Iddu, uno dei cinque film italiani in concorso alla 81esima Mostra del Cinema di Venezia, riceve il Premio Lizzani. Diretto da Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, il film narra liberamente, perché la realtà è un punto di partenza e non una destinazione, come avverte la didascalia iniziale, la storia di Matteo Messina Denaro, ultimo grande boss, latitante per quasi tre decenni e deceduto in carcere lo scorso settembre, e dei suoi pizzini con l’ex sindaco di Castelvetrano. Scelto da una giuria di esercenti “per aver saputo raccontare una storia italiana che, partendo da fatti reali ha identità e forza narrativa distintive” il film è interpretato da Elio Germano nei panni del boss giovane e Tony Servillo in quelli di Catello Palumbo che, dopo aver scontato sei anni di carcere a Cuneo per reati di mafia torna a casa per diventare suo malgrado pedina dei servizi nella ricerca del latitante. Ex sindaco, ex assessore, ex preside e pure ex massone Catello chiede di non diventare anche ex vivo. Ma era amico del vecchio boss, ritrovato defunto, vestito di tutto punto per il funerale, come nella realtà è accaduto a Francesco Messina Denaro, e la polizia lo vuole usare come esca.
Strana coincidenza che proprio in questi giorni, mentre il film su Matteo Messina Denaro viene presentato a Venezia, muore a Trapani la madre 88enne, Lorenza Santangelo, che per tutta la vita era rimasta nell’ombra di marito e figlio, e anche per lei sono stati vietati i funerali pubblici, ed esce di prigione il braccio destro di Matteo Messina Denaro, Leonardo Ciaccio, per finire di scontare la pena nei servizi sociali di Sulmona. Si chiude così definitivamente questa pagina della storia mafiosa siciliana? A vedere il film e la sua promessa di vendetta eterna non sembrerebbe possa mai concludersi.
Perché Matteo Messina Denaro non sarebbe un vero boss se non si accorgesse della trama ordita per catturarlo e non si applicasse nelle conseguenze mafiose al tradimento. Non sono i soldi la cosa importante, dice ad un suo sottoposto ad un certo punto del film, ma la fiducia. Punto centrale del film è lo scambio dei pizzini che avviene grazie alla complicità di una bella vedova, interpretata da Barbara Bobulova, e una rete di amicizie omertose sul territorio. Ma centrale è anche che la caccia al boss è in realtà una non caccia. come si sa da Tomasi di Lampedusa in Sicilia tutto cambia perché niente cambi, e la polizia si muove affannosamente perché il boss continui a rimanere tranquillamente latitante e l’ordine delle cose non venga disturbato.