Il “made in Italy” è uno dei marchi più famosi al mondo. Rappresenta l’eccellenza inconfondibilmente italiana e, tra i brand riconosciuti nel mercato globale, si colloca nella fascia dell’alta qualità. Quest’anno, all’interno del corso Business Italian della Montclair State University, noi studenti ci siamo occupati dei legami tra il made in Italy e la sostenibilità. Abbiamo avuto la fortuna di conoscere e intervistare tre imprenditori che rappresentano il made in Italy e allo stesso tempo seguono i principi di una economia sostenibile. Il nostro gruppo ha intervistato Andrea Illy, presidente di illycaffè, che è anche stato ospite di un evento organizzato dall’Inserra Chair in Italian and Italian American Studies alla Montclair State. Insieme al giornalista Daniele Balicco, Ily ha portato la testimonianza della sua azienda e ci ha rilasciato un’intervista sui temi del made in Italy, della sostenibilità e del ruolo della lingua e cultura italiana nel mondo del business.

La storia di questa eccellenza italiana inizia nel 1933, a Trieste. A fondare l’azienda fu Francesco Illy, imprenditore di origini ungheresi che, rimasto a Trieste dopo la Prima Guerra Mondiale, già nel ‘34, brevettò un sistema di impacchettamento del caffè a pressurizzazione che consente una migliore conservazione dell’aroma. Nel ’35 lo stesso Francesco Illy firmò un altro brevetto: la prima macchina per fare l’espresso in casa.
Da allora l’azienda non ha mai smesso di portare innovazione nel settore del caffè. Oggi illycaffè S.P.A. è parte del Gruppo Illy S.p.A., gestito dalla terza generazione della famiglia Illy. Una stakeholder company che persegue la sostenibilità economica, sociale e ambientale attraverso concetti quali la creazione di valore condiviso, dal produttore al consumatore, la crescita intesa come conoscenza e autorealizzazione, e il rispetto, che si traduce nei principi di non inquinare, non sprecare e utilizzare risorse rinnovabili. Inserita per il quarto anno consecutivo nella lista delle “World’s most ethical companies”, illycaffè ha inoltre mantenuto l’adesione a diversi programmi e iniziative per l’implementazione delle strategie di sostenibilità e il miglioramento del proprio impatto.
Con più di 437 milioni di euro di fatturato, oltre 1000 dipendenti, 5 laboratori specializzati, 4 certificazioni di qualità e una di sostenibilità, 25 Università del Caffè, un Codice etico ed un Manifesto della sostenibilità scaricabili dal sito, illycaffè ha fatto di innovazione, trasparenza e qualità la sua ricetta per il successo.
Presidente del consiglio di amministrazione è il nipote del fondatore, Andrea Illy. Passando di padre in figlio e arrivando fino ai nipoti, la gestione familiare dell’azienda ha consentito di mantenere intatti i valori di una famiglia che, con la sua storia, simbolicamente rappresenta e racconta il made in Italy. Ricorda Andrea Illy che, poco prima di morire, nel 2008, suo padre gli raccomandò: “L’unica cosa che conta è l’etica. Il vero padrone dell’impresa è il consumatore, non siamo noi. La famiglia, come anche l’azionista, sono al servizio dell’impresa, ma l’azienda è del consumatore”.

L’etica è quella di una filosofia aziendale e produttiva basata sul rispetto dell’ambiente e di tutti i soggetti coinvolti nella filiera. La parola chiave è, appunto, sostenibilità, un concetto di cui Andrea Illy ci ha parlato diffusamente e in modo illuminante, evidenziandone lo stretto legame con il made in Italy. Questa relazione si rivela lungo tutto il processo produttivo, dal chicco alla tazzina. Per garantire che il sapore che lo contraddistingue rimanga costante, Illy cerca di sostenere la qualità ad ogni passo della produzione.
Il primo passo è nel rapporto con i produttori dei chicchi di caffè utilizzati nei “blend” Illy e selezionati da nove paesi: Brasile, Guatemala, Etiopia, Colombia, Costa Rica, India, El Salvador, Nicaragua e Tanzania. Poiché il caffè viene coltivato e raccolto in paesi con economie deboli e sistemi di regole non sempre rigorosi, negli anni questo prodotto è stato più volte nel mirino dei movimenti ambientalisti per un processo produttivo dal forte impatto sull’ambiente e sulle comunità dei coltivatori.
Se è vero che l’azienda triestina non è l’unica a produrre caffè con un’attenzione alla sostenibilità del processo, è anche vero che la filosofia di Illy si discosta da altre esperienze. Il nipote del fondatore spiega così il modello Illy: “Illy considera il fair trade come un buon primo passo ma ne riconosciamo i limiti: perché è un modello che prevede che una merce comunemente disponibile sul mercato venga pagata di più senza necessariamente una qualità superiore. Il che crea una distorsione sul mercato: si squilibra il rapporto di valore che non è piu` determinato dal rapporto qualità prezzo. Infatti oggi si registra un eccesso di offerta di prodotti fair trade, ma la domanda non è aumentata perché il consumatore si limita a farne un consumo occasionale. La vera destinazione è invece la sostenibilità che si basa sull’idea di produrre beni di qualità superiore ai quali venga riconosciuto un prezzo superiore lungo tutta la filiera. Illy paga una media del 30 per cento in più per dei caffè la cui qualità è riconosciuta come superiore rispetto agli standard di mercato e questo consente di offrire al consumatore finale un prodotto premium a un premium price”.
Si inserisce all’interno di questa strategia dell’alta qualità anche il premio Ernesto Illy, avviato dal padre di Andrea Illy e rivolto inizialmente ai produttori brasiliani: oggi viene offerto ai migliori produttori provenienti dai nove paesi da cui Illy fa arrivare il suo caffè e viene assegnato a New York, nella sede delle Nazioni Unite.
Ma la filosofia di Illy, come abbiamo detto, è quella di una costante attenzione al prodotto e al processo, dalla pianta alla tazza. Infatti, alla fine di questo percorso, c’è chi il caffè lo prepara e serve e chi lo consuma.

