La Sicilia, terra di sapori, profumi e tradizioni, è un luogo affascinante e ricco di credenze dove, non di rado, il sacro e il profano si incontrano e si fondono. L’atmosfera magica e a tratti surrealistica, per cui è nota l’isola, la si può respirare anche il 2 novembre.
I Siciliani danno particolare importanza a questa data, in cui si “festeggiano i morti”, quasi come se fosse un giorno di allegria e rincontro.
Secondo la tradizione popolare, nella notte tra l’1 e il 2 novembre i defunti, abbandonando temporaneamente le loro sepolture, si recherebbero in visita dai loro familiari ancora in vita, lasciando nelle abitazioni un segno della loro presenza.
Sin dai tempi antichi e ancora oggi, l’usanza vuole che la mattina del 2 novembre si facciano trovare ai bambini doni e dolci, i cd. “regali dei morti”, facendo loro credere che siano stati gli stessi parenti defunti ad averli collocati in casa nella notte.
Per l’occasione, i genitori preparano “u cannistru”, una cesta colma di frutta secca e dolciumi, prodotti artigianalmente nell’isola.
Già dalla metà di ottobre, in qualsiasi pasticceria siciliana, si possono trovare i “biscotti e i dolci tipici della festa”.

Nelle vetrine, in bella vista, vengono esposti i “pupi ri zuccaru”, la frutta martorana, le “ossa ri morti”, i “tetù” e i “taiò”.
Questo è probabilmente il periodo in cui, assieme a Natale e a Pasqua, si consumano più dolci in tutta la regione.
“C’è una richiesta enorme da parte dei clienti, soprattutto, a partire dal 20 ottobre; mentre le vendite di questi dolci crollano completamente dal giorno dopo dei morti”, racconta Giuseppe Zito, postry chef di Mezzojuso (Pa), per due anni campione mondiale grazie al suo panettone natalizio.
Zito, dopo il suo ultimo successo nel 2020 e dopo aver vinto una medaglia d’oro ed una di argento ai campionati internazionali di pasticceria e cioccolato, è oggi in procinto di aprire, in collaborazione con la “Realmuto Hospitality Group”, una pasticceria siciliana nel cuore di Manhattan.
Raggiunto telefonicamente, ci ha parlato proprio di questi speciali dolci, facendoci scoprire anche notizie a noi sconosciute.
“Quando parliamo dei dolci dei morti è importante fare una distinzione, tra i pupi ri zuccaru, la frutta martorana e le ossa ri morti,i tetù o i taiò. I primi due tipi, infatti, sono dolci più eleganti e difficili da preparare rispetto agli altri. I prezzi di conseguenza variano. Ad esempio, la frutta martorana può arrivare a costare 35 euro al chilo, cosa che non succede con le ossa ri morti o con i tetù”, ci spiega.
Chiediamo, quindi, di raccontarci qualcosa in più sulla frutta martorana e sui pupi di zucchero.
“La frutta martorana ha origini antiche. Si pensa che il suo nome derivi dal Convento della Martorana, sito in Palermo. Viene definita anche pasta reale e si realizza con farina di mandorle e zucchero. Per ottenere un buon prodotto, è necessario rispettare, nell’impiego delle materie prime, una proporzione pari a un terzo di mandorle e due terzi di zucchero. Un tempo, si ricorreva all’uso delle sole mani per dare forma ai diversi tipi di frutta. Tutt’oggi c’è chi preferisce continuare la tradizione, evitando il ricorso a formine. I pupi di zucchero, invece, sono statuette per l’appunto di zucchero, che rappresentano il cavaliere Orlando o la dama”, ci dice Zito.
Di particolare rilievo risulta essere, inoltre, la colorazione dei dolci.
“Nella frutta martorana, ad esempio, il colore va steso gradualmente, a strati: da una tonalità più chiara, via via, si sale a toni più forti e scuri. Tutto viene dipinto a mano, artigianalmente, e lo stesso accade per quanto riguarda i pupi di zucchero. Non si è di fronte soltanto a qualcosa destinato al mero consumo alimentare, ma c’è molta arte dietro la preparazione di questi prodotti. Il pasticcere, quando dipinge il dolce, sa già quale sarà la parte da esporre nel cestino, in vetrina ”, chiarisce.
Seppur più economici e in passato considerati riconducibili al “popolino”, di non minore bontà risultano essere le ossa ri morti,i tetù e i taiò.
“Le ossa ri morti, dette anche nacatule, sono meringhe ripiene di miele. Una volta infornate, il calore comporta la fuoriuscita del miele che, a contatto con la teglia, si imbrunisce, dando luogo a quel particolare bicolore che caratterizza questi biscotti. I tetù e i taiò sono, invece, polpette dolci fatte con il pan di spagna e ricoperte di glassa di limone o di cacao. In passato, erano considerati dei dolci da riciclaggio: si preparavano usando tutto ciò che di secco e non scaduto, rimaneva invenduto in pasticceria, il cd.miscu”, racconta il postry chef che, in fine, confessa il suo rispetto verso l’antica ricetta delle suore benedettine. “La ricetta prevedeva l’uso di un po’ di polvere di mandorle per rendere ancora più saporite queste polpette dolci. Io ce ne metto sempre un po’ nei tetù e nei taiò, come da insegnamenti antichi. Amo il rispetto della tradizione”, racconta.

Il giorno della commemorazione dei morti è, dunque, anche una festa di spensieratezza e allegria, dedicata soprattutto ai bambini. Per quanto strana possa sembrare questa affermazione, è la verità.
“In Sicilia i bambini aspettano con profonda emozione, tutto l’anno, questa giornata. Se nel resto del mondo si attende il 25 dicembre, per l’arrivo di Babbo Natale, i siciliani danno più importanza alla venuta dei morti, soprattutto, dei nonni e degli zii che non ci sono più”. A parlare è Dora.
Dora è una simpatica signora palermitana, da diversi anni residente in Calabria, che condivide con piacere i suoi ricordi passati.
“Quando ero bambina, il giorno dei morti era sinonimo di gioia: la mattina noi piccoli andavamo felici al cimitero, a ringraziare e fare una preghiera sulle tombe dei parenti. In seguito, nel pomeriggio, si faceva un giro per le case di familiari e conoscenti con u cannistru in mano, per ottenere ulteriore frutta secca o caramelle”, afferma la donna.
Continuando, aggiunge, “la notte tra l’1 e il 2 novembre invece, prima di andare a letto, con mio fratello lasciavamo due ceste in un angolo della casa, sapendo che sarebbero passati i nonni defunti. Noi bambini cercavamo sempre di procurarci la cesta più grande, pensando che i morti l’avrebbero riempita di maggiori doni e leccornie. Poi, provavamo ad addormentarci. Io mi coricavo con i miei genitori, perché avevo un po’ di paura anche se, ogni tanto, mi svegliavo per vedere se i morti fossero arrivati e avessero portato gli attesi dolci e regali”.
Dora, inoltre, rivela, “mamma soleva chiedermi sempre cosa volessi portato dal nonno, ormai non più in vita.
Una volta ricevetti una bellissima bambolina che ancora ricordo e fui così contenta della sorpresa.

Mi dicevano in quel periodo soprattutto di pregare perché, solo così e comportandomi bene, il mio desiderio sarebbe stato realizzato da chi, quella notte, avrebbe varcato la soglia dell’aldilà e sarebbe ritornato. Il caso vuole, però, che una notte mi svegliai prima del previsto e trovai, invece, mia madre intenta a prepararmi la cesta”.
Dopo una pausa e diversi sorrisi, conclude,“fu una sensazione strana e di delusione quella che provai perché, in quel momento, capii che non erano i defunti a lasciare regali e dolci, ma era tutto organizzato a puntino dai genitori”.
Ricordi simili di infanzia riaffiorano anche nella mente di Bruno, giovane siculo, oggi trasferitosi in Spagna per motivi di lavoro.
“Mi sembra come se fosse ieri. Attendevo sin dal principio del mese di ottobre la notte dei morti. Arrivata quella notte, aspettavo lo scoccare della mezzanotte in piedi, per cercare i giocattoli che i defunti mi avevano portato in dono. Quasi sempre, alla fine, li trovavo nascosti dietro le tende bianche del nostro salone di casa”, dice lo stesso.
Per Bruno era una vera e propria festa quel periodo, in cui la madre “preparava un canestro con castagne, noci, simiensa,frutta di martorana e i famosi pupi di zucchero”.
“Questa tradizione la porto con me ovunque io sia – sottolinea il ragazzo – e anche adesso, in Spagna, continuo a rispettarla, preparando ogni 2 di novembre un cesto dei morti ”.
Oggi sua madre è venuta a mancare ma, come spiega “quei ricordi del passato li conservo sempre nel cuore e pure quest’anno il mio cesto è pronto: oggi, però, in sua memoria e con il pensiero a tutti coloro che non sono più tra noi”.