Le sue proprietà venivano descritte già nei testi dei popoli semitici e nell’Antico Testamento il suo nome appare spesso. La pianta era sacra alla dea Atena e nelle gare in suo onore (le Panatenee) i vincitori ricevevano anfore ripiene del suo succo. Catone, Plinio e Columella hanno lasciato testi sulle modalità di coltivazione. E’ un cammino ricco di notizie quello iniziato in Asia Minore dall’Oleastro e entrato a far parte della nostra vita quotidiana con il nome di Olivo. Ed è un libro pieno di successi quello che caratterizza l’olio d’oliva italiano, secondo al Mondo per quantità produttiva (La Spagna vanta più di 8milioni di ettari coltivati) ma primo in classifica per le sue qualità organolettiche apprezzate sulle tavole imbandite dei Cinque Continenti. Reduce dal SOL 2012, l’appuntamento annuale che a Verona riunisce il fior fiore dei produttori mondiali dell’olio d’oliva, l’Italia ha visto ancora una volta piazzate nei primi posti le sue aziende sparse sul territorio italiano, a conferma della straordinaria adattabilità di una pianta che più di tutte incarna l’essenza della dieta mediterranea e che si presenta ormai a tutti gli effetti quale ambasciatrice ufficiale del made in italy enogastronomico nel Mondo.
Un successo annunciato, quello che ha visto trionfare nelle varie categorie i produttori di Oliena (Sardegna), di Raiano (Abruzzo), di Sonnino (Lazio) di Ferla e Ragusa (Sicilia), a dimostrazione del carattere ubiquitario dell’eccellenza qualitativa dell’extravergine italiano, e che però nasce forse – nella sua tecnica contemporanea – dall’intuizione di Pierre Ravanas che nel 1826, giunto a Bari, trovò il modo di realizzare un frantoio con nuove tecniche di produzione (dotati di torchio idraluico e di due mole), sconvolgendo un sistema di raccolta millenario. Una intuizione raccolta prontamente da Felice Garibaldi, fratello del celebre eroe dei Due Mondi, che nel giro di pochi anni raccolse i frutti del proprio investimento, contribuendo a introdurre ben 120 nuovi frantoi nel territorio pugliese e traendone un notevole profitto qualitativo ed economico. Realizzato con la sola spremitura meccanica delle drupe, l’olio d’olivo vergine è caratterizzato da un contenuto molto elevato di acidi grassi monoinsaturi, dalla presenza di acido grasso linoleico, polifenoli, vitamina E, Beta carotene e viene utilizzato in cucina (soprattutto nella varietà extravergine) per condire, insaporire e conservare. Il suo elevato punto di fumo lo rende molto adatto alle fritture e la presenza di sostanze antiossidanti (fenoli e tocoferoli) esalta le sue capacità benefiche: in un recente studio della rivista Nutrition and Metabolism sono state evidenziate le sue proprietà protettive nei confronti del fegato grazie ai suoi antiossidanti. Si tratta soltanto dell’ultimo riconoscimento in ordine di tempo per un prodotto che oggi l’Italia considera il proprio biglietto da visita per l’immagine di “italianità” nel Mondo. Con un export di 1,2miliardi di euro, in crescita del 6% sul 2010, l’olio italiano ha confermato una bilancia commerciale in attivo di 29 milioni, segnando il record degli ultimi dieci anni. Numeri altisonanti per un comparto agricolo che rappresenta l’eccellenza del made in italy enogastronomico e che deve essere assolutamente tutelata dall’attacco degli oli stranieri e dalla contraffazione. Con una legislazione europea troppo permissiva a livello di etichettatura e parametri qualititavi, l’Italia è chiamata a compattarsi a difesa del suo oro verde che trova i maggiori estimatori negli Stati Uniti (di cui siamo i primi fornitori), in Brasile (+20% dell’export nel 2011), in Francia (+12%), in Germania (+10%) e in Cina. “Il prodotto italiano e vulnerabile alla coltura Mario Catania – ed è necessario continuare a lavorare a Bruxelles per migliorare la protezione giuridica a livello europeo e fare chiarezza sui parametri di qualità dell’extravergine.”
Contrassegnata da ben 43 oli a denominazione d’origine protetta (la palma d’oro va alla Sicilia con sei riconoscimenti) e da una produzione certificata che raggiunge le 10500 tonnellate nel 2010, l’Italia vanta anche 27 Consorzi di tutela a difesa di un prodotto (l’unico olio che viene ottenuto senza additivi chimici, a differenza degli oli di semi) che è presente nel territorio da millenni ma rappresenta la scommessa certa per il successo del futuro nel campo eno gastronomico Sono ben 340 gli enti pubblici uniti nella salvaguardia dell’oro verde italiano, riuniti nell’Associazione Nazionale Città dell’Olio che ha sede a Villa Parigini nel Comune di Monteriggioni (Siena). L’Associazione, fondata nel 1994 riunisce Comunità Montane, Camere di Commercio, Province e Comuni a chiara vocazione olivicola per promuovere l’olio extravergine di oliva ed i territori di produzione riconoscendone il fondamentale ruolo nella tradizione agricola, alimentare e culturale. Grazie a tale sodalizio è possibile oggi scoprire anche percorsi turistici all’insegna della produzione olivicola, percorrendo tracciati che custodiscono frantoi tipici e offrono degustazioni nei propri ristoranti, invitando ad apprezzare anche il paesaggio ricco di oliveti secolari.
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Girar l’Italia all’ombra degli olivi
L’ olivo caratterizza gran parte del paesaggio italiano, punteggiando soprattutto le colline appenniniche del Centro Italia e i declivi meridionali della Penisola. Ed è un’Italia lontana dai rumori delle città e dello smog, quella che si offre agli esploratori dell’oro verde d’Italia, capace di sorprendere per i suoi straordinari borghi contornati dalla tipica sagoma contorta e nervosa dell’olivo. Aumentano pertanto, di anno in anno, le “vie dell’olio”, da percorrere ad esempio nel mese di giugno per poter ammirare gli straordinari e delicati colori della fioritura olearia o nei primi giorni d’inverno per gustare l’olio appena spremuto, depositato su una fetta di pane cotto in forno al legna e accompagnato dal vino novello. In Abruzzo l’Olea europea fu introdotto circa 3000 anni fa e la natura prevalentemente collinare della Regione permette la coltivazioni di varietà tipiche come “la gentile”, “la n’dosso”, la “toccolana”, la “carpine tana”, “cucco” e “crognaleto”. A Roseto degli Abruzzi (Teramo) è possibile ammirare un esemplare che vive da più di 500 anni, mentre un ulivo secolare segna da sempre il confine tra i comuni aquilani di Navelli e Capestrano e viene citato nelle cronache del XVII secolo. L’area della “ D.O.P. aprutino pescarese” va dalla zona Vestina di Loreto Aprutino, Moscufo e Pianella, fino a quella di Tocco da Casauria, verso le Gole di Popoli e il Massiccio del Morrone. Per fregiarsi di questa DOP gli extravergini di oliva devono essere composti almeno dall’80% delle varietò Dritta, Leccino e Toccolana provenienti da oliveti certificato. L’area della “DOP colline teatine” comprende le aree costiere dal comune di Francavilla al Mare fino a San Salvo e si spinge all’interno fino a Pretoro, Casoli e Lama dei Peligni. Il prodotto è composto dal 50% della varietà Gentile di Chieti associata al Leccino. Il territorio teramano rappresenta in Abruzzo l’area di produzione di eccellente olio d’oliva sin dall’epoca italica. La “DOP pretuziano” comprende le colline teramane e deve essere composta almeno dal 75% complessivo della varietà Leccino, Frantoio e Dritta, associata ad altre varietà come il Tortiglione, la Carboncella e la Castiglionese. Per chi volesse intraprendere una facile escursione, partendo dalla capitale d’Italia, la Sabina rappresenta la soluzione ideale. Negli gli itinerari proposti dall’Associazione per la Gestione della Strada dell’Olio e dei prodotti Tipici della Sabina, è possibile scegliere la tappa di Selci, un paese che ha mantenuto vive le antiche tradizioni rurali. Altra interessante meta, scegliendo la via Salaria, è Frasso Sabina, piccolissimo borgo medievale dominato da una grande torre e dai resti di un antico castello. Nel paese si trova il Museo dell’Olio della Sabina dove è possibile degustare l’extravergine locale e scegliere di visitare la riserva naturale Tevere Farfa e l’Abbazia di Farfa. Lungo il percorso che porta alla riserva è possibile ammirare quello che in molti considerano l’olivo più vecchio d’Europa: L’Olivone di Canneto Sabino. L’olivo apparteneva all’Abbazia di Farfa fin dal VI Secolo e dal 1886 è proprietà della famiglia Bettini. Frantoi e uliveti rappresentano la peculiarità di un tour fra le colline dell’Alto Casertano, nella sona pedemontana del Matese.Il paradiso della degustazione è racchiuso tra gli uliveti di Caiatino che danno origine alla denominazione dell’olio Colline Caiatine (la DOP è in via di definizione), ovvero un susseguirsi di cultivar che circondano la cittadina di Caiazzo. Anche l’extravergine Terre Aurunche attende lo status di DOP e rappresenta la cultiva tipica di terreni posti in prossimità del vulcano Roccamonfi. Alle porte del Parco regionale del Matese si incontrano le varietà dell’oliva Tonda. Qui l’olivicoltura è radicata da millenni e risale all’epoca dei popoli sanniti e l’extravergine Terre del Matese attende a sua volta il riconoscimento di DOP. 8 sono invece le strade dell’olio riconosciute dalla Regione Puglia e coprono larghi tratti della regione, spaziando dalla “DOP Dauno” (Alto Tavoliere, Gargano; Sub Appenino e Basso Tavoliere) al “Castel del Monte”, dalla valorizzazione e promozione dell’extravergine DOP “Cima di Bitonto” agli itinerari della DOP Murgia dei Trulli e delle Grotte, fino alla strada dell’Olio “Terra d’Otranto” della provincia di Taranto, alla scoperta di una cultura contadina all’insegna della produzione olivicola di qualità.