Fugge dall’orrore di guerre, violenze e fame la protagonista di “Un Amor” in concorso al Rome Film Fest. Fa l’interprete dei richiedenti asilo che arrivano in Spagna dopo essere fuggiti ai peggiori orrori, conosce alcuni dialetti africani, ce ne sono tanti, e traduce le loro dichiarazioni. Si sente responsabile, a seconda di come traduce, dell’enfasi che dà alle storie, questi riceveranno o meno asilo, il suo è un lavoro per persone forti, provviste di corazza, lei è fragile, non regge, da le dimissioni. E si ritira in un paesino dimenticato da Dio, La Escapa, dove vivono in pochi, ognuno con le sue follie. Spera di trovare conforto nella maestosità delle montagne, nella bellezza della campagna, nel silenzio. L’accoglie l’ululare dei cani, una casa che cade a pezzi ed un padrone rozzo e minaccioso. Conoscerà via via i vicini, uno di loro, il Tedesco, grosso e tozzo come una montagna anche lui, le ripara il tetto in cambio di sesso, ne nasce una storia che la stravolge. Potrebbe essere questo l’amore cui si riferisce la regista? O non piuttosto quello di un cane abbandonato pieno di cicatrici che lei accoglie e cura, che alla fine morde il mondo che lo ha massacrato, ma torna da lei per leccarsi vicendevolmente le ferite?

Tratto dal libro omonimo di Sara Mesa il film è stato realizzato da Isabel Coixet (Le cose che non ti ho mai detto, La mia vita senza me e La vita segreta delle parole) con delle libertà rispetto al testo originario, che offrono qualche speranza finale al personaggio di Nat, la protagonista magicamente interpretata da Laia Costa. Perché Nat è silenziosa sfuggente, diffidente e di certo sofferente, è difficile per lo spettatore entrare in empatia con lei e i suoi silenzi, ma soprattutto con la scelta di fare sesso con il tedesco (Hovik Keuchkerian) che all’inizio le ripugnava. “Gli esseri umani fanno spesso cose che non riusciamo a spiegare – spiega la regista – ci appassioniamo a persone che risvegliano in noi non sappiamo cosa, e possiamo passare dal disgusto al fascino. Mi stupisce la facilità con cui giudichiamo il comportamento degli altri, come se venissimo da un mondo incontaminato in cui non abbiamo mai preso una decisione sbagliata e fossimo degli spiriti puri.”
Non siamo puri e soprattutto siamo molto condizionati ci dice la regista con “Un amor”: la società può essere tanto opprimente da cercare di condizionare con le sue dinamiche ipocrite chi non vi si adatta, e Nat in quel villaggio che doveva darle conforto, si sente dolorosamente ancora più sola. Il finale creato da Coixet, con la sua danza animalesca, istintiva, liberatoria dà un senso alla storia.
Presentato al Festival di San Sebastian il film ha come interpreti anche Hugo Silva, Luis Bermejo, Ingrid García-Jonsson, Francesco Carril.
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