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Da stanotte fino all’alba la Valle dei Templi di Agrigento sotto il segno di Google

Giulio AmbrosettibyGiulio Ambrosetti
Time: 9 mins read

I fondatori di Google, Sergey Brin e Larry Page, hanno già staccato un assegno da 100 mila euro. Per una notte la Valle dei Templi sarà a loro esclusiva disposizione. Anzi, per essere precisi, sarà il luogo magico dove, stasera, si ritroveranno gli invitati al “Camp” di Google, la riunione dei big di internet. Appuntamento esclusivo, se è vero che oggi, “per motivi di sicurezza pubblica, l’accesso dei visitatori all’area archeologica sarà possibile fino alle ore 16.30 con uscita alle ore 18.00”, spiegano i gestori dell’Ente Parco della Valle dei Templi. Non solo. Gli organizzatori, con altri 10 mila euro, avranno a disposizione la piazza di Borgo Bonsignore, uno dei borghi rurali voluti dai tecnocrati di Mussolini nei primi anni ’40, quando il ‘Duce’, dopo aver spedito nell’Isola il ‘Prefetto di ferro’, Cesare Mori, per combattere la mafia, si era messo in testa di eliminare il latifondo siciliano, espressione non solo simbolica della vecchia Sicilia di gabelloti e campieri.

Vennero così costruiti alcuni borghi rurali a cura dall’Ente per la colonizzazione del latifondo siciliano, creazione di Giuseppe Tassinari, un dei più grandi agronomi di quegli anni. Non tanti, perché di lì a poco l’Italia sarebbe entrata in guerra. Borghi molto belli, immersi nel verde della campagna, con case e annessa chiesa. Uno di questi, per l’appunto, è Borgo Bonsignore. Si trova a Ribera, cittadina dell’Agrigentino nota per le sue arance bionde, a un tiro di schioppo dal Verdura Golf Resort di Rocco Forte, al confine con Sciacca. Borgo Bonsignore – uno dei pochi Borghi degli anni ’40 non abbandonato, ma valorizzato in chiave turistica – domina la valle del fiume Platani, a due passi dal promontorio di Capo Bianco, dove la città di Eraclea Minoa sarebbe sprofondata in mare. In questo tratto di costa si staglia quello che Pirandello chiamava “il mare africano”. La leggenda vuole che in questi luoghi di bellezza struggente Minosse avrebbe inseguito Dedalo, ‘reo’ di aver aiutato Arianna e Teseo a fuggire dal Labirino. Viaggio senza ritorno, per Minosse, che qui avrebbe trovato la morte, ucciso dalle figlie di Kocalo, si racconta durante un bagno caldo.

Ma, mitologia a parte, chi saranno gli ospiti dei fondatori di Google? Si parla di Bill Gates, Giorgio Armani,

Sergey Brin e Larry Page

Sergey Brin e Larry Page

David Beckham, Alicia Keys, John e Lapo Elkann, Jovanotti, Andrea Bocelli, John Legend e Arianna Huffington e altri personaggi della cultura e dello spettacolo. Dicono che da stasera alle 19,00 fino all’alba gli ospiti saranno circa 300. Piaccia o no, ai duri e puri del “nessuno tocchi la Sicilia”, ma quella di stasera è una vittoria della Sicilia che funziona. E che sa proiettarsi con intelligenza nel firmamento dell’economia internazionale. Promuovendo un territorio che la Regione siciliana autonoma, in quasi settant’anni, ha valorizzato poco e male, pur spendendo, negli anni, cifre colossali. Operazioni di marketing fallimentari. Con la maggior parte di budget miliardari – erano gli anni in cui la Regione di soldi ne aveva tanti – spesi in Sicilia per promuovere la Sicilia. Una costosa farsa per spartire soldi ad amici & parenti, sotto gli occhi ‘distratti’ di tutte le ‘autorità’. Ancora oggi basta recarsi all’aeroporto Punta Raisi di Palermo (ribattezzato Falcone e Borsellino) per ‘ammirare’ i cartelloni che promuovono la Sicilia in Sicilia. Magari assieme a una beffarda e farsesca campagna sulla finta prevenzione sanitaria: soldi strappati da una sanità siciliana a brandelli per foraggiare i soliti amici. Della serie, la Sicilia dei furbi che non cambia mai.   

Invece il Parco archeologico di Agrigento, finalmente gestito con intelligenza, non spreca i soldi pubblici. Risorse finanziarie che, peraltro, la Regione siciliana non ha più, derubata negli ultimi anni da governi nazionali che spolpano le Regioni e i Comuni per pagare il ‘dazio’ al Minotauro chiamato Europa dell’Euro, tra calcoli truffaldini del debito pubblico e il ‘pizzo’ filo-tedesco chiamato spread. Nonostante i problemi creati dall’Europa (è di queste ore la notizia di una nuova tassa per foraggiare le solite banche a cui si somma la proposta dei formaggi da produrre senza latte!), la Sicilia che funziona si difende. Il Parco archeologico, come già accennato, guadagnerà, anzi, ha già incassato 100 mila euro. Dettando, tra l’altro, condizioni stringenti, nel rispetto di luoghi bellissimi, gestiti con oculatezza.

