Può una desolata brughiera diventare terreno fertile? E allo stesso modo, un “bastardo” reietto può diventare nobile? Il film danese presentato in concorso a Venezia, intitolato appunto Bastarden, ruota intorno a questo parallelismo, all’idea – certamente non nuova, soprattutto al cinema – che origini e radici segnino ogni singolo essere sociale come un marchio indelebile, potendo diventare anche una persecuzione e determinandone il destino. Il regista danese Nikolaj Arcel, reduce dall’inguardabile La torre nera, scrive e dirige una specie di western nordico a partire dal romanzo Kaptajnen e Ann Barbara di Ida Jessen, un dramma in costume ambientato in Danimarca del tardo ‘700, nella penisola dello Jutland, landa desolata di torbiere e brughiere, ma anche terra promessa (Promised Land è il titolo internazionale del film) del capitano Ludvig Kahlen, interpretato da un grandioso Mads Mikkelsen, il “bastardo” del titolo, figlio reietto di un nobile che è riuscito a costruirsi una carriera da soldato decorato e che aspira al titolo nobiliare e alla proprietà terriera. Nel suo tentativo di fertilizzare la brughiera e le sue origini, si scontrerà con un latifondista crudele e corrotto. Il dramma di Nikolaj Arcel è asciutto e brutale, sconta qualche problema di scrittura nella caratterizzazione di alcuni personaggi (il “cattivo” è un concentrato di stereotipi), ma funziona molto bene, sorretto dalla performance superlativa di Mikkelsen, uno dei candidati al riconoscimento come migliore attore del concorso.

Wes Anderson, premiato in sala grande con il premio Cartier Glory to the filmmaker, ha presentato il mediometraggio The Wonderful Story of Henry Sugar, prodotto targato Netflix e ispirato a un’opera di Roald Dahl. Il film porta avanti un discorso formale che il regista americano aveva già impostato con The French Dispatch. In quel caso, l’omaggio al grande giornalismo americano in stile The New Yorker si traduceva in un film che si “sfogliava” con lo sguardo come si fa con una rivista; in questo nuovo lavoro, invece, viene ripreso lo stile di Roald Dahl, tentando la via di un adattamento che si colloca in un territorio ibrido tra il libro illustrato e l’audiolibro. Il risultato è un piccolo gioiello, perfetto come durata e ritmo, un film grafico e suggestivo, che – sostenuto da un cast strepitoso, con Benedict Cumberbatch, Ralph Fiennes, Ben Kingsley – sembra interrogarsi con ironia e intelligenza su l’eterna questione di che cosa sia davvero il cinema.