In quest’ottica, nel 1999, Illy ha fondato l’Università del Caffè, dove si offrono corsi sulla cultura del caffè. Inizalmente creata per formare i professionisti che lavorano nella ristorazione e i produttori, l’università si è poi allargata anche ai consumatori. “Oggi abbiamo dei corsi divulgativi – ha detto Andrea Illy – che offrono i fondamenti della cultura del caffè, dalla pianta alla tazzina, cosí come corsi di degustazione che insegnano a saper riconoscere la qualità e anche a preparare il caffè nel modo giusto”. I corsi e le degustazioni rappresentano anche un modo per coinvolgere i consumatori e creare fidelizzazione.
Lo stesso obiettivo viene perseguito dall’azienda attraverso i social. “#LIVEHAPPilly forse è il nostro hashtag più importante – ha spiegato Andrea Illy – con cui abbiamo voluto legare il nostro marchio alla felicità. Il caffè è la bevanda ufficiale della cultura, quindi è riconosciuta la sua capacità di ispirare, grazie al piacere e agli effetti stimolanti della caffeina. Il caffè è anche la bevanda del benessere perché dà piacere e salute, ma per avere buon caffè ci vuole altruismo, un altro ingrediente della felicità, perché si consuma nei paesi ricchi ma viene prodotto nei paesi più poveri del mondo. Quindi per migliorare la qualità bisogna lavorare con queste popolazioni, mano nella mano. Poi felicità significa avere anche prospettive di crescita. Piacere, salute e sostenibilità sono tre virtù del caffè che stimolano i consumi anche in nuovi paesi. Il tasso di crescita è infatti alto: oggi c’è un miliardo e mezzo di cosumatori nel mondo ma se ne possono raggiungere altri cinque miliardi, quindi ci sono anche delle grosse prospettive di crescita”. La Fondazione Ernesto Illy, inoltre, sostiene l’elaborazione del World Happiness Report presentato annualmente durante la Giornata mondiale della felicità, promossa dalla Nazioni Unite.

Attraverso le campagne social, Illy promuove anche il made in Italy. La formula è semplice, secondo il presidente del consiglio d’amministrazione dell’azienda: “L’Italia è il paese della bellezza e della cultura, c’è un amore molto grande per questa Italia sociale e, in conseguenza di questa cultura e bellezza, è anche il paese del caffè”.
La cultura del caffè italiano è infatti ormai molto diffusa nel mondo e per l’Italia la tradizione, il piacere e l’autenticità del suo caffè rappresentano un vantaggio competitivo sul mercato globale. Molti paesi nel mondo hanno infatti un proprio modo di bere caffè: gli americani, ad esempio, bevono caffè filtro e bevande con aggiunta di latte; ma il modo italiano di bere caffè, l’espresso, il cappuccino, il caffè macchiato, sono conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. “Gli italiani hanno cominciato a consumare caffè, grazie ai turchi, a metà del Seicento e da quel momento l’Italia ha avuto un crescendo sia nello stile di vita italiano sia nello sviluppo di tecniche e tecnologie e nel portare la cultura autentica del caffè nel mondo. E lo abbiamo fatto con parole italiane”.
Utilizzare la lingua italiana per comunicare l’autenticità dei prodotti fa parte della strategia di marketing di Illy. Payoff come “issimo”, facilmente identificabili come italiani, trasmettono efficacemente l’idea del piacere e della desiderabilità associati allo stile di vita e all’esperienza italiana. “Per noi esprimersi in italiano è un modo per comunicare l’origine e l’autenticità italiana”, ha spiegato Andrea Illy.
Il forte legame con la famiglia, l’attenzione alla qualità e all’etica aziendale, e la fedeltà ai propri valori e a un prodotto di alta qualità sono caratteristiche del Made in Italy più autentico e allo stesso tempo raccontano una filosofia aziendale orientata alla sostenibilità del sistema, più che al mero profitto. Con questi valori illycaffè è riuscita a far conoscere i propri prodotti nel mondo e oggi è un’azienda italiana globale che porta caffè di alta qualità in 140 paesi, rispettando principi di etica e sostenibilità, creando cultura intorno al caffè e attivando un circolo virtuoso che ha ricadute positive sul mondo intero.
Questo è uno degli episodi della serie Business Italian Style 2, un progetto, alla sua seconda edizione, promosso da The Inserra Chair in Italian & Italian American Studies all’interno del programma di italiano della Montclair State University (NJ), come parte del corso ITAL321 Business Italian di Enza Antenos, in collaborazione con La Voce di New York. Le interviste, ideate e condotte dagli studenti del corso di Business Italian, approfondiscono il rapporto tra dieta italiana, made in Italy e sostenibilità.
Qui gli altri episodi della serie:
Intervista alla chef e imprenditrice Lidia Bastianich.
Intervista al direttore Eataly Nord America, Dino Borri.