Non ci capita spesso – soprattutto con i tempi che corrono – di parlare bene della Sicilia. Ma in questo caso

Capo Bianco

Capo Bianco

 non possiamo che essere felici di raccontare ai nostri lettori – soprattutto ai lettori americani – un’Isola che funziona nonostante le politiche regionale, nazionale finto-europeista che provocano solo enormi danni economici e sociali. Dicevamo delle condizioni stringenti nel rispetto dei luoghi. Ovvero tavoli, catering e palchi da sistemare solo in angoli prestabiliti. Tutto da smontare e portare via subito dopo la manifestazione.

Dietro l’appuntamento di stasera c’è un lavoro che va avanti da tempo. I signori di Mountain View sono venuti in visita nella Valle dei Templi lo scorso anno, quando è stato organizzato un evento nel Parco archeologico di Selinunte, in provincia di Trapani. I giornali oggi parlano dell’architetto Giuseppe Parello, nominato ai vertici del Parco archeologico della Valle dei Templi nel 2011. Da allora ad oggi l’atmosfera tra il Tempio della Concordia e il Tempio di Giunone è cambiata. C’è più attenzione, come dire?, all’aspetto manageriale. Cosa non da poco in un’Isola dove monumenti, musei e aree archeologiche sono spesso abbandonate (trovare in un museo siciliano personale che parla l’inglese è quasi un miracolo…).

Parello, invece, ha portato da poco più di 2 milioni di euro a 4 milioni di euro il ricavo della vendita di biglietti. Con lui la Valle dei Templi sembra tornata ai tempi di Alexander Hardcastle, il capitano dell’aeronautica inglese che, tra gli anni ’20 e gli anni ’30 del secolo passato, non ancora cinquantenne, venne in visita ad Agrigento, che allora si chiamava Girgenti. Hardcastle s’innamorò di una città che, ai suoi occhi, era un sogno. Benestante, se non ricco, impegnò tutti i suoi soldi per valorizzare l’area archeologica che gli agrigentini di quegli anni consideravano poco meno di niente. Basti pensare che alcune centinaia di anni prima i resti di alcune colonne dei Templi erano stati utilizzati per costruire il porto della città…

Alexander Hardcastle

Il busto di Alexander Hardcastle

Si racconta che, rimasto a corto di soldi, visto che li aveva spesi tutti per Agrigento, si catapultò da Mussolini. Il ‘Duce’, prima di riceverlo, si era fatto inviare un'informativa dal federale e dal podestà di Agrigento. Questi ultimi gli avevano detto che il capitano dell’aeronautica di sua maestà la regina d’Inghilterra era un matto, per la precisione ‘u inglisi spirdutu 'nmezzo ‘i templi (l’inglese sperduto in mezzo ai Templi: così lo chiamavano gli agrigentini di quegli anni).

Pensavano di farsi belli con 'Lui', che notoriamente non amava l'Inghilterra. Il capo del fascismo ascoltò con attenzione Hardcastle. E capì tutto. Chiamò federale e podestà di Agrigento e gli disse che, se non avessero fatto tutto quello che diceva il capitano inglese, li avrebbe fatti arrestare. Conoscendo il loro ‘capo’ – e ricordando, soprattutto, quello che il suo emissario, il Prefetto Mori, aveva fatto in Sicilia (migliaia di mafiosi arrestati e tanti boss fuggiti negli Stati Uniti d’America), prima di dover cedere, ma con l’onore delle armi alla borghesia mafiosa che anche allora,come oggi, occupava i vertici della società siciliana – tornarono ad Agrigento con la coda in mezzo alle gambe. E da allora la Valle dei Templi iniziò a splendere (Hardcastle, per la cronaca, è sepolto nel cimitero cittadino di Bonamorone in una cappella con una finestra che dà sulla Valle dei Templi, secondo le sua volontà).

Oggi, come allora, grazie all’attivismo di Parello e dei suoi collaboratori, sono state avviate numerose campagne di scavi. Con partner internazionali che già negli anni passati avrebbero voluto lavorare ad Agrigento, ignorati da una politica per lo più dedita solo alle tangenti, alla gestione truffaldina dell’acqua e delle discariche e alla rapina del territorio. E chissà, magari tra qualche anno, potrebbe essere ritrovato il Teatro cercato e mai trovato da Hardcastle.

Sempre a cura del Parco archeologico vanno segnalate la caffetteria, la passerella pedonale, la nuova

Museo di san Nicola

Museo archeologico di San Nicola ad Agrigento

illuminazione notturna a Led con un risparmio energetico del 66 per cento, con la riduzione di emissione di anidride carbonica. E, naturalmente, il Museo archeologico di San Nicola che tutto il mondo ci invidia. Insomma, oggi il Parco archeologico di Agrigento dimostra che per gestire i beni culturali non c’è bisogno di ricorrere ai privati (che in alcuni casi, in Sicilia, non solo si sono dimostrati fallimentari, ma facevano pure la ‘cresta’ sugli incassi che, in parte, sarebbero dovuti andare alla Regione rimasta a bocca asciutta: gabbata e truffata).    

