Scrive Bloomberg: “Il governo greco è pronto a pronunciare un grande no a un cattivo accordo. Lo ha detto il premier greco Alexis Tsipras dopo l'incontro con il cancelliere austriaco Werner Faymann”. Il leader greco ha aggiunto che il suo Paese può senza problemi centrare “gli obiettivi di bilancio fissati dalle istituzioni per il 2015 e 2016".
Nei giorni scorsi la crisi finanziaria greca – la cui soluzione è contenuta in un progetto che il capo del governo ellenico, Alexis Tsipras, aveva proposto al Bruxelles Group, e che aveva incontrato il parere favorevole della cancelliera tedesca, Angela Merkel – ha fatto intravedere uno spiraglio di soluzione, seppure nel medio lungo periodo. Tale spiraglio è stato immediatamente chiuso dal Fondo Monetario Internazionale che ha detto che il progetto di risanamento finanziario greco non è attendibile perché non prevede la sostenibilità del sistema pensionistico e, più in generale, la riduzione della spesa pubblica.
La replica di Tsipras non si è fatta attendere. Il leader greco ha affermato di non avere paura di prendere decisioni difficili. E ha aggiunto che sui tagli alle pensioni non si può fare di più: la proposta greca elimina gradualmente l'opzione del pensionamento anticipato da 2016. Un’impostazione che, a parere di Tsipras, genererà risparmi aggiuntivi per 2,5 miliardi nel periodo 2016-2022. Insomma, secondo il premier greco ottenere risparmi per 1,8 miliardi nel 2016 solo dai tagli alle pensioni non è possibile. Al contrario, la proposta greca porterà risparmi per 300 milioni.
"La richiesta di reperire risparmi con tagli alle pensioni è incomprensibile – ha sottolineato – se i leader europei insistono su questa incomprensibile richiesta si assumeranno il costo di conseguenze che non porteranno benefici a nessuno".
Il progetto di Tsipras è un modello di elaborazione di largo respiro, da statista che ha una vista lunga. In una recente intervista al Corriere della Sera, il leader greco ha detto: “La cosa più importante è trovare un accordo, non solo sul programma di assistenza al debito greco, ma anche sull'alba del nuovo giorno, cioè su come la Grecia tornerà il prima possibile sui mercati con una economia competitiva. Il nostro obiettivo è che le misure contengano l'elemento della redistribuzione e della giustizia sociale”.
Va da sé che la responsabilità non è interamente del FMI, perché tutti sappiamo com'è fatto tale organismo finanziario nato nel 1945 a Bretton Woods. Il che è quanto dire. Al punto che lo stesso Mario Monti, all'epoca del suo governo, rifiutò nettamente le offerte che da quella parte venivano generosamente avanzate. Il rifiuto di Monti aveva una ragione congrua. L’allora capo del governo italiano conosceva bene le condizioni capestro che il Fondo Monetario Internazionale pone in occasione delle sue offerte di denaro agli Stati in crisi finanziaria, al punto da ridurli alla povertà assoluta.
Del Fondo Monetario Internazionale ne hanno scritto a sufficienza economisti di livello mondiale, tra i quali Jozseph Stilitz o Amartya Sen o lo stesso Noam Chomsky. Stilitz, in particolare, accusa nel suo saggio “Globalization and its Discontdentis” (Globalizzazione e suoi oppositori), il Fondo di “avere imposto a tutti i Paesi una ricetta standardizzata, basata su una teoria economica semplicistica, che ha aggravato le difficoltà economiche anziché alleviarle”.
Amartya Sen, in una intervista all'Unità di qualche anno addietro, ha affermato che “queste istituzioni (con riferimento al Wto, alla Banca mondiale ed al Fmi) sono da cambiare. Per più motivi e perché rappresentano, seppure con pesi diversi, lo stesso potere (con riferimento agli Usa)”. Dello stesso avviso è Noam Chomsky, il quale sostiene che questo sistema è da cambiare perché è coordinato dal gruppo dei 7 (con riferimento ai Paesi più industrializzati).
Da questo quadro emerge la subalternità dell'Europa agli organismi internazionali che si è messa in casa senza valide ragioni. Il riferimento è agli Stati Uniti d'America, nonché alla Nato che, con la dichiarazione dell'UEO – Unione Europea Occidentale – avvenuta nel febbraio del 1997 in vista dell'allargamento ai Paesi dell'Est europeo – e poi ratificata dal Trattato di Amsterdam del 2 0ttobre 1997, ha di fatto affidato alla Nato la difesa comune dell'Europa unitaria.
Di fatto l'Unione Europea ha abdicato al suo ruolo autonomo nello scacchiere internazionale e si è ridotta ad appendice delle strategie imperialiste degli Usa. Di tutta questa impalcatura sovranazionale chi ne fa le spese è il povero Alexis Tsipras. Il quale non vuole uscire né dall'Europa, nè dall'Euro. Vorrebbe soltanto un po' di tempo e qualche dilazione nei pagamenti per onorare gli impegni che i suoi predecessori hanno assunto nei riguardi degli organismi finanziari internazionali. E benché sia la Banca Centrale Europea, sia il governo tedesco abbiano accolto con qualche apertura le proposte del governo greco, ecco spuntare il niet del Fondo Monetario Internazionale, la cui ricetta è quella di affamare il popolo greco e di spogliarlo delle poche risorse patrimoniali di cui dispone, attraverso la loro privatizzazione. Figurarsi che addirittura si discute della privatizzazione del porto di Atene, il Pireo.
In questo quadro Alexis Tsipras assume il ruolo di grande statista, in qualche misura riconosciuto dalle maggiori potenze europee, Germania e Francia in testa, mentre tutti gli altri assumono le sembianze di piccoli usurai, attaccati al soldo, privi di qualsiasi visione politica di prospettiva. Un riconoscimento alla Grecia di Tsipras è arrivato anche da Putin. Non è un caso se, su tanti giornali, si parla si un possibile aiuto del leader russo.
E l’Unione europea? Purtroppo, l'Europa si è ridotta a questo. Succube degli interessi finanziari internazionali e priva della consapevolezza di grande potenza economica che avrebbe dovuto assumere nello scacchiere internazionale. Ruolo che ormai è ampiamente coperto dalle potenze asiatiche emergenti.
Questo ruolo secondario che ha assunto l'Europa ha prodotto la nascita in molti Paesi europei di movimenti d'opinione e politici che professano l'uscita dall'Europa e dall'Euro, raccogliendo grandi consensi tra la popolazione e i loro concittadini.