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January 8, 2016
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January 8, 2016
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Obama e le armi: chi fa piangere l’America

Mezza America pensa che Obama stia escogitando un trucco per portarle via le armi

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

Che un popolo in democrazia, anzi soprattutto in democrazia, accolga con scetticismo le mosse legislative (a maggior ragione se “excecutive order”, quindi senza l’assenso del Parlamento) di un governante, non lo consideriamo un difetto, ma un pregio. Eppure ieri sera, nello show messo in onda dalla CNN con Barack Obama, con la formula del Town Hall meeting, alcuni americani hanno mostrato ben altro che un sano scetticismo: certi rappresentanti di molta America semplicemente “don’t trust” Obama. Anzi, sulla questione del “gun control”, non è solo più una questione di fiducia nelle capacità della Casa Bianca di trovare una soluzione adatta, ma ormai questa mezza America addirittura si sarebbe convinta (o meglio, sarebbe stata convinta) che il Presidente degli Stati Uniti stia tramando una cospirazione, abbia escogitato un “dirty trick” (un gioco sporco) per ingannare gli americani e confiscargli le armi come passo successivo a quello della schedatura obbligatoria. Insomma molta America pensa che Obama stia cospirando contro la Costituzione.

Mentre Obama rispondeva alle domande di cittadini americani provenienti da diverse zone degli States, alcuni pure ben noti al grande pubblico (come Taya Kyle, la vedova-scrittrice di “American Sniper”  e la ex Congresswoman Gabrielle Giffords, sopravvissuta miracolosamente ad un attacco di uno sparatore, col marito astronauta Mark Kelly), altri sconosciuti, ci siamo resi conto che le cifre e i fatti elencati dal presidente per cercare di scuotere il paese su una migliore regolamentazione all’accesso alle armi negli Stati Uniti, per certe menti ormai spaventate dall’opera propagandistica di certe lobby, questi non valgano più niente. Ma non perché 30 mila morti all’anno per arma da fuoco, tra suicidi, incidenti (bambini che trovano armi in casa…), sparatorie, fossero contestate, giudicate sbagliate, o ininfluenti al dibattito. No, le cifre non si contestano più, ma ora si dipinge come fosse Belzebù chi almeno propone una soluzione per limitare il numero delle vittime di un grave fenomeno.

Come ad un certo punto il bravo moderatore Anderson Cooper ha cercato di spiegare allo stesso presidente, tanti americani sono coscienti delle cifre del dramma ma “non si fidano di lui”: pensano che Obama proponga di schedare ulteriormente i cittadini onesti che posseggono armi per poi un giorno confiscargliele. Il presidente, che ci è apparso con lo sguardo un po’ allibito dal livello di “distrust” nei suoi confronti, non ha trovato meglio da dire al conduttore della CNN, come se fosse qualcosa di “rassicurante”, che dopotutto “mi rimangono ormai solo 12 mesi alla fine della mia presidenza…” Quindi non ci sarebbe neanche il tempo per chissà quale piano nascosto.

Le gaffe di Obama, che nel cercare di essere logico e allo stesso tempo rassicurante in una sala che troppo spesso specchiava invece la paura della violenza in America che cerca di difendersi sparando, lo hanno fatto apparire in certi casi poco sensibile e distante. Come quando ad una giovane donna, vittima dieci anni prima di uno stupro, e che adesso chiedeva al presidente che per proteggere se stessa e i suoi figli aveva bisogno di accesso garantito alle armi e che temeva che la sua legislazione stesse cercando di impedirglielo, ecco Obama ha cercato di rassicurarla dicendole la verità, ma decidendo il modo e soprattuto l’audience sbagliata per farlo. Obama ha cominciato ad elencare la statistica che dice che avere un’arma in casa non diminuisca le possibilità di rimanere vittima di certi crimini e anzi avere quell’arma può diventare controproducente nel peggioramento del crimine subito. L’effetto sul pubblico è stato contrario a quello cercato.

Un Obama in tv al di sotto delle aspettative per la causa del gun control, appare finalmente all’altezza nel compito scritto, quando nelle stesse ore esce la sua firma nella pagina op/ed del New York Times. Con argomenti chiari, che mostrano come il presidente si senta sicuro di trovarsi nel giusto con la maggioranza degli americani su questa delicata questione. Qui finalmente, senza esitazioni, Obama ha anche scritto che lui non appoggerà nessun candidato al Congresso che non cambierà posizione sul gun control: “I will not campaign for, vote for or support any candidate, even in my own party, who does not support common-sense gun reform. And if the 90 percent of Americans who do support common-sense gun reforms join me, we will elect the leadership we deserte”.

E finalmente Obama, insistendo come tutti ora abbiamo bisogno di leader “coraggiosi abbastanza per confrontarsi contro le menzogne portate avanti dalle lobby della armi”.

Nel suo articolo come in tv, Obama ha anche puntato su un aspetto del problema che troviamo tanto vero quanto assurdo per non essere ancora stato affrontato: quello della tecnologia sulle armi. Come è possibile che una società che riesce a mandare l’uomo sulla luna, non riesca a costruire armi sicure? Perché non si hanno ancora pistole che consentano di essere usate solo dal legittimo proprietario? Perché i fabbricanti di armi godono di leggi che li proteggono da qualunque causa?

Scrive Obama:

“As Americans, we hold consumer goods to high standards to keep our families and communities safe. Cars have to meet safety and emissions requirements. Food has to be clean and safe. We will not end the cycle of gun violence until we demand that the gun industry take simple actions to make its products safer as well. If a child can’t open a bottle of aspirin, we should also make sure she can’t pull the trigger of a gun (…)

(…) At a time when manufacturers are enjoying soaring profits, they should invest in research to make guns smarter and safer, like developing microstamping for ammunition, which can help trace bullets found at crime scenes to specific guns. And like all industries, gun manufacturers owe it to their customers to be better corporate citizens by selling weapons only to responsible actors”.

 

Ma cosa rispondono  i leader di organizzazioni come la NRA? Innanzitutto, non vanno neanche ai dibattiti con chi la pensa diversamente da loro, o mettono piede alla Casa Bianca, come Obama ha rivelato ieri, di averli invitati più volte a discutere e che non si sono mai presentati. E perché? Perché i loro sostenitori non gli fanno pesare questa “anti-americanità” a pretendere di essere immuni dal dibattito? Cosa rispondono? Ah, già, loro non vanno a “sporcarsi” con chi “cospira” contro la Costituzione…

L’Obama visto in tv ci è apparso come scosso dalla sfiducia di certi americani, che credono alle bugie portate avanti da certe lobby per far apparire le sue ultime mosse come parte di una conspiracy per togliere le armi da ogni casa americana.

Come ha detto il Presidente, questi provvedimenti che si cercano di attuare non risolveranno il problema, ma lo allevieranno. Come rendendo obbligatorie le cinture di sicurezza in auto non elimina gli incidenti ma almeno ne riduce le vittime. Concetti che ci appaiono facili, limpidi. Ma che il potere del denaro di certe industrie di armamenti può far di colpo apparire come cospiratori e autoritari.

E’ vero, a Barack restano solo 12 mesi. Ma su questo tema non deve e non può mollare, se vorrà mantenere la fiducia, almeno di chi ha creduto nelle sue lacrime per i bambini trucidati in una scuola del Connecticut. Ma anche per far ricredere chi è arrivato a pensare che anche quelle lacrime siano state un atto di una lucifera cospirazione, quando invece sono la sofferenza dell’uomo a capo della più potente potenza del mondo che si sente così debole difronte all’ ingordigia e stupidità umana.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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