A ciascuno il suo, però. Parello è bravo. Ma ci sono anche altri protagonisti della rinascita di questi luoghi. Per esempio, il Museo vivente del mandorlo con ben 300 varietà. Una banca del germoplasma di questa specie vegetale realizzata grazie all’università di Palermo, facoltà di Agraria. E, ancora, l’olio di oliva extra vergine del Parco di Kolimbetra, altro gioiello voluto dalla Regione (per la precisione, dall’ex presidente della Regione, l’agrigentino Angelo Capodicasa), prodotto dagli ulivi secolari di questo giardino (come vi abbiamo raccontato qui). Quindi la capra Girgentana (prende il nome dalla già citata Girgenti). Una razza di taglia media, con il pelo lungo, folto e bianco, talvolta maculato. E con le caratteristiche corna a spirale, presenti sia nei maschi, sia nelle femmine. Di origine asiatica, in Sicilia la capra Girgentana sembrerebbe arrivata con gli arabi, nell’800 dopo Cristo (ad Agrigento gli arabi, più che agricoltori, erano un po’ nomadi).

Non mancherà la musica, stasera. Suoneranno il sassofonista Gianni Gebbia e l’arpista Rosellina Guzzo. Due artisti siciliani. E non dovrebbe mancare la cucina siciliana.

Chissà, magari domani gli ospiti, prima di ripartire, troveranno il tempo per visitare i luoghi tutti a portata di mano: Sciacca con il suo mare, le sue ceramiche e il suo unico Giardino incantato, omaggio allo scultore Filippo Bentivegna, detto Filippu ri 'i testi: uno sciacchitano emigrato negli Stati Uniti d'America nei primi del '900 e tornato nel suo paese per scolpire centinaia di teste nella sua casa di campagna: un percorso misterioso di un uomo misterioso; poi Caltabellotta, cittadina arroccata su una montagna che domina tutta la valle del Platani; e, ancora, la spiaggia di Eraclea, la riserva naturale di Torre Salsa, la fantastica spiaggia di Giallonardo, Porto Empedocle, San Leone, magari arrivando anche a Punta Bianca. Altri luoghi magici. Macchiati – nel caso di Agrigento – dal mare inquinato, perché i depuratori non vengono fatti funzionare.

Del resto, se la Regione siciliana affama i Comuni rubandogli l’acqua (è incredibile come l’acqua dei monti Sicani sia finita alla Nestlè a prezzi stracciati e rivenduta agli stessi siciliani con il marchio di ‘Acqua Vera’: il solito governo di Rosario Crocetta, vera e propria jattura), se la stessa Regione non potenzia la raccolta differenziata dei rifiuti per favorire i privati proprietari delle discariche, perché mai dovrebbero funzionare i depuratori? E infatti non funzionano (è di queste ore un intervento della magistratura). 

Dimenticavamo: la Valle dei Templi ha il ‘bollino’ dell’Unesco. Ma per essere valorizzata non ne ha avuto bisogno. Anche perché l’Unesco, quando qualcuno ha pensato di realizzare il rigassificatore più grande d’Europa a Porto Empedocle (inquinamento assicurato e pericoli), a meno di un chilometro dalla Valle dei Templi, non ha proferito parola. Del resto, il ‘bollino’ dell’Unesco, almeno in Sicilia, serve soltanto alle città provinciali – Palermo in testa – per provare a nascondere l’immondizia non raccolta per le strade e gli appalti folli per la metropolitana (contestata anche dall’ordine degli Ingegneri). Affari e inefficienze da dimenticare grazie al “percorso arabo-normanno” con il 'bollino' Unesco (come vi abbiamo raccontato qui). Miserie. Del resto, se con i nomi altisonanti dell’antimafia si coprono i grandi affari, perché non utilizzare l’Unesco per coprire insufficienze e altri affari? 

Ma queste, lo ribadiamo, sono solo miserie. Alla solita Sicilia dei furbi, oggi, contrapponiamo la Sicilia che funziona. Con la macchia dei depuratori che, in alcuni casi, non funzionano. Beh, questo lo dobbiamo dire. A che servirebbe nascondere le miserie di una politica tradizionale che gira ancora a vuoto (e attorno al denaro facile)?  

 

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Giulio Ambrosetti

Giulio Ambrosetti

Sono nato a Palermo, ma mi considero agrigentino. Mio nonno paterno, che adoravo, era nato ad Agrigento. Ho vissuto a Sciacca, la cittadina dei miei genitori. Ho cominciato a scrivere nei giornali nel 1978. Faccio il cronista. Scrivo tutto quello che vedo, che capisco, o m’illudo di capire. Sono cresciuto al quotidiano L’Ora di Palermo, dove sono rimasto fino alla chiusura. L’Ora mi ha lasciato nell’anima il gusto per la libertà che mal si concilia con la Sicilia. Ho scritto per anni dalla Sicilia per America Oggi e adesso per La Voce di New York in totale libertà.

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