subisce. Si tratta di una forma di violenza basata sulla disuguaglianza di genere, che mette a repentaglio la salute di donne e bambine, oltre ai loro diritti e al loro benessere generale: le MGF danneggiano irreparabilmente i corpi femminili, infliggendo loro dolori lancinanti e provocando traumi emotivi devastanti, che possono persino durare una vita intera; privano le donne della loro autonomia; aumentano il rischio di complicazioni mortali durante la gravidanza, il travaglio e il parto, mettendo in pericolo sia la madre che il bambino.
A livello globale, almeno 200 milioni di donne e bambine hanno subito una qualche forma di mutilazione genitale in 30 paesi, con una particolare concentrazione in Africa e in alcune comunità di Asia, America Latina ed Emirati Arabi. Nella maggior parte di questi territori, le ragazze vengono mutilate prima del loro quinto compleanno.
L’abolizione delle mutilazioni genitali femminili è stata richiesta da numerose organizzazioni intergovernative, tra cui l’Unione Africana, l’Unione Europea e l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, così come in tre risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Il programma congiunto UNFPA-UNICEF sulle mutilazioni genitali femminili si concentra sulla tutela di donne e bambine da pratiche di questo tipo e sulle cure di quelle sopravvissute, utilizzando un approccio partecipativo e culturalmente sensibile, fondato sui diritti umani. Fin dalla sua istituzione nel 2008, tale programma ha sostenuto nella lotta contro tali pratiche ben 17 paesi, 13 dei quali sono riusciti a creare politiche, disposizioni di legge e dotazioni di bilancio necessarie ad annientare questo male. Nel 2016, inoltre, grazie alla collaborazione con i governi, la società civile e le comunità, il programma congiunto UNFPA-UNICEF ha raggiunto importanti traguardi: le dichiarazioni pubbliche di abbandono delle MGF sono state effettuate all’interno di 2.906 comunità in ben 15 paesi e 10.080 famiglie in Egitto, per un totale di circa 8,5 milioni di persone; più di 730.000 donne hanno ricevuto protezione e servizi di assistenza tramite diversi interventi multisettoriali; i responsabili sono stati assicurati alla giustizia, vedendo l’esecuzione di 71 arresti, con 252 casi di MGF provati in tribunale e 72 condanne.
“Nonostante tutti i progressi fatti per abolire questa pratica così violenta, milioni di ragazze — molte delle quali di età inferiore ai 15 anni — saranno costrette a sottoporvisi nell’arco di quest’anno, alle quali si uniranno circa 200 milioni di bambine e donne di tutto il mondo che convivono tutt’oggi con i danni causati dalle MGF”, hanno dichiarato il direttore esecutivo dell’UNFPA Babatunde Osotimehin e il direttore esecutivo dell’UNICEF Anthony Lake. “Nel 2017, avremo bisogno di chiedere azioni più repentine affinché ci sia realmente progresso. Ciò significa invitare i governi ad adottare e far rispettare le leggi che tutelano i diritti delle donne, in modo da prevenire le MGF”, hanno proseguito Lake e Osotimehin. “Aiutiamo questa generazione ad abolire le MGF una volta per tutte perché, così facendo, contribuiremo a creare un mondo più sano e migliore per tutti”.
Sia sul piano politico che su quello della cooperazione allo sviluppo, il governo italiano è sempre stato attivamente impegnato su questo fronte, distinguendosi nella campagna internazionale e conquistando il ruolo di interlocutore privilegiato con i Paesi africani. L’Italia ha sostenuto, infatti, diverse azioni di contrasto al fenomeno: prima fra tutte, la campagna lanciata negli anni novanta dall’allora Commissario europeo Emma Bonino al fianco dell’organizzazione Non C’è Pace Senza Giustizia, (rilanciata nel 2010 insieme ai Radicali Italiani). Grazie a Mara Carfagna, tramite il Dipartimento per le pari opportunità, un’altra campagna per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle mutilazioni genitali femminili è stata realizzata nel 2008. Il nostro paese ha inoltre supportato la campagna europea END FGM, lanciata da Amnesty International nel settembre 2009, che appoggiava a sua volta la forte richiesta fatta dal Parlamento europeo per porre fine a questo terribile fenomeno, attraverso una risoluzione congiunta adottata il 14 giugno 2012.
In tutto il mondo aumentano ogni anno gli impegni dei governi e delle comunità locali per eliminare le MGF, ma ognuno di noi, anche se nel suo piccolo, ha il potere di smuovere le coscienze altrui, contribuendo a una rivoluzione culturale che possa rendere tutte le vittime, o potenziali vittime di mutilazioni genitali, consapevoli di poter rimanere fedeli alla propria cultura e alle proprie tradizioni anche abbandonando questa terribile usanza.