Parla di New York come un punto di arrivo, una città da cui imparare e da cui prendere esempio.
Massimiliano Caiazzo, uno dei volti del momento del cinema italiano, sta per arrivare sui piccoli schermi americani con “Mare Fuori” (“The Sea Beyond” in inglese), la serie di enorme successo in cui interpreta Carmine Di Salvo e che dal 17 ottobre, grazie a MHz Choice, sarà disponibile negli Stati Uniti.
In Italia “Mare Fuori” ha battuto ogni record. I protagonisti, interpretati da giovani attori di cui molti alla prima esperienza per un lavoro distribuito al grande pubblico, hanno raggiunto una fama inaspettata raccontando la camorra napoletana dall’interno di un carcere e segnando così una profonda spaccatura dall’ormai nota “Gomorra”.
Mare Fuori parla di una realtà molto specifica, quella di Napoli e della criminalità napoletana. Secondo te, cosa può trasmettere la serie ad un pubblico americano?
“Quello che ha funzionato nella serie, aldilà del tema di fondo, è stata la capacità di raccontare la vita dei ragazzi in un contesto di libertà vigilata. Il pubblico ha empatizzato con i personaggi vedendoli in un carcere minorile: vivono una situazione drammatica, eppure hanno il coraggio e la forza di combattere per i propri sogni. E qualcuno riesce anche a raggiungerli. Criminalità organizzata e carcere sono un pretesto per raccontare una generazione nuova, trasmettendo emozioni in cui alla fine tutti si riconoscono, indipendentemente dall’età o dal luogo in cui le persone sono cresciute. Per questo credo che il messaggio possa arrivare a New York: molto semplicemente, siamo tutti in grado di amare allo stesso modo”.
Quali sono i punti di somiglianza tra te e il tuo personaggio? Quali aspetti vorresti avere di lui e da quali ti distacchi maggiormente?
“Carmine ha un forte bisogno di essere protetto. Questa è la base dalla quale sono partito per costruire il personaggio ed è uno dei punti con i quali ho empatizzato più facilmente. È però anche un ragazzo che sente la necessità di differenziarsi e di seguire la sua strada. Questo è un punto che abbiamo in comune e che ci lega. Io sono nato a Castellammare di Stabia e da un certo punto di vista ho dovuto affrontare le stesse problematiche. Volevo fare l’attore ed erano in molti a storcere il naso, eppure ho sempre portato avanti ciò in cui credevo”.
Quali sono state le tue reazioni quando ti hanno proposto di fare questo ruolo? Come e quanto ti sei preparato per interpretare un personaggio del genere?
“Ho fatto i provini per il ruolo di Carmine in un momento delicato della mia vita. Ero da poco entrato nell’agenzia in cui sono ancora oggi grazie a uno spettacolo che avevo fatto a teatro. L’agenzia lavora in modo molto lineare: ogni anno sceglie alcuni ragazzi e li spinge, portandoli a fare provini. Quando mi sono presentato ai casting di Mare Fuori ero scoraggiato, avevo fatto tante audizioni a vuoto e portavo le pizze per guadagnare qualcosa e pagarmi la vita a Roma. Quando è arrivata la chiamata non ci volevo credere. È stato un momento catartico”.
Come vedi il lancio negli Usa di questa serie? Che impatto pensi possa avere il tema trattato dalla serie sul pubblico statunitense rispetto a quello italiano?
“In realtà lo vivo con molta serenità. Lo percepisco quasi come una cosa lontana, perché ormai quello che poteva essere fatto è stato fatto. Mi auguro che negli USA la serie possa presentare un’immagine diversa dell’Italia e di Napoli. Noi raccontiamo una Napoli che non è quella di Gomorra, anzi, il progetto è l’esatto opposto. Gomorra documenta e testimonia la criminalità organizzata, mentre noi facciamo il contrario, cioè mostriamo le dirette conseguenze delle azioni di chi aderisce alla criminalità organizzata. Gli americani hanno una visione molto generalizzata della mafia e in questo contesto io credo che Mare Fuori possa aiutare a rendere quella generalizzazione meno forte. La serie può testimoniare come anche nei contesti di criminalità organizzata ci siano persone sensibili e non soltanto mostri.
L’amore è infatti fondamentale nella serie tv e il tuo personaggio, in particolare, lo vive in modi diversi: prima la storia con Nina, poi quella con Rosa Ricci. Come vedi queste sue relazioni, cosa raccontano del personaggio e della sua evoluzione?
“Io ho lavorato molto sul concetto di amore libero inteso come la totale libertà di dare e ricevere sentimenti senza alcun pregiudizio. Oggi sento che il modo in cui si entra in una relazione è standardizzato e incorniciato da paletti, mentre Carmine nella serie ama per come è in grado di amare. Dalle riprese è evidente come l’amore sia una forza capace persino di alienarti dal contesto difficile in cui vivi. Lo spettatore dice: ‘se c’è riuscito lui in quella situazione, perché non posso riuscirci io?’”.
