“La Pitturessa”, il documentario di Fabiana Sargentini, figlia di Anna Paparatti e Fabio Sargentini, presentato alla Festa del Cinema di Roma ci pone davanti un ritratto ironico e giocoso, potente e simbolico, intimo come solo una figlia che ama la madre potrebbe fare. Fabiana sonda il passato, ma anche, l’incredibile presente di Anna Paparatti, la Pitturessa: una donna libera, nata in Calabria e arrivata a studiare all’Accademia di Belle Arti di Roma con il talento della pittura, che ha fatto parte, dal di dentro, di cinquant’anni di storia dell’arte contemporanea italiana e internazionale (dagli anni Sessanta ad oggi). Compagna di Fabio Sargentini (con cui avrà la figlia Fabiana), volutamente lasciato ai margini del racconto, Anna ci porta con garbo dentro la sua arte, che era già grande prima di incontrare il futuro gallerista de “L’Attico”, lo storico spazio di una Roma fatta di cultura e avanguardie, dove scrittori, filosofi, poeti e artisti trovavano la giusta collocazione, seppur squattrinati, ma ricchi di idee e talento.
L’incontro con la figlia e regista, Fabiana, ci svela ancora di più sulla storia di una donna che ha trovato davvero un suo spazio e una sua consacrazione a 87 anni, per un episodio casuale.
“Questo film è anche valore di un riconoscimento artistico che è arrivato davvero in tarda età e per pura casualità quando la direttrice artistica di Dior, Maria Grazia Chiuri, l’ha voluta per il setting delle sue sfilate parigine due anni fa”. Chiuri le chiede di usare i suoi quadri geometrici degli anni Sessanta, “Il grande gioco” e “Pop-oca”, “Le jeu qui n’existe pas” e “Il gioco del non-sense” – tele rimaste per anni nella sua grande casa sul Lungotevere a Roma – per costruire il set up della sfilata parigina del prêt-à porter di Dior ed è un successo strepitoso.
“Ma mia madre ha fatto anche una mostra a New York – continua Sargentini – da Annina Nosei Gallery nel 1994, una galleria all’epoca molto importante, quella che ha scoperto Basquiat, tanto per intenderci. La mostra era sui Buddha, ed è andata benissimo. Mia madre ha fatto l’artista tutta la vita ma non aveva il talento di vendersi, ed anche io sono così in qualche maniera, purtroppo. E’ molto diverso il riuscire ad esprimersi avendo un’esigenza creativa, cosa che fai comunque, ed essere capaci di entrare nel mercato in logiche differenti”.

Non sempre i genitori accolgono con favore i ritratti che ne fanno i figli, in questo caso invece la regista svela come la madre sia letteralmente impazzita per il documentario.
“Non capisce più niente – ride Fabiana – se lo è rivisto in ogni device possibile, anche sul telefonino della badante. Se lo vede per tirarsi su, le fa un effetto terapeutico. La cosa più bella è che comunque si dimentica ogni cosa che vede e poi, quando lo rivede, si sorprende di aver detto questo o quello, è fantastica. Ogni volta vuole essere stupefatta, e lo è, come se ogni volta ne venisse glorificata”.
Crescere con due genitori così importanti come lo definirebbe?
“Ingombrante. Direi che è la parola giusta. Sono cresciuta con due figure molto ingombranti, ed è difficile riuscire a trovare il proprio spazio, te lo devi proprio scavare. Per un lungo periodo è stato mio padre la figura di riferimento, cruciale della nostra famiglia. Io per lunghi periodi mi sono sentita la madre di mia madre. Questo nel film non appare perché ho voluto proprio ribaltare questa prospettiva”.
Quando ha detto alla mamma che avrebbe voluto girare un film su di lei come l’ha presa?
“E’ stata subito entusiasta dell’idea. Né io né lei ci saremmo aspettate di fare un film insieme così, è stato stupefacente per entrambe. Le ho detto “adesso giriamo”. Ho preso questa macchina da presa regalatami per un mio compleanno, ho preso il mio migliore amico che è anche un operatore, Simone Pierini, e abbiamo iniziato a girare tantissimo, potremmo quasi fare un altro film. Ne è nato un percorso che abbiamo fatto nel mentre, non lo abbiamo programmato all’inizio. Lei non ha mai avuto ripensamenti però ho dovuto qualche volta rimetterla in riga, era un po’ indisciplinata”.
Quale direbbe sia stato il grande insegnamento che le ha dato sua madre?
“Il fatto di dipingere, l’atto in sé, l’azione del dipingere di lei mi commuove. Il fatto che sia ancora alimentata da questo fuoco a 87 anni, per me è una cosa pazzesca, è un esempio incredibile. Beata lei che ancora ha questa forza e questo coraggio. Inoltre quello che ammiro di lei è la libertà, lei è stata veramente una donna libera e io non credo nemmeno di avvicinarmi minimamente a quel suo grado di essere. Nei tempi in cui ha vissuto era molto difficile essere artista, ma evidentemente non poteva fare diversamente, per lei era un’urgenza che superava tutte le barriere dell’epoca, dei compromessi che si dovevano fare per essere considerate”.
L’ultima curiosità viene dal titolo, la pitturessa è una parola bellissima.
“Deriva da un errore lessicale di mio figlio piccolo nel definire la nonna – conclude Sargentini – ma era talmente carino che lo abbiamo lasciato così. Abbiamo iniziato tutti a chiamarla “La Pitturessa””.