Domenica 23 giugno, in occasione della prima giornata del Fancy Food Show, La Voce di New York ha incontrato la chef Lidia Bastianich, cuor italiana naturalizzata statunitense, specializzata nella cucina del Bel Paese e anche in quella italo americana, scrittrice di libri e conduttrice di programmi televisivi di cucina fin dal 1998.
Ha aperto diversi ristoranti di successo in società con i figli, alcuni di questi si trovano nella Grande Mela, come “Felidia”, “Del Posto”, “Becco”. Partner ufficiale di Eataly e molto altro, rimane una delle donne più influenti nel mondo del cibo e della cucina, non solamente negli USA o in Italia, ma in tutti i continenti.
Ieri Lidia era ospite come “Queen of the Champions” al padiglione italiano in occasione del taglio del nastro che ha dato inizio alla sessantasettesima edizione.
Le abbiamo chiesto quali novità si aspettasse da questo fancy food, e lei ha risposto così: “E’ essenziale, non solo per me, ma per tutti coloro che vogliono mangiare italiano che vogliono avere dei ristoranti autentici ritrovare, riscoprire il prodotto tradizionale”.
Poi ci ha spiegato: “Per quanto riguarda l’Italia ci sono ancora delle nicchie nascoste che però si stanno piano piano scoprendo. Ne è un esempio la colatura di pesce, in particolar modo delle alici, ma anche la ‘nduja calabrese, alcuni formaggi buonissimi provenienti da alcune regioni italiane, basta pensare ai pecorini e ai pepati sardi. L’Italia si è data da fare abbastanza, in questa esposizione sta crescendo tanto, porta i prodotti giusti, quelli che l’America vuole e di cui in realtà ha proprio bisogno”.
Con Lidia Bastianich spostiamo poi l’ attenzione su uno degli argomenti a lei più cari e che negli ultimi anni ha preso piede, non solo in Italia, ma anche negli USA e nel mondo: Slow Food.
Lidia ritiene che sia un’associazione molto valida, del resto lei ha collaborato con Petrini, il fondatore, fin dall’ inizio: “Credo che salvaguardare le tradizioni del cibo italiano e l’artigianato dei prodotti sia importante, perché oggi tutto si sta omogeneizzando, dunque ci deve essere una particolare attenzione alle identità che si vanno perdendo”.
Le chiediamo ancora se pensa che Slowfood sia un fenomeno adattabile all’ America, dove si sta comunque espandendo seppure lentamente, e lei risponde così:
“In realtà è un’associazione già presente sul territorio americano, per ora sta andando bene, anche se è ancora un po’ piccola. Penso però che ci siano buone possibilità che funzioni, che gli americani abbiano capito che i piccoli produttori che hanno coscienza di ciò che producono, sono anche quelli che hanno valore; un valore che non ritrovi solamente nel gusto del prodotto, ma anche a livello di genuinità e nutrizione”.
Con queste parole e questo augurio così positivo abbiamo salutato questa grande donna che da tanti anni si dedica al mondo del cibo con grande passione e rafforzando così anche la cultura e le tradizioni italiane nel mondo.