Amava la donna e disprezzava le donne. A ragione veduta. Le giudicava “incapaci di affermare se stesse”, perché ostentare “la maternità come valore biologico non è nella direzione della cultura, della scienza, del progresso, basti pensare all’affermarsi della fecondazione artificiale”. Non voleva essere “né madre né sorella delle giovani d’oggi”, ritenendo che “i rapporti biologici sono sempre stati fallimentari per le donne, perché le hanno costrette dentro ruoli che sono diventate prigioni per il loro sesso. Per costruire un legame, che sia in grado di produrre il passaggio di memoria, è necessario andare oltre la propria realtà fisica e sessuale. Considerare la donna un soggetto che goda di piena titolarità”.
Era Ida Magli, la più grande antropologa italiana, ma anche filosofa, teologa e politologa: è morta il 21 febbraio a novant’anni, ma l’intellighenzia di Stato non le ha dedicato cerimonie funebri pubbliche, come a Umberto Eco. S’ignora chi è scomodo ed è scomodo chi dice la verità che toglie il velo dell’ipocrisia dalle facce dei potenti. “Il potere è sacro. Nessuno osa toccare il Sacro”, aveva spiegato la Magli. Ma lei l’ha fatto nelle università in cui ha insegnato, sui giornali per i quali poi ha smesso di scrivere. Scriveva da quindici anni in libertà su Il Giornale, considerato un quotidiano non politicamente corretto. E sono bastati i titoli dei libri che ha pubblicato negli ultimi anni a designarla una guerrafondaia: Contro l’Europa, Per una rivoluzione italiana, La Dittatura Europea, Omaggio agli italiani, Dopo l’Occidente, Difendere l’Italia. Probabilmente non sono stati davvero letti, perché i ragionamenti della Magli sarebbero stati pressoché inconfutabili da chi non avesse pregiudizi. Voleva salvare la grandezza degli italiani, capaci di creare sempre. Voleva salvare l’Europa, che si apre “oscenamente compiaciuta della propria femminilità”, limitando l’ingresso dei musulmani per difendere la nostra libertà di pensiero, le nostre conquiste sociali, la civiltà della nostra cultura. Perché “le culture finiscono quando muoiono i loro portatori. Muoiono prima socialmente e culturalmente, poi fisicamente”. E lo scriveva già nel 2007 ne Il mulino di Ofelia. Uomini e Dei. Non si capacitava che “il Papa, l’unico che potrebbe dire tutta la verità sul Corano e Maometto, ancora non l’ha fatto. Che ci fanno gli Europei con la Misericordina? La tattica di Bergoglio è fallita in partenza”. Se volete approfondire il suo pensiero, andate a leggere il sito aperto dalla Magli: www.italianiliberi.it
Aveva dedicato anni di studio e libri alla storia delle religioni. La sua formazione culturale era partita proprio da Adamo ed Eva: aveva indagato su cosa fosse successo tra loro e perché stiamo per ripiombare nel maschilismo oscurantista, stavolta islamico. E ne aveva scritto in Sesso e potere, La sessualità maschile, La femmina dell’uomo, la dignità della donna. E’ stata la prima a tradurre e pubblicare un capitolo fondamentale de Il diritto Materno di Johann Jakob Bachofen, dove il grande giurista, storico e antropologo svizzero spiega, attraverso l’analisi dei miti dei popoli antichi e le credenze delle popolazioni primitive, come “da sempre la lotta tra i sessi è la lotta tra sole e luna per il predominio della terra”.
Aveva 53 anni quando pubblicò uno dei suoi primi libri, Matriarcato e potere delle donne, io ne avevo 23 e mi ha cambiato la vita. Ho preso coscienza della forza femminile, ho fatto mio il mitologema delle Amazzoni. Mi ha illuminato la via che volevo imboccare, ma che non era quella scelta per me da mia madre: famiglia e figli. Ida Magli non è stata una madre, ma una dea. Mi dispiace di non averglielo detto quando anni fa, colpita da un pezzo che avevo scritto, volle conoscermi e cominciammo a telefonarci. Non ci siamo mai incontrate e forse per questo poi abbiamo interrotto i contatti. Non ho letto tutto quello che ha pubblicato ma, quando leggevo il suo pensiero, non era simile o vicino al mio, era proprio il mio. Il pensarla come lei mi dava dapprima una sensazione di esultanza, poi percepivo la sua forza, ma solo ora capisco quello che Ida Magli intendeva: un legame intellettuale può produrre un passaggio di memoria senza necessità di contatto fisico.