Gli alberi nudi e il bianco della neve accumulata qui e là, disomogenea. L’inverno sta finendo e il sole scioglie il ghiaccio. I sentieri per andare dagli asini sardi sono impraticabili per le scarpe cittadine. Se all’esterno è naturalmente disomogenea l’ondulata valle dell’Hudson, è volutamente disomogenea l’arte all’interno: Arte Povera, arte italiana dagli anni ’60 in poi. La visita al Magazzino Italian Art a Cold Spring inizia così: superando il bianco della luce della mattina per entrare nel bianco della costruzione nuda, spoglia, addirittura brutalista del museo. 2000 metri quadri di spazio espositivo pieno di luce, disegnato da Miguel Quismondo, architetto spagnolo, arricchito al momento dalle opere di Pistoletto, Gorgoni, Boetti, Fabro, Marisa e Mario Merz, Kounellis, Anselmo, Penone, Zorio, Calzolari, Paolini. Molti i visitatori, che hanno affrontato la gita in treno da New York per arrivare a Cold Spring accolti poi dalla navetta del museo per arrivare al Magazzino, o che vivono nei dintorni e sono felici che esista un centro culturale così fra i movimenti della valle dell’Hudson.

“La comunità ci ha accolto con entusiasmo – ci dice Vittorio Calabrese, direttore esecutivo di Magazzino Italian Art – noi abbiamo investito prima di tutto nella comunità, dove vivono molti artisti e ci sono molti centri come il Garrison Art Center, il Dia. La nostra attività è tutta pubblicata, i nostri video sono disponibili online, facciamo diplomazia culturale perché raccontiamo un’Italia moderna che la gente spesso non conosce, un paese diverso da quello già noto.”

Il centro nasce nel 2017, ci racconta Calabrese, dalla volontà dei fondatori Giorgio Spanu e Nancy Olnick. Spanu doveva fare il veterinario, ma la Sardegna gli stava piccola e da Iglesias è volato a Parigi e da lì a New York. Nancy, figlia di Robert Olnick, magnate dell’edilizia newyorkese, è cresciuta a New York, ma Manhattan le stava stretta e sognava l’Italia. I due si sono conosciuti con una bottiglia di vino italiano e non si sono più lasciati. Sono andati a vivere a Garrison, su consiglio degli amici Massimo e Lella Vignelli ci hanno costruito una casa tutta vetri, alberi che fanno così parte del paesaggio interiore, arte che fa parte di quello esteriore, ci hanno cresciuto i figli e infine hanno deciso di restituire. Lei era una collezionista di espressionismo astratto americano, lui di arte moderna da Paul Klee a Jean Dubuffet, insieme si sono innamorati dell’arte povera: l’hanno conosciuta al Castello di Rivoli vicino Torino e hanno iniziato a collezionarla. Pezzi anche grandi, imponenti, che in casa non entravano più, hanno riempito un magazzino, poi il magazzino hanno deciso di aprirlo al pubblico.

Hanno acquistato un vecchio deposito dismesso di prodotti agricoli, poi latte, poi computer e lo hanno affidato all’amico architetto spagnolo. Che ne facesse un’oasi, un eden completo di asini nani per affascinare i bambini. E i bambini nell’anima. L’ingresso è gratis, il caffè anche, a settembre aprirà un nuovo spazio, dedicato all’arte moderna dove ci sarà un caffè italiano, un centro per fare corsi per bambini k -12, una libreria, una sala per le conferenze, ci spiega Calabrese. “La domanda c’è, all’inizio questa era una scommessa: fare attività culturale a Cold Spring, ad un’ora da New York, l’abbiamo vinta, la gente viene e viene anche con la neve.” Come vi finanziate gli chiediamo. “Dal 2018 siamo una fondazione e abbiamo avviato una attività di raccolta fondi e stiamo lavorando sodo per aumentare il supporto finanziario sia in termini di membership che di partnership corporate”.
Aprirà quindi dopo 20 mesi di lavori il Robert Olnick Pavilion, dedicato al padre di Nancy, progettato dagli architetti spagnoli Alberto Campo Baeza e Miguel Quismondo. A inaugurare il nuovo spazio di 1200 metri quadri due mostre. La prima su Mario Schifano, curata da Alberto Salvadori e organizzata in collaborazione con l’Archivio Mario Schifano, presenterà 70 opere, tra cui un nucleo di lavori mai esposti prima al pubblico. La seconda sarà su Carlo Scarpa, a cura di Marino Barovier, e presenterà una straordinaria selezione di vetri di Murano disegnati dall’artista e appartenenti alla Collezione Olnick Spanu. Infine l’esposizione di opere di Ettore Spalletti, a cura della Fondazione Ettore Spalletti, Benedetta Spalletti e Alberto Salvadori.

Nelle sale originali intanto è iniziata la quinta edizione delle conferenze primaverili dal titolo “Arte Povera: Artistic Tradition and Transatlantic Dialogue”. Curate da Roberta Minnucci, Scholar-in-Residence di Magazzino per il 2022-23, gli incontri riuniscono alcuni dei principali studiosi di Arte Povera. Il primo, “Material Dispersions: Sculpture and Photography in Postwar Italy” ha visto l’intervento di Marin R. Sullivan che ha analizzato come si sia creata una dipendenza della scultura dalla fotografia per documentare e in molti casi conservare la memoria di opere che usavano sempre più materiali non convenzionali, spesso deperibili, esibiti in spazi espositivi alternativi. I prossimi appuntamenti saranno con Roberta Minnucci, “Casting the Past: Arte Povera and Classical Sculpture” (1 aprile), Laura Petican, “Arte Povera and the Baroque: The Evolution of National Identity” (15 aprile), e Raffale Bedarida in “Between Cultural Diplomacy and Counterculture: Eugenio Battisti, Alan Solomon, and the Exhibition Young Italians in 1968” (30 aprile).