Non si è ancora risolta la situazione critica dell’aumento dei dazi su alcuni prodotti europei del settore enogastronomico. La circostanza continua a preoccupare produttori, importatori e attività che sono ormai parte di una rete commerciale consolidata, messa a rischio dalle nuove politiche americane sull’importazione.
I dazi addizionali imposti lo scorso 18 ottobre, saliti al 25%, rischiano di schizzare fino al 100% del valore del prodotto entro metà febbraio, ma le attività commerciali europee stanno già risentendo degli effetti di questa nuova politica protezionista.

Negli Stati Uniti alcuni importatori di vino, olio e formaggio hanno provveduto a posticipare gli ordini mentre altri si affrettano a fare il carico di merce dall’Europa prima del provvedimento finale.
L’ipotesi dell’aumento dei dazi a percentuali così elevate non è da escludere, ma in questa situazione anche una ridotta crescita delle percentuali già alte rischierebbe di portare ad un calo delle attività legate al commercio e colpire specialmente le piccole e medie imprese che vivono di esportazione e investono nel mercato.
Gli USA sono il primo mercato estero per i vini italiani e questi dazi rischiano di spingere fuori dal commercio proprio i vini di fascia media, che sono anche i più diffusi.
Per questo motivo l’ICE di New York, Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha comunicato di mettere a disposizione nuovi fondi a sostegno delle imprese per contribuire nella promozione del Made in Italy.
L’Italia è decisa ad affrontare la situazione e continua con le sue attività promozionali in terra americana presentando a New York la prima mondiale della nuova fiera dedicata ai vini di Barolo e Barbaresco.

La manifestazione, organizzata dal Consorzio di Tutela dei vini delle Langhe, si è tenuta lo scorso 4 febbraio al Center415 sulla 5th Avenue con accesso riservato agli operatori del settore, buyers, importatori, ristoratori e stampa.
Attraverso seminari e degustazioni, con la presenza diretta dei produttori che hanno partecipato all’evento insieme al Consorzio, è stato trasmesso un messaggio di unione che racconta i vini delle Langhe e sottolinea quanto sia importante preservare i nostri prodotti sul territorio americano.
Abbiamo intervistato Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela dei vini delle Langhe, che è intervenuto sull’argomento.
Oggi a New York parte l’iniziativa del Barolo e Barbaresco World Opening 2020 (BBWO2020), manifestazione che, come avete già annunciato, si ripeterà l’anno prossimo a Shangnai e nella West Coast americana nel 2022. Perché iniziare proprio da New York?
“Da qualche parte dovevamo pur cominciare e quando si vuole cominciare è meglio che lo si faccia partendo dal centro del mondo, quindi da New York. Il messaggio di questo evento non è solo per gli USA ma è mondiale. Volevamo presentare ufficialmente le nostre nuove annate 2016 e 2017, ci sembrava giusto cominciare proprio da qui. Saremo a Shanghai nel 2021, e vorremmo tornare negli Stati Uniti nel 2022, questa volta nella West Coast, quindi San Francisco o Los Angeles. Siamo interessati a vedere il feedback di questo primo evento. New York una volta conquistata non si abbandona, potrebbe essere interessante tornare annualmente, faremo un po’ di considerazioni”.
Il Consorzio di Tutela dei vini delle Langhe ha un’origine antica, come è cambiata la vostra attività promozionale nell’ultimo decennio rispetto al periodo precedente?
“Il Consorzio all’inizio non si occupava molto di promozione, ha sempre lasciato la promozione ai produttori che andavano in giro nel mondo con il loro vino a promuovere il loro marchio, così le aziende promuovevano anche il marchio del Consorzio.
Sicuramente questo è stato positivo ed ha avuto successo perché i nostri produttori sono grandi comunicatori e il risultato è stato molto buono. Però adesso è il momento di cambiare marcia e di lavorare unitariamente presentandoci tutti insieme. Lavorare su questi marchi con questo nuovo tipo di iniziativa è stato un cambiamento epocale, vogliamo riuscire ad arrivare direttamente al consumatore finale”.

A proposito dei vostri marchi, i protagonisti della fiera di oggi sono Barolo e Barbaresco ma ci sono anche altre denominazioni tutelate del Consorzio, ad esempio Barbera d’Alba, Dolcetto d’Alba, Langhe DOC etc. Come comunichiamo queste denominazioni al resto del mondo?
“Sicuramente Barolo e Barbaresco sono i marchi più importanti però, ovviamente, il Consorzio tutela anche altre denominazioni. Dal punto di vista promozionale hanno bisogno di due strategie diverse. Se per Barolo e Barbaresco parliamo di consolidare il marchio per le altre denominazioni bisogna parlare di altro perché ci sono problemi di carattere diverso. Bisogna in qualche modo collegare la promozione di questi vini ai grandi marchi, quindi cominciare da Barolo e Barbaresco ma parlare anche di Langhe, Barbera d’Alba, Dolcetto d’Alba e le altre denominazioni tutelate dal Consorzio”.
La problematica dei dazi sta diventando preoccupante. In America se ne parla e c’è preoccupazione per il mercato che rischia di subire un forte danno e potrebbero servire anni per ripararlo, in Italia si avverte lo stesso sentimento?
“C’è preoccupazione ed anche frustrazione perché è una decisione che non dipende da noi. L’unica cosa che possiamo fare è continuare a investire in questo mercato come abbiamo sempre fatto in passato. Questa manifestazione è la dimostrazione che stiamo attualmente investendo tanto e speriamo che ci sia permesso di farlo anche in futuro. La nostra parte la facciamo ma non possiamo fare tanto altro perché il resto dipende dalla politica internazionale e dagli accordi che si troveranno, quella di cui si sta discutendo non è una soluzione positiva. Purtroppo il sentimento è di profonda preoccupazione da una parte e frustrazione dall’altra”.

Attualmente con i nostri vini siamo all’interno di 10 dei 50 Stati americani. Cosa possiamo fare per conquistare quelli che mancano all’appello e cosa ci blocca attualmente?
“E’ vero, il consumo dei vini italiani è concentrato su alcuni stati in America ma molto dipende anche dall’attitudine al consumo. Un motivo per cui siamo qui è perché abbiamo visto che la propensione al consumo di questi vini è alta sopratutto tra i giovani quindi c’è spazio per poter investire e diversificarsi. Tutti vorrebbero vendere a New York, ma c’è poi un mondo che sono tutti gli altri Stati, magari sono meno strategici ma anche su quelli dobbiamo sicuramente investire. Intanto speriamo che questo messaggio da New York si possa allargare negli altri Stati”.
Quali sono i potenziali sviluppi di questa manifestazione e il ritorno di immagine che vi aspettate?
“Siamo curiosi, è la prima volta che ci muoviamo in questo modo. Da questo punto di vista ci aspettiamo una ricaduta mediatica non tanto sulla stampa specializzata quanto sul filone lifestyle&glamour, in modo da avere un impatto che non sia solo specializzato su un certo settore ma che possa entrare nella vita quotidiana e catturare il consumatore. Questo è in parte quello che vogliamo ottenere”.
Una prospettiva che intimorisce e che potrebbe confermarsi nel giro di poche settimane. Fortunatamente questa prospettiva non spegne l’entusiasmo della manifestazione. L’Italia continua a raccontarsi e far sentire forte la sua presenza sul territorio americano.

In attesa di nuovi aggiornamenti sull’esito della questione dazi vi riportiamo l’esperienza di Gino Colangelo, presidente della Colangelo and Partners, agenzia di comunicazione specializzata nel settore enogastronomico che ha sede a New York e San Francisco: “L’effetto dei dazi cambierà in base alle percentuali che saranno stabilite, alla durata e al prodotto tassato. Sappiamo per certo che gli effetti sono negativi per le imprese e per i lavoratori americani, così come per i produttori europei di cibo e vino, ma non sappiamo ancora quanto. Sappiamo che i dazi hanno già interrotto gli affari, ridotto gli investimenti e costato posti di lavoro americani. Le compagnie americane hanno interesse a lavorare con i loro colleghi europei per combattere la situazione. Dobbiamo esercitare la massima pressione possibile sui nostri rispettivi funzionari governativi.Le aziende italiane che continuano a commercializzare, anche durante questi tempi difficili, emergeranno di fronte alle società che si ritirano dal mercato a causa dell’incertezza causata dalle nuove tassazioni. Organizzazioni commerciali come il Consorzio delle Langhe e altri devono continuare a investire proprio adesso che i singoli produttori si trovano in difficoltà. La razionalità tornerà sul mercato; semplicemente non sappiamo quando”.