Milanese, ma newyorchese d’adozione, Ivana Lo Stimolo torna a New York nel 2011 insieme al marito americano, Greg, e i due figli. Studi al Buffalo College e una lunga esperienza nel mondo della pubblicità, per poi voltare pagina e dedicarsi al real estate. Oggi lavora per la Brown Harris Stevens, una delle agenzie immobiliari più importanti e vuole diventare il punto di riferimento per gli italiani che vogliono investire a New York.
Ha fondato il gruppo New York Italian Women con l’obiettivo di fare networking tra donne italiane nella Grande Mela. Nato su Facebook, oggi il gruppo è arrivato a oltre 300 iscritte, grazie anche al supporto di Silvia Vailati e Francesca, e in futuro vuole trasformarsi in un’associazione che sia un punto di riferimento per tutte le nuove donne italiane che arrivano a New York.
Come è nato New York Italian Women?
“Da una mia esigenza personale. Nel momento in cui sono rientrata a New York mi mancava il mio gruppo di amiche di Milano, un gruppo di donne, di mamme con cui chiacchierare come si fa in Italia. L’idea era quella di socializzare partendo dalla condivisione della lingua e dell’essere italiane o italofile. Le conversazioni si tengono solo in italiano, ma non hanno l’obiettivo di imparare l’italiano. La condizione di partenza è la fluenza della lingua. Ci vediamo una volta al mese, socializziamo, condividiamo esperienze, organizziamo eventi, ci aiutiamo. Alcune ragazze hanno trovato lavoro grazie ai consigli e alla guida di alcune di noi. Il gruppo vuole cambiare volto e diventare una rete di solidarietà, un’associazione che aiuti le donne italiane che si trasferiscono a New York. Voglio creare un nuovo sito e iniziare a collaborare con il NOIAW, l’associazione che di recente ci ha approcciato perché interessati al nostro gruppo”.
Qual è il profilo della donna italiana che oggi decide di trasferirsi a New York?
“Sono tutte donne intelligenti, brillanti, giovani o meno giovani. Hanno molta grinta e riescono nell’obiettivo di conquistare questa città, avere una carriera brillante e crearsi una nuova identità. Sono donne free lance, architetti, medici, artiste, lavorano nel campo della moda o nella ristorazione”.
Pensi che ci sia solidarietà tra le italiane di New York?
“Il bello di New York è che ci sono così tanti italiani che ognuno può scegliere il proprio gruppo. Alcuni di quelli che vivono qui da molti anni si sentono già newyorchesi e non sono interessati a socializzare con i connazionali. I nuovi arrivati hanno spesso molto più interesse. Il mio obiettivo è quello di fare gruppo in maniera positiva, crescere sempre di più, essere eterogenei. E soprattutto: aiutare le donne perché mi sono resa conto che anche negli Stati Uniti c’è una certa mentalità maschilista e per le donne non è sempre tutto facile. Voglio dare voce alle donne italiane”.
Tu che sei italiana, hai sposato un americano e oggi vivi a New York, quali pensi siano le differenze principali tra una donna italiana e una americana quando si parla di socializzazione e amicizia?
“Il motivo per cui ho creato questo gruppo è perché ho riscontrato una certa difficoltà a socializzare in maniera più profonda con le donne americane. Trovo che, ammesso che ci sono anche e sempre delle eccezioni, le donne americane hanno un approccio più superficiale, non vanno mai in profondità. Preferiscono avere amiche per settori (amiche dello yoga, cinema) e raramente scatta quella scintilla come tra noi italiane. È un modo diverso di essere al mondo”.
Invece con le donne italo-americane pensi che ci sia ancora questa diaspora?
“Io credo che bisogna prendere consapevolezza che siamo due culture diverse che condividono molti elementi in comune, fra tutti l’amore per l’Italia. Bisogna collaborare, lavorare insieme e fare gruppo consapevoli della diversità. Mai trovare sovrapposizioni, ma percorsi di unione”.

Parliamo di te e del tuo lavoro. Hai lasciato il mondo della pubblicità per approdare nel settore immobiliare a New York.
“Volevo cambiare pagina e dedicarmi alla mia famiglia. Poi a New York ho tentato questa avventura che mi entusiasma molto. Volevo fare un’esperienza diversa. Oggi i miei clienti sono 50% italiani e altri americani”.
Che spaccato ci consegni della New York immobiliare, tu che vivi questa realtà quotidianamente. Sta diventando una città per ricchi?
“Molti investitori stranieri sono andati via. Sta diventando un mercato solo per ricchi. La 57th Street, lungo park avenue, è stata ribattezzata la strada dei milionari perché ci sono mega palazzi per ricchissimi. È una città spaccata in due: ricchissimi che comprano case lussuose e quelli che faticano a sopravvivere”.
Colpa dei millennial e della gentrificazione?
“Entrambi hanno cambiato e stanno cambiando il volto alla città. New York è una città votata al necessario cambiamento. Non è statica e non lo sarà mai”.
Tu che eri qui anche negli anni Novanta e poi sei rientrata nel 2011, che cambiamenti hai notato?
“Sicuramente il vero cambiamento è rispetto agli anni Settanta e Ottanta quando la città era pericolossisima, sporca, ma in mano ai newyorchesi. Chi ha vissuto quegli anni parla di una straordinaria e unica energia. Io trovo che New York sia oggi una città molto sicura, pulita e rimane ancora il centro del mondo”.
Dove amano comprare casa gli italiani nella Grande Mela?
Se sono investitori, spesso puntano solo su Manhattan e non vogliono sentire parlare di Brooklyn o altre zone che non conoscono. Non si vogliono allontanare da Upper West Side, Upper East Side o Midtown. Chi compra casa qui per viverci e conosce meglio il mercato preferisce Brooklyn.
Dopo il boom di Brooklyn, dove si sta spostando il mercato? Dove puntare per un buon investimento?
“Brooklyn rimane ancora un quartiere di tendenza, ma è come in una bolla. Tribeca, Soho, rimangono sempre sulla cresta dell’onda, ma sono carissimi. Ci sono delle zone poco esplorate del Lower East Side, ma anche dell’Upper West Side. Punterei su Astoria perché e’ vicino Manhattan, multiculturale e con una grande energia. Una zona interessante è anche Inwood dove i prezzi non sono alti e sei a Manhattan. Se hai dei figli e puoi permettertelo, consiglio sempre l’Upper West o East side vicino Central Park”.
Perché alcune zone, secondo te, come Harlem e il Bronx, sono state sfiorate dal processo di gentrificazione?
“Perché è difficile sradicare l’anima della popolazione locale”.
Parliamo invece della tua Milano, una città che sembra rinata non trovi?
“A me onestamente manca la Milano degli anni Ottanta-Novanta, quando era una vera città italiana. La Milano di oggi non mi piace. La trovo molto insicura, fagocitata da un mercato immobiliare quasi fuori controllo e incapace di elaborare e fare fronte al flusso di immigrazione. Non è una città che si può confrontare con New York. Quando vivi a New York ti chiedi: where else?”.
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