Napoli fa da sfondo a Ciao Bambino, il debutto cinematografico di Edgardo Pistone, già premiato alla Settimana della Critica di Venezia 2020 per la regia del corto Le mosche. Il film, premiato come Miglior Opera Prima alla Festa del Cinema di Roma (ex aequo con Bound in Heaven di Huo Xin), è un tuffo intimo nei ricordi del regista, convinto che ogni opera debba portare una traccia autobiografica: “Il cinema è fatto di persone e, quando le loro storie sono oneste, ci permettono di vivere vite che non ci appartengono”. Pistone racconta di un’auto abbandonata sotto casa nel suo quartiere, divenuta rifugio per lui e i suoi amici, un luogo di sogni e confidenze, dove si cresce insieme. Anni dopo, con Ciao Bambino, il regista tenta una catarsi: porta sullo schermo quei momenti e quei conflitti, nel tentativo di liberarsi dalle ombre del passato.
La storia segue Attilio, Marco Adamo, un ragazzo che, nell’estate dei suoi diciannove anni, vive un’esperienza che lo segnerà per sempre. Incaricato di proteggere Anastasia, una giovane prostituta dell’Est, Attilio finisce per innamorarsi di lei. Tuttavia, il ritorno del padre, uscito dal carcere e oppresso da un pesante debito, lo costringe a fare una scelta dolorosa: salvare la sua famiglia o seguire l’amore, mettendo a rischio la sua libertà e la sua stessa esistenza.

Nel film non si parla della Napoli cartolina, quella dei tramonti sul Vesuvio e delle pizze fumanti; no, Pistone ci porta nei vicoli veri, quelli del Rione Traiano, dove il sole cocente svela le crepe dei palazzi e gli angoli nascosti di vite sempre in bilico. È una Napoli cruda e autentica, lontana dai cliché turistici, un luogo di lotta e di resistenza quotidiana. “Noi napoletani vediamo Napoli con occhi diversi da quelli del turista. Non abbiamo mai avuto l’ambizione di raccontarla in maniera canonica, anzi, abbiamo lasciato che fosse la nostra lingua, i nostri gesti a farlo. E’ una città che non fa sconti: o scegli tu come vivere, oppure è lei che decide per te. È un po’ come una partita di carte in cui pensi di essere il giocatore, ma in realtà è il destino che le mescola al posto tuo”.
La scelta del bianco e nero è tanto estetica quanto filosofica. Spiega il regista: “La realtà è tutta a colori e il bianco e nero ormai è visto come qualcosa di nostalgico. Io invece l’ho usato per isolare le emozioni e portarle al centro della scena. Il colore distrae, aggiunge, mentre il bianco e nero toglie, sottrae. Ti obbliga a guardare negli occhi i personaggi e sentire il loro mondo senza fronzoli”.
È un omaggio al cinema che conta, quello che scava nelle viscere della realtà e ne tira fuori poesia. Forse, in un mondo che sembra non aver più tempo per la verità, Pistone sceglie di ritornare all’essenziale per restituirci uno sguardo pulito, onesto, e quasi ingenuo, sul mondo. “Mi sono ispirato ai primi film di Scorsese, in particolare a Chi sta bussando alla mia porta?, per come riesce a mostrare il desiderio che si scontra con le barriere di una realtà soffocante e senza vie di fuga – spiega Pistone. – La mia scena richiama quell’atmosfera, ma l’ho girata con un approccio diverso, meno rifinito, più spontaneo e grezzo. E va bene così, perché ciò che mi interessa non è la perfezione, ma la verità”.
Ciao Bambino, ultimo film prodotto da Gaetano Di Vaio per Bronx Film, insieme a Anemone, Mosaicon e Minerva Pictures, ha i suoi momenti di leggerezza e quelli di gravità, proprio come la vita di chi cresce ai margini. E in questa dualità risiede la sua forza. Pistone evita il rischio di cadere nella retorica del dolore, rifuggendo qualsiasi pietismo. “Non volevo fare il solito film sulla povertà, ricattatorio ed esplicito. La povertà, nel mio film, è vista con gli occhi di chi riesce ancora a sorriderne, di chi si aggrappa alle piccole cose per andare avanti”. E Napoli non è mai stata così viva: si ride, si soffre, ma soprattutto si lotta, senza lamentele, senza eroismi, solo con la voglia di arrivare a domani, qualunque cosa questo significhi.