Le idee migliori, affermava Erasmo da Rotterdam, non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia. Andrea Bartoli, il notaio-guro che ha trasformato un malandato rione antico di Favara, un paesone alle porte di Agrigento, in un’attrazione internazionale per gli appassionati di arte contemporanea, può davvero essere definito un visionario le cui idee, in terra di Sicilia, rasentano la follia. Perché è da folli investire su un centro storico cadente e dare vita ad un laboratorio a cielo aperto, ad un santuario dell’arte e della creatività.
In cinque anni, la Farm Cultural Park è diventata il secondo sito turistico più visitato della provincia agrigentina, solo dopo la Valle dei Templi. Persino la Lonely Planet, la bibbia del viaggiatore, riserva delle pagine alla creatura nata dalla mente fervidissima di Bartoli; mente che non sembra fermarsi mai, ma anzi progetta, architetta, elabora, sogna. L’ultima invenzione figlia del Bartoli-pensiero è il Children’s Museum. “Un luogo per il futuro- recita il manifesto ispiratore- dove i bambini di tutte le età potranno giocare, imparare e sognare, per coltivare pensiero critico, responsabilità sociale e consapevolezza globale e per aiutarli a rendere il mondo migliore”.

La Farm Cultural Park di Favara
Per realizzare questo progetto, il notaio- guru ha rilevato un vecchio palazzone decadente, come decadenti sono le famiglie nobili che si sono spartiti il controllo della Sicilia nei secoli ed ora hanno lasciato in rovina perle incastonate nel ventre delle città. Palazzo Micciché si trova a due passi dai Sette Cortili, quel lembo di Favara divenuto, grazie alla Farm, l’esperimento urbano più interessante realizzato in Trinacria negli ultimi anni. Ma per generare la sua ultima creatura, per rendere fisico quello spazio ancora mentale, a Bartoli serve un milione di euro. Una sfida senza precedenti, roba da sognatori o forse meglio da folli. Se per gli altri raccogliere una cifra così stratosferica rappresenta un’impresa al limite dell’impossibile, per il notaio-coraggioso pare figurarsi invece come un’iniziativa alla sua portata. Lui, che ha una visione internazionale, guarda agli Stati Uniti. D’altronde negli States sono nati i “musei dei bambini” alla fine dell’800. Luoghi differenti tra loro, ma uniti da un denominatore comune: la creatività.
Alla base del meccanismo dei Children’s Museum sparsi per il pianeta vi è un metodo pedagogico innovativo, dove l’educazione non formale è intesa come la capacità del bambino di apprendere tramite l’esperienza diretta. Gli obiettivi che si pongono i “musei” vertono allo sviluppo cognitivo e alla valorizzazione del talento creativo delle giovanissime generazioni. “A noi- fantastica Andrea Bartoli- piace pensare alla Farm Children’s Museum come una scuola per cambiare Favara, e perché no, la Sicilia intera”. Previsti, all’interno del palazzo Micciché appena restaurato, spazi ludici ed altri riservati alla formazione dei più piccoli per suscitare e incoraggiarne il loro talento, affinandolo, perfezionandolo, perché a dirla con Georges Brassens, “senza tecnica, il talento non è altro che un abito sporco”. Ma la strada che corre tra il sogno e la realtà è lastricata da un milione di euro. Soldi che scommette di raccogliere attraverso donazioni private. Bartoli si è dato un tempo per raccogliere i fondi necessari e offrire all’Isola la sua ultima creazione: due anni.
Per la terra di Sicilia, foriera di intelligenze ma arida di denari, l’impresa lambisce il limite dell’impossibile. Ma il notaio-guru, mente brillante e visione internazionale, guarda verso occidente, in direzione degli Stati Uniti, dove è oramai prassi consolidata quella di avviare le campagne di raccolta fondi su piattaforme specializzate e transnazionali. Una campagna “glocal” perciò, alla caccia di finanziatori e di patrocinatori, mecenati proprio come lui, novello Lorenzo De Medici all’ombra dei templi greci.
Intanto, sul sito internet della Farm è stata creata una intera sezione dedicata alla nuova scommessa, con tanto di countdown che misura la distanza monetaria alla méta, corredata dalle slide illustrative del progetto architettonico e l’elenco dei riconoscimenti da assegnare ai donatori in base al loro grado di generosità. Il Bartoli-pensiero non sembra quindi arrestarsi, ed è pronto a regalare alla sua terra una nuova opportunità di riscatto che punta sulla creatività, sull’arte e sulla cultura come nuove forme di sviluppo economico. Perché la tesi secondo cui con la cultura non si mangia non è un assioma inconfutabile.