Roman Polanski torna alla Mostra del Cinema di Venezia dopo L’ufficiale e la spia, film vincitore del Gran Premio della Giuria nel 2019. Lo fa naturalmente tra le polemiche, che si ripetono immancabilmente, ogni volta che il regista polacco presenta una sua nuova opera: giusto accoglierla nel palinsesto di un festival, date le note vicende giudiziarie che lo riguardano? Domanda difficile, risposta complessa, ma il direttore della Mostra Alberto Barbera e i selezionatori hanno deciso di includere il suo The Palace nella selezione ufficiale di quest’anno, fuori concorso, (dopo che – pare – Cannes l’ha rifiutato), quindi è adesso il tempo di concentrarsi sugli aspetti artistici. E qui, purtroppo, va detto che il film è uno dei peggiori della carriera recente di Polanski, una commedia stravagante che vorrebbe essere satira della deriva morale della società occidentale del nuovo millennio, ma finisce per essere una stanca girandola di personaggi eccentrici, spesso ripetitiva e mai veramente efficace. Rimane l’unità di luogo che ha caratterizzato alcune delle ultime prove di Polanski (Carnage e Venere in pelliccia), questa volta rappresentata dal Palace Hotel di Gstaad, in Svizzera, e anche l’unità di tempo, racchiusa nella data del 31 Dicembre 1999. Giorno simbolico, non solo per il passaggio al nuovo millennio e per il paventato Millennium Bug, ma anche perché in quella data Boris Eltsin rassegna le dimissioni, lasciando il timone della Russia a Vladimir Putin, creando, forse sì, il “vero” Millennium Bug che rischia di annientarci. In questo hotel si recano per trascorrere l’ultima notte dell’anno personaggi appartenenti a un’umanità deteriore, rappresentanti dell’alta società privi di moralità, viziosi e viziati, a cui il personale dell’albergo deve badare per soddisfare le surreali richieste. Poste queste premesse, però, The Palace non trae mai le conclusioni che sarebbe lecito aspettarsi. Innanzitutto, sul piano del ritmo, il film, pur avendo l’impianto di una commedia alla Hollywood Party, arranca spesso e si ingolfa, soprattutto perché nella giostra di personaggi che si avvicendano sullo schermo e tra i corridoi dell’hotel, ce ne sono alcuni che non funzionano e che risultano decisamente poco interessanti (il chirurgo plastico, la famiglia in viaggio dall’Europa dell’Est per cercare il padre americano o l’ex attore porno Bongo, con la passione per lo sci, interpretato da Luca Barbareschi). Alcune delle gag sono già viste, come l’anziano marito defunto, interpretato da John Cleese, e portato a spasso per l’albergo come in Weekend con il morto, altre sono inutilmente grevi, come l’immagine finale, che non sveliamo, altre ancora sono abbozzate. Peccato, perché la sceneggiatura è firmata da Polanski insieme a Jerzy Skolimowski, già autore del primo lungometraggio del regista, Il coltello nell’acqua (1962), e ad Ewa Piaskowska, durante una pausa dalla lavorazione del loro bellissimo EO (2022). Peccato per il cast, che mette insieme nomi come Oliver Masucci, Fanny Ardant, John Cleese, Bronwyn James, Joaquim De Almeida, Luca Barbareschi, Milan Peschel, Fortunato Cerlino e Mickey Rourke. Peccato soprattutto perché Polanski, che ha appena compiuto 90 anni, ha davvero fatto la storia del cinema, e vederne l’impietoso declino provoca una profonda malinconia.
Secondo film presentato oggi fuori concorso è Aggro Dr1ft, del regista indie Harmony Korine, che qui al Lido era stato premiato nel 2012 per Spring Breakers. Il film è un neo noir che vorrebbe essere sperimentale, postprodotto con un insopportabile maschera che applica alle immagini una sorta di filtro a infrarossi, mentre nelle pieghe dei pixel si collocano volti mostruosi ed elementi sinistri, a sottolineare la presenza incombente del male. Korine, che è sempre stato un grande provocatore, capace di divertire non prendendosi mai sul serio e di giocare con i generi rimanendo in bilico tra ironia e dramma, qui realizza un lavoro insopportabile che prende da subito una piega verbosa, rumorosa e cafona: non basta certamente la presenza di Travis Scott a salvare un film totalmente irrilevante.