Gli artigiani tecnologici sono quelle figure che sanno coniugare le loro capacità creative, artistiche ed imprenditoriali con i vantaggi della tecnologia moderna ispirata alla Silicon Valley. Alessio Lorusso, fondatore della startup barese Roboze, rappresenta questa sintesi.
Cresciuto nell’officina meccanica di famiglia, Lorusso si è diplomato all’Istituto tecnico commerciale con indirizzo programmatore informatico. Nonostante le insistenze della famiglia perché diventasse ragioniere, il suo sogno era un altro. Dopo aver lasciato l’azienda famigliare ha fondato la sua prima startup, Roboze, dedicata allo sviluppo di soluzioni di stampa 3D, oggi considerata tra le 21 aziende più innovative d’Italia grazie al Premio Imprese x Innovazione Pininfarina.
Per stampa 3D si intende la realizzazione di oggetti tridimensionali partendo da un modello digitale prodotto con software dedicati e successivamente realizzato, strato dopo strato, attraverso una stampante 3D.
L’anno scorso, secondo l’ultimo rapporto di Wohlers Associates, sono state vendute oltre 278.000 stampanti 3D e l’industria è cresciuta del 25,9% (circa un miliardo di dollari) raggiungendo i $ 5,1 miliardi. Dalle stime della Consumer Technology Association e UPS si evince che l’elettronica e l’industria automobilistica rappresenteranno il 40% della crescita di questo settore, seguite dai dispositivi medici con il 15%. Attualmente, ad esempio, il 98% degli apparecchi acustici in tutto il mondo sono fabbricati usando questo metodo.
Affascinata dall’evoluzione della figura dell’artigiano tradizionale a quella più moderna ma comunque sempre legata alla massima qualità e creatività, chiedo ad Alessio Lorusso di raccontarci il suo percorso imprenditoriale.
Come hai iniziato ad interessarti alla Stampa 3D?
“Non sopportavo l’idea di stare di fronte ad un computer, chiuso tra quattro mura, a contatto con dei semplici numeri. Da sempre sono stato attratto da tutto ciò che è meccanica, fisica, elettronica, tecnologia e quando a 17 anni ebbi il mio ‘primo incontro’ con una stampante 3D ne rimasi folgorato. Avevo trovato qualcosa che univa in un solo prodotto tutte le mie più grandi passioni e che mi faceva continuamente pensare agli incredibili sviluppi futuri che quella tecnologia avrebbe avuto nella vita di tutti noi. Volevo capirne di più. Così acquistai la mia prima Rep Rap e da lì è stato un susseguirsi di eventi. Tutte le stampanti che provavo però non mi soddisfacevano. Mancavano di qualità dei componenti, avevano basse risoluzioni, erano prive di design. Così ho progettato la mia prima soluzione di stampa 3D, quella che poteva risolvere tutti questi limiti riconosciuti e l’ho chiamata Roboze One”.
Cos’è Roboze?
“Roboze non è solo un’invenzione, è un progetto. Il nostro brevetto internazionale Beltless System ormai famoso nel mondo, permette la movimentazione meccanica degli assi della stampante senza usare le cinghie, ed è solo il primo di una lunga serie di brevetti che prevediamo di introdurre sul mercato”.
Cosa vi distingue dalle altre stampanti 3D?
“Ad oggi sostanzialmente esistono due profili legati alle soluzioni di stampa 3D: da un lato ci sono le stampanti Consumer che sacrificano la qualità degli oggetti stampati verso un’accessibilità di prezzo per privati ed appassionati; dall’altro le stampanti professionali e industriali dove non vi è alcun dubbio sulla qualità di stampa ma che in definitiva sono dedicate a grandi imprese e multinazionali per via del costo davvero esorbitante. Roboze ha come obiettivo offrire una soluzione professionale ad un prezzo accessibile alle PMI e ai piccoli professionisti che necessitano, loro più che altri, di questa tecnologia. Inizialmente abbiamo riconosciuto la scarsità qualitativa delle stampanti nella movimentazione degli assi. Ad oggi tutte le stampanti 3D usano una movimentazione a cinghia, che per sua natura, essendo in gomma, non può garantire la precisione meccanica e la ripetibilità dei pezzi stampati. Noi abbiamo pensato di sostituire le cinghie con una movimentazione tipica delle macchine CNC: una coppia di cremagliere elicoidali a contatto diretto con il pignone che meccanicamente assicura alta precisione e ripetibilità. Un’idea tanto semplice quanto efficace. Adesso il nostro progetto si rivolge verso l’ingegneria dei materiali di stampa per offrire massima versatilità anche nella scelta dei polimeri per realizzare prototipi e piccole serie funzionali con le specifiche meccaniche, termiche e chimiche dei prodotti finiti. Abbiamo introdotto materiali all’avanguardia e avanzati come il PEEK e il PEI, usati in applicazioni di metal replacement, o come ad esempio il Carbon PA, che è un nylon caricato con fibra di carbonio. O ancora ABS ESD, per le applicazioni che necessitano di protezione dalle scariche elettrostatiche. Con le nostre soluzioni offriamo la possibilità di avere uno strumento professionale per diversi settori industriali come l’automotive, l’aerospazio, la nautica, il motor racing, il medicale e così via”.
Come hai finanziato la tua startup all’inizio?
“I finanziamenti per l’avvio di questo brand sono stati al cento per cento privati. Durante gli anni di lavoro all’interno dell’officina meccanica di famiglia, non avendo grosse spese e avendo ben in mente quale fosse il mio ‘obiettivo finale’, mettevo da parte i risparmi. Purtroppo non ho avuto supporto dalle istituzioni, questo lo voglio sottolineare. Tutto quello che in questi anni ho creato è frutto di convinzione e caparbietà. Ancora oggi sono tanti gli ostacoli che s’incontrano: culturali da parte di chi crede che avrei fatto meglio a tenermi il posto nell’azienda di famiglia invece che buttarmi nel vuoto; economici per reperire a fatica le risorse necessarie all’attività; burocratiche perché ogni giorno ci sono carte da firmare e documenti da inviare con scadenze da ‘ultimatum’.
Però, se c’è anche una sola possibilità che alla fine ciò che ami e per cui hai lottato si realizzi, tutti gli ostacoli si superano. Sono sempre dell’opinione che devi svegliarti la mattina e non vedere l’ora di metterti a lavoro, la passione deve essere la guida. Non il denaro. Non lo status quo. Se c’è la passione non senti neanche il peso di lavorare 14 o 16 ore al giorno”.
Pensi di portare Roboze negli USA?
“L’azienda oggi conta l’installazione delle proprie macchine in Italia e all’estero con partner commerciali provenienti dai più importanti Paesi europei, con un’ottica di sviluppo entro il prossimo anno verso gli Stati Uniti. E’ di pochi giorni fa anche la notizia di una nuova partnership fuori dall’area EMEA con un rivenditore di alta esperienza nel mercato indiano. Il perché è legato sostanzialmente al fatto che le nostre soluzioni sono il risultato delle richieste e necessità accolte da ogni parte del mondo”.
Dopo aver parlato con Alessio, sono ancora più convinta del fatto che lo spirito imprenditoriale non conosce barriere ma se l’Italia lo coltivasse meglio, l’economia nazionale ne trarrebbe enormi benefici.
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