Nel glamour del red carpet del Gran Theatre Lumiere, con una sfilata di divi sul tappeto rosso durata quasi un’ora e mezza, si è conclusa da poco la cerimonia di chiusura della 69ª edizione del Festival del cinema di Cannes, una delle più ricche degli ultimi anni.
Il palmares, distribuito dalla giuria presieduta da George Miller, ha escluso alcuni dei grandi favoriti della vigilia, alcune delle opere più apprezzate in questi dieci giorni di cinema: Toni Erdmann di Maren Ade, Sieranevada di Cristi Puiu, Paterson di Jim Jarmusch, Elle di Paul Verhoeven, Aquarius di Kleber Mendonca.
La sorpresa più grande, tuttavia, arriva proprio dal premio maggiore, la Palma d’oro, che va a Ken Loach, che già aveva vinto il massimo riconoscimento della croisette con Il vento che accarezza l’erba nel 2006 e che con il commovente e rabbioso I, Daniel Blake completa, a ottant’anni, la sua doppietta. Un premio che spiazza in quanto nessuno tra gli addetti ai lavori l’aveva pronosticato e l’aveva incluso nel lotto dei film migliori visti in questa edizione del festival di Cannes. Un buon film, certo, un film “giusto”, per il modo disperato con cui dipinge la frattura tra il soggetto e lo stato che dovrebbe rappresentarlo e che invece lo stritola in una morsa burocratica soffocante. Detto questo, ci è sembrato un film dallo sviluppo anche piuttosto prevedibile e troppo “avvitato” sugli elementi di ricorrenza autoriale del regista britannico. Non l’hanno pensata allo stesso modo George Miller e i suoi giurati, che hanno inoltre premiato Xavier Dolan (per la seconda volta, dopo Mommy nel 2014) con il Gran Premio della Giuria per Juste la Fin du Monde e Andrea Arnold per American Honey con il premio della giuria (una sorta di secondo e terzo gradino del podio).
Il premio per la miglior regia vede un giustissimo ex aequo: Olivier Assayas per Personal Shopper e Cristian Mungiu per Bacalaureat.
Veniamo agli attori. Per la migliore interpretazione femminile vince Jaclyn Jose per Ma’ Rosa di Brillante Mendoza e l’attrice filippina sul palco ha commosso tutti per l’emozione incontenibile con cui ha ritirato il premio dalle mani di Valeria Golino e con voce tremante ringraziato tutti. Miglior attore Shahab Hosseini del film Forushande di Asghar Farhadi, film che è stato insignito anche del premio per la miglior sceneggiatura.
Sabato erano stati annunciati anche i premi delle sezioni Un certain regard, Quinzaine des realisateurs e Semaine de la critique. A bocca asciutta tutti gli italiani.
Un Certain Regard
The Happiest Day in the Life of Olli Mäki del finlandese Juho Kuosmanen vince il premio come miglior film. Un’opera asciutta e ruvida, in un bellissimo bianco e nero, che racconta la vita del boxer finlandese Olli Mäki e del suo match con Davey Moore nel 1962.
Premio della giuria al giapponese Harmonium, di Kôju Fukada; miglior regia a Matt Ross per Captain Fantastic, con Viggo Mortensen.
Premio speciale della giuria al film d’animazione dello studio Ghibli The Red Turtle, di Michaël Dudok de Wit.
Quinzaine des Realisateurs
Italiani a bocca asciutta e anche il bellissimo Neruda di Pablo Larrain escluso dai premi. Vince l’afgano Wolf and Sheep, opera prima di Shahrbanoo Sadat. A L’Effet Aquatique di Solveig Anspac è stato assegnato il premio SACD ai film in lingua francese, mentre il premio Europa Cinemas è stato assegnato a Mercenaire di Sacha Wolff.
Semaine de la Critique
Infine, la settimana della critica. Il Grand Prix Nespresso, il primo premio, va a Mimosas, film franco-marocchino diretto da Olivier Laxe. Il premio rivelazione France 4 se lo aggiudica Album di Mehmet Can Mertoğlu. Il premio SACD degli autori francesi va a Diamond Island di Davy Chou e Claire Maugendre.