La tradizione è antichissima e risale addirittura alla Magna Grecia quando il vino di Cirò veniva offerto in premio ai vincitori dei giochi olimpici ateniesi. Enotria la chiamavano allora, “Terra del vino” proprio per via di quell’abbondanza del nettare prelibato che tanto piaceva agli antichi Greci. Un vino poi dimenticato per lunghi anni fino al Medioevo, quando ricomincia a rifiorire la produzione per poi, nei secoli successivi, ridursi in maniera drastica.
Per la vera riscoperta dei vini calabresi bisogna aspettare l’Expo Milano quando la Regione Calabria presenta davanti al mondo non solo il suo vino simbolo, il Cirò, ma anche i suoi tantissimi e antichissimi vitigni autoctoni e quelle 9 DOP e 11 IGP che oggi stanno facendo incetta di premi nel mondo. C’è tutto il sole della Calabria dentro questi vini così pieni di brio che vengono per lo più dalle aree di Crotone, Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria. C’è la fatica e l’operosità di tanti imprenditori che hanno scommesso nonostante le tante difficoltà. E tanti di questi sono donne, ognuna con la propria storia da raccontare. Fatta di determinazione, orgoglio e tanta, tantissima passione.
Lidia, la passionaria
Lidia Matera nel 1990 decide di ritornare in Calabria, dopo aver sempre vissuto a Bologna. Per amore. Per amore di un padre il cui ricordo continuava a vivere nell’azienda agricola calabrese. Anni difficili i primi in cui Lidia, in quanto donna, fatica a farsi rispettare. Ma con coraggio e determinazione porta avanti il sogno del padre e dà una svolta significativa a Tenuta Terre Nobili ove ogni prodotto racchiude in sé la tradizione, la storia e la cultura dei luoghi di provenienza e l’amore di tutte le persone che hanno contribuito a produrlo.


Già il padre aveva recuperato gli antichi vitigni della zona, con lo scopo di ridare a quella zona lo splendore del quale aveva sempre goduto. Nello stesso tempo egli cercò di identificare, all’interno dell’azienda, quelle zone dove l’esposizione e la particolarità dei terreni, potessero garantire vini di altissima qualità. Contemporaneamente realizzò una cantina, definita a quell’epoca moderna, dove l’impiego delle tecnologie per la fermentazione permetteva di esaltare al meglio il patrimonio aromatico e gustativo delle uve locali.
Lidia, agronoma, decide di focalizzarsi solo sui vitigni più nobili: Nerello e Magliocco a bacca rossa e Greco a bacca bianca. Si concentra su questi e, a partire dalla vendemmia del 2000, comincia a produrre nei comuni di Montalto Uffugo, Alarico, Cariglio e Santa Chiara, vini che esprimono il calore e la forza del terreno da cui traggono origine e tutta la tipicità dei vitigni del territorio. Una vittoria su tutti i fronti. Lidia Matera porta a casa una serie di premi tra cui la medaglia d’argento al Decanter World Wine Awards 2012 di Londra con il Cariglio 2011 e sempre medaglia d’argento per il Cariglio 2009 al Concorso Mondiale di Bruxelles.
Le sorelle Pacelli: non solo vino


Una tenuta incastonata tra le colline a Nord di Cosenza che è un piccolo gioiello dove nulla è lasciato al caso, dalla raccolta a mano di uve e olive, alla produzione di ciliegie, dalla coltivazione biologica certificata, all’uso ridotto al minimo di solforosa. E ancora dalla cantina di degustazione alla preservazione dell’antico casino di caccia settecentesco che domina la tenuta.
Carla e Laura, con mamma Clara e papà Francesco, hanno scommesso su questo podere nel cuore della Calabria in un terroir straordinario, ma poco sfruttato e hanno vinto.
I rossi sono ovviamente la grande forza di Tenute Pacelli con due superbe riserve come il Pauciuri da uve Barbera e Cabernet, provenienti dalla vigna più antica dell’azienda (quasi 50 anni d’età) e il Tèmeso da uve Magliocco e Calavrese, l’antico Nero d’Avola autoctono. Ma siccome sono giovani e molto intraprendenti hanno puntato anche sui bianchi, come il Riesling in purezza per il Barone Bianco, un bianco fermo profumato, disponibile anche come blend di Chardonnay e Malvasia bianca, e ZOE, il nuovo spumante metodo classico a base sempre di Riesling.
Sono vini difficili da dimenticare quelli di Tenute Pacelli, forse grazie anche a quel melting pot fatto della cultura partenopea di papà Francesco e di quella istriana di mamma Clara. Per conoscerli personalmente basta ritagliarsi qualche giorno di relax all’interno della tenuta. Una casa coloniale color pastello, arredamento country chic e prodotti bio a km 0 e tutt’intorno un’oasi di pace. Cosa chiedere di più?
Caterina Ceraudo, la stella della Calabria
Papà Roberto è tra i primi in Calabria ad applicare l’agricoltura biologica nell’azienda di famiglia che si sviluppa a pochi chilometri dal mare, tra rilievi collinari appena accennati dai quali si scorge la linea blu delle acque. Qui ogni scelta è mirata alla ricerca costante della qualità, nella lavorazione del prodotto della terra, con l’utilizzo di moderne tecnologie.


Nelle fasce più alte sono stati impiantati vitigni bianchi che hanno dimostrato di esprimersi al meglio: Chardonnay, Greco Bianco e Mantonico, Pecorello. Appena più in basso sono stati messi a dimora il Gaglioppo, vitigno autoctono, e Cabernet Sauvignon, mentre è in atto una sperimentazione su altri vitigni autoctoni, tra cui il Magliocco, sui terreni da poco acquistati.
Caterina, la figlia, è enologa e chef. E che chef! Un giovane talento che oggi porta la cucina calabrese verso nuovi orizzonti e che è appena stata a New York con una delegazione della sua regione per presentarne i tesori enogastronomici.
Alleggerendo qua e là e facendo emergere i sapori di questa terra, come gli agrumi che non mancano mai nei suoi piatti, a soli 27 anni, la giovane chef è diventata una stella della cucina calabrese. Con un trascorso nella cucina di Niko Romito, guida a Strongoli il ristorante stellato Dattilo che fa parte della tenuta agricola di famiglia e che è stato citato nel paragrafo dedicato alla Calabria della guida 50 Places to Go in 2017 recentemente pubblicata da The New York Times.
Alberta Nesci, la baronessa


Siamo a Palizzi, sulla costa Jonica della Calabria in provincia di Reggio. Qui la natura domina incontrastata sui filari preziosi della Cantina Nesci, famiglia antichissima di nobili origini.
Alberta, l’ultima generazione, guida con piglio creativo l’azienda di famiglia da sempre focalizzata sui vitigni autoctoni.
Ed ecco uscire da questi filari vista mare dei vini i cui colori e profumi riescono a conservare tutte le caratteristiche storiche di questa terra. Come il Toto Corde, un rosato dal colore ambrato unico proveniente dal Nocera, un vitigno nero autoctono di origini antichissime, o il Frasané, vinificato in purezza.