Siamo a Marsala, città sulla costa occidentale della Sicilia a due passi dal mare, dove si produce un vino dolce fortificato che prende il nome dalla sua stessa terra.
Questo vino nasce nella seconda metà del ’700 per opera degli inglesi che, dopo essere sbarcati a Marsala, portano in Inghilterra il vino che si produceva al tempo in questa zona della Sicilia dove era chiamato ‘Perpetuo’.
Per dare stabilità a questo vino, che doveva resistere ai lunghi viaggi per mare, sarebbe stata aggiunta dagli inglesi una percentuale di alcool distillato al Perpetuo, ponendo così le basi per la produzione del Marsala come lo conosciamo ancora oggi.
Due secoli più tardi, nella seconda metà del ‘900, a causa della grande richiesta del Marsala per l’utilizzo in cucina, sarebbe iniziato un processo di industrializzazione che negli anni ‘80 avrebbe trasformato questo vino in una bevanda aromatizzata da utilizzare nei dolci della cucina occidentale per dare un tocco di italianità.
“Mio padre, con una sorta di lungimiranza, capisce proprio in quel periodo che bisognava fare un passo indietro e tornare alle origini, tornare alla viticoltura e alla qualità. Mio padre si mette in testa di valorizzare questo territorio e i suoi vitigni autoctoni per mostrare al mondo che la Sicilia poteva fare ben altro e sopratutto che il Marsala poteva essere ben altro, non solo un vino da cucina o un vino industrializzato. Così abbandona tutto e tutti, si mette contro tutto e tutti e decide di aprire la sua cantina qui, in questa contrada.”

Così racconta Gipi De Bartoli, figlia di Marco De Bartoli, un uomo che a partire dagli anni ‘80 ha dimostrato un amore viscerale per la sua terra e i vini di Marsala nell’unico modo possibile, tornare a produrre il vino Perpetuo; vino che dopo l’arrivo degli inglesi ha smesso di esistere per quasi 200 anni, almeno fino all’arrivo di Marco nel 1980.
Marco inizia la sua storia vitivinicola nel baglio di famiglia di fine ‘800 nella Contrada Fornara Samperi, a Marsala. Controcorrente, rileva il baglio per iniziare a produrre vino artigianale proprio quando la produzione di Marsala industriale era florida e vendeva numeri altissimi di bottiglie in tutto il mondo.
In tutta naturalezza, Marco imbottiglia il suo primo vino nel 1980, il Perpetuo ‘Vecchio Samperi’ e da allora il metodo di produzione di questo vino è rimasto sempre lo stesso.
Quando inizia la sua produzione nel baglio di famiglia prende con se anche le botti di vino che erano al suo interno.
Queste botti contenevano, e contengono tutt’ora, un vino che risale almeno agli anni ’40 del quale però non si ha origine certa della prima annata inserita.
Botti ormai centenarie che ogni anno vengono rinfrescate con il vino delle nuove annate.
Una sorta di Metodo Solera che viene utilizzato per la produzione dei vini liquorosi Portoghesi e Spagnoli ma alla maniera italiana, seguendo la tradizione unica di quel territorio della Sicilia occidentale.

“Mio padre parte proprio da questo vino qui. Trova queste botti centenarie, questa batteria di Metodo Perpetuo che stavano bene e per lui sono la massima espressione della nostra storia vitivinicola, più del Marsala post britannico. Decide quindi di continuare a fare questo vino, che sarà poi il ‘Vecchio Samperi’ e lo lascia così al naturale. Poi lo imbottiglia e lo chiama appunto ‘Vecchio Samperi’. Non si sa qual è la prima annata che è stata inserita in queste botti, non possiamo dire a che anno risale questo vino ma forse il suo fascino sta anche in questo.”
Questo vino si rifà quindi alla storia vitivinicola siciliana pre-britannica e settecentesca.
Vino che necessita del contatto con aria e luce, elementi dai quali tutti i vini da tavola rifuggono.
Sì perché il Perpetuo, come anche il Marsala, sono vini ossidativi che vengono conservati in superficie dove si favorisce l’ossidazione. Al contrario, per tutti gli altri tipi di vino le botti sono conservate in luoghi sotterranei e bui, climatizzati, lontani da qualsiasi tipo di contaminazione.
Allora il ‘Vecchio Samperi’ di Marco De Bartoli è un Marsala?
No, è una perla unica e rara di storia siciliana che si versa in un bicchiere.
Più avanti nel tempo l’azienda ha introdotto anche la produzione di Marsala, senza mai mettere in dubbio però la produzione del ‘Vecchio Samperi’.
Il Marsala di De Bartoli è un Marsala agricolo, soggetto a lunghi invecchiamenti e fuori da ogni logica industriale che si ispira ai primissimi Marsala.
“Per scelta, puntiamo su lunghissimi invecchiamenti. Quindi le nostre riserve hanno almeno 4 anni alle spalle ma in realtà la nostra media di invecchiamento dei Marsala è di circa 20 anni. Noi produciamo Marsala Oro, tipologia in cui si addiziona alcool distillato e mosto fresco proveniente unicamente dalle nostre vigne e ci consente di fare un Marsala che non abbia nulla che non provenga delle nostre uve. Abbiamo due ettari dedicati solo alla produzione di Marsala, unicamente di uve Grillo. Questa è la nostra visione.”
Il Marsala è un vino che è stato spesso barbarizzato, come è cambiata la sua veste nel tempo? E il Marsala può ancora conservare e valorizzare la sua storia e il suo gusto unico e originario?
“Naturalmente la risposta di primo impatto è si, noi lo facciamo tutti i giorni, dimostrare che può essere un grande vino. Siamo convinti sostenitori della rivalorizzazione del Marsala. Il problema sai qual’è? Il problema è generale. Il Marsala è ancora prodotto a livello industriale e il grosso è della tipologia Fine, da vendere alle industrie alimentari e va in giro per il mondo. Hai a cuore questa Doc o questo vino? Bene, decidi di fare il meglio e basta. Siamo in pochi che hanno a cuore questa Doc, un amore così papà ce l’ha trasmesso. Mio padre ha iniziato per amore e passione, questo amore così viscerale è cosa rara.”
Negli ultimi anni c’é stata una grande riscoperta dei vini naturali, sopratutto tra i nuovi consumatori che vengono educati sempre di più a questa nuova – vecchia? – tipologia. Il nome forse è improprio ma la mission è accattivante e assolutamente legittima: tornare a fare il vino solo con l’uva senza aggiunta di prodotti di sintesi estranei alla vigna.
Questo movimento sta portando alla riscoperta di vini dal gusto unico e autentico. Vini ancestrali, fortemente territoriali e complessi, a volte difficili anche da comprendere o contestualizzare, che non seguono le logiche di mercato e fanno dell’uva la vera regina del vino.
“Mio padre ha iniziato a parlare di vino naturale ai tempi in cui si facevano Marsala alla banana e si parlava di vini con acqua e zucchero. Una piccola rivoluzione è nata proprio da questo magazzino.”
Nella produzione di De Bartoli, che da sempre ha lavorato a partire da solidi principi che poi l’intera famiglia ha sposato, il vino a Marsala si fa con poche uve.
Grillo per i vini bianchi, Perricone per i rossi.

Coltivano anche Zibibbo che vinificano in versione secca e passita e proviene dalla vigna Bukkuram a Pantelleria, parola di derivazione araba che in italiano significa ‘Padre della vigna’.
E’ una vigna che Marco acquistò sin dall’inizio della sua avventura e che produce un vino elegante e pregiato, dove anche il nome suggerisce il forte legame di quel territorio con il vino che offre.
Pantelleria è un’isola magica e un posto dove l’uva cresce rigogliosa e indisturbata sul suo alberello pantesco. I siciliani erano ben consapevoli della ricchezza di questo luogo e della qualità dei vini che produce tanto da investire su queste terre. Quand’è diventato chiaro anche al consumatore? È stato fatto un lavoro di comunicazione del territorio collaborando tra le aziende proprietarie delle vigne oppure sono stati i vini stessi a parlare?
“Quando mio padre ha iniziato, Pantelleria era nel dimenticatoio più totale. Grazie a lui questo luogo è tornata in auge. Oggi si, c’è sicuramente più consapevolezza grazie anche alle altre cantine. Pantelleria si considera un’isola magica veramente, però che lo zibibbo cresca indisturbato sul suo alberello non direi – e ride – non immagini tutto il lavoro bestiale che c’è dietro – ride ancora – fatica, lavoro, manodopera, non è facile lavorare a Pantelleria e gestire la vigna. E’ un lavoro umano difficile e la natura trova sempre il modo per metterti alla prova. È un’isola molto difficile dove lavorare, parliamo di viticoltura eroica e quindi devi impegnarti molto. È una collaborazione con la natura ma ti devi anche salvaguardare da lei perchè è molto selvaggia. C’è sempre vento forte, non è così easy, si lavora in ginocchio con il sole a picco, non è facile per niente.”
Curiosi dai racconti di Gipi, abbiamo assaggiato i vini di Marco De Bartoli e ci siamo concentrati sul Grillo, il re di questa cantina.


Grappoli del Grillo 2018 – Grillo Doc Sicilia
Gli aromi di questo vino giocano tutti su profumi di panificazione e lievito. Biscotti, pane, burro e fresche note di agrumi. L’acidità spinta del Grillo chiude il sorso in morbidezza e grande equilibrio che però tende ancora verso l’acidità. Il vino è ancora giovane, parliamo di un vino appena uscito in commercio, a due anni dalla vendemmia e dopo una sosta di almeno un anno sui lieviti.
Etichetta storica prodotta da Marco, che si conferma un visionario del vino siciliano, a partire dal 1990, prima volta in cui il Grillo è stato concepito e prodotto come vino da tavola.

Vecchio Samperi – Vino Perpetuo
Finalmente assaggiamo il ‘Vecchio Samperi’ e assaporiamo anche noi la storia siciliana.
Vino dal colore dorato che apre su aromi scuri di china, arancio candito, zenzero e zafferano. Un corredo aromatico pazzesco che continua ad aprirsi più a lungo resta nel bicchiere. Vira su note di scatola di sigari, foglie di tabacco, fava di cacao e mandorle tostate.
Al gusto apre con una morbidezza dirompente che invade il sorso e poi lascia spazio all’acidità del vino nuovo che è stato unito a quello delle botti centenarie.
Un vino che chiude su un finale acido?
È un vino che resterà vivo e vibrante in bottiglia ancora per parecchi anni.
Il sapore che resta di questo vino dopo l’assaggio è infinito, perpetuo.

Marsala Oro 1987 – Marsala Doc
Eccoci arrivati al Marsala, vino in cui viene addizionata una “mistella” di mosto fresco e alcool distillato, dove all’anno 1987 si riferisce l’anno in cui il vino è stato fortificato, ovvero aggiunto di alcool.
Il Marsala, rispetto al ‘Vecchio Samperi’, conserva di più l’odore di frutto e rimane più fresco del precedente al sorso. Anche il gusto è più dolce perché addizionato di mosto fresco.
Aspettiamo qualche minuto per lasciare al vino il tempo di aprirsi e sprigiona note di uva sultanina, miele di castagno, rocce calcaree e carrubo. L’acidità del Grillo è ancora vibrante e si fa spazio tra la morbidezza del vino accentuata anche dalla maggiore presenza di zuccheri dell’uva, lasciata per più tempo in vigna a maturare.
Nonostante i 18% l’alcool è perfettamente integrato al vino tanto che quasi dimentichiamo la gradazione alcolica.
I vini Marco De Bartoli ormai sono considerati una perla della viticoltura italiana in patria e all’estero, quando è stata imboccata la strada internazionale nella vendita dei vostri vini? Quali sono i mercati sui quali siete più forti e quali ancora dovete conquistare?
“Mio padre ha iniziato a vendere all’estero da quando ha iniziato. Ha avuto successo sin dall’inizio quando, per i vini della Sicilia, l’estero era quasi una meta sconosciuta. Quando si parlava di Grillo inizialmente non si capiva neanche cosa fosse, papà ha dovuto fare un’etichetta con un disegnino con l’uva, doveva far capire che quello che stava vendendo era vino – ride -. Quando sono nata io era a New York a parlare di Grillo, da sempre ha puntato sull’estero. Per noi il mercato maggiore è l’Italia ed è anche quello a cui siamo più affezionati. Ad oggi vendiamo il 65% dei nostri vini qui e il resto all’estero e copriamo molti paesi ma con piccolissime percentuali anche perché produciamo appena 100.000 bottiglie e la richiesta è alta.”
In chiusura vogliamo omaggiare Marco, che nel 2011 è venuto a mancare, con le parole che Luigi Veronelli ha utilizzato per raccontare al mondo di lui.
“Ha l’irruenza solare della sua terra: quando lo incontri vorrebbe raccontarti tutto in pochi minuti, e farti assaggiare tutto, spiegarti la sua gioia e la sua soddisfazione per giudizi positivi al suo vino e insieme vorrebbe esprimerti la sua rabbia per come viene considerato il vino del Sud e si fa meridionalista, e poi, all’improvviso, s’adombra contro gli uomini della sua stessa terra che hanno trasformato il nome Marsala, per decenni, in una parola quasi volgare